PININFARINA, Sergio
– Nacque a Torino l’8 settembre 1926, secondogenito – dopo la sorella Gianna, nata nel 1922 – di Battista (detto Pinin) Farina e di Rosa Copasso.
Il padre, soprannominato Pinin perché ultimo maschio di undici figli, era nato in una famiglia di umili origini. Nel 1898 i nonni di Sergio avevano lasciato la campagna astigiana per trasferirsi a Torino a causa degli effetti della depressione economica, aggravata in Piemonte dalla malattia dei vitigni provocata dalla peronospora.
A Torino l’industria automobilistica stava per decollare grazie a un peculiare 'capitale sociale' composto da manodopera di talento, progettisti creativi e ingegneri specializzati nelle costruzioni ferroviarie. In questo ambiente i fratelli Farina avevano compiuto il proprio apprendistato e, per iniziativa di uno di loro, Giovanni, nel 1905 era stato creato il laboratorio, nel quale Pinin iniziò a fare pratica, che fu il primo nucleo della officina e carrozzeria divenuta presto crocevia di piloti Fiat come Vincenzo Lancia.
Nel 1920 Pinin aveva sposato Rosa Copasso. Dopo aver visto vari saloni dell’automobile e visitato gli stabilimenti dei più importanti produttori francesi, Pinin giunse alla decisione di mettersi in proprio. Il 22 maggio 1930 costituì la Società anonima Carrozzeria Pinin Farina, fra i cui soci figurava Lancia.
Sergio studiò al liceo classico D’Azeglio, e una volta completati gli studi, nell’ottobre 1944 si iscrisse su insistenza della madre al Politecnico di Torino. Nel 1943, dopo la caduta del fascismo, si arruolò nella Croce Rossa come autista di ambulanze per sfuggire al reclutamento e al trasferimento forzato 'per lavori agricoli' in Germania. Inoltre – entrato in contatto con gli ambienti della Resistenza tramite un gruppo di Giustizia e Libertà – iniziò a svolgere azioni clandestine di fiancheggiamento, affiggendo di notte manifesti per le strade di Torino e facendo la staffetta per il recapito dei messaggi, sino a quando, per non essere scoperto, fu costretto a lasciare la città e a nascondersi nelle Valli di Lanzo. La famiglia intanto – a causa dei bombardamenti – aveva dovuto sfollare nelle campagne: prima a Reaglie (presso Torino), poi a Cortanze (presso Asti) e infine a Pino Torinese.
All’indomani della Liberazione l’azienda era tuttavia pronta a ripartire e a riprendere la sua attività.
Nell’ottobre 1947 Sergio accompagnò il padre al Salone dell’automobile di Parigi, dove le vetture italiane erano esposte davanti all’ingresso del Grand Palais. Pinin, presente al Salone con propri modelli, applicando le sue idee innovative, era riuscito a produrre un’auto che univa efficacemente tecnica e forma, una 'scultura in movimento' come ebbe a definirla Arthur Drexler nel catalogo dell’esposizione.
Intanto Sergio era entrato in officina compiendo il noviziato da disegnatore tecnico e mettendo a frutto questa esperienza per la tesi di laurea, discussa nell’aprile 1950. Conclusi i corsi al Politecnico, fu mandato a Londra per perfezionare gli studi. Due mesi dopo – insieme al cognato Renzo Carli, dal maggio 1947 marito della sorella Gianna – poté così accompagnare il padre negli Stati Uniti per siglare un accordo con la NASH Mason che si era rivolta al carrozziere italiano per il design di una propria automobile da produrre in larga serie.
Nonostante la differenza di età, Sergio aveva stabilito con Carli – anch’egli laureato in ingegneria al Politecnico di Torino e inserito dal 1941 in azienda come dirigente – un sodalizio fattivo: l’uno si occupava dei clienti, l’altro dell’officina e dei fornitori, e insieme collaboravano alla parte creativa.
Frattanto diverse case automobilistiche straniere (americane, inglesi, tedesche) si erano rivolte a Pinin per le loro vetture. L’incontro decisivo fu comunque con Enzo Ferrari, nel maggio 1951. L’intesa divenne presto un rapporto duraturo. Sergio fu incaricato dal padre di gestire i rapporti con la casa di Maranello e questa responsabilità fu per lui come 'toccare il cielo con un dito'.
Intanto proseguiva la collaborazione con Maserati, avviata nel 1947.
Nel giugno 1951 sposò Giorgia Gianolio, figlia di un imprenditore proprietario di una fabbrica di saponi nell’Alessandrino. Dal matrimonio nacquero Lorenza (23 agosto 1952), Pinin Andrea (26 giugno 1957) e Paolo (28 agosto 1958). Gianna a sua volta aveva avuto due figlie, Elisabetta e Umberta.
A Sergio il padre affidò il compito di gestire le trattative più delicate con i committenti stranieri, come avvenne nel 1955 quando l’azienda sbarcò in Inghilterra e condusse in porto l’affare con la British Motor Corporation per la produzione di alcune vetture.
Nel 1954 l’Alfa Romeo scelse il progetto Pininfarina per la produzione della Giulietta spider, che fu un autentico exploit. Con l’aumento degli ordinativi, fu decisa la costruzione del nuovo stabilimento di via Lesna a Grugliasco (Torino), inaugurato nel giugno 1958. In pochi mesi fu evidente che l’azienda aveva compiuto il passaggio dall’artigianato all’industria producendo nel solo primo semestre 5700 carrozzerie. Nel 1960 Sergio assunse la carica di direttore generale e dal 1961 condivise con Carli quella di amministratore delegato, operando con lui in piena sintonia.
Per parte sua, Pinin aveva intrapreso il giro del mondo concretando il suo interesse per l’arte figurativa con un’opera di mecenatismo personale e con la presidenza del Circolo degli artisti di Torino.
Nel giugno 1961 un decreto del presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, cambiò il cognome Farina in Pininfarina: la ragione sociale dell’azienda divenne così Carrozzeria Pininfarina, come da molto tempo era nota e affermata all’estero. Pinin morì il 3 aprile 1966 presso una clinica di Losanna.
Con il 'miracolo economico' la produzione della Pininfarina, nel 1962, aveva superato le 14.000 vetture. Fra i modelli realizzati, dal dopoguerra, figuravano le più lussuose vetture delle case automobilistiche italiane e straniere (come la Cadillac Brougham). Il 7 marzo 1966 fu inaugurato il Centro studi e ricerche.
Dopo aver assunto la presidenza della società alla scomparsa del padre, Sergio Pininfarina continuò a perseguire l’obiettivo di integrare l’attività progettuale con gli apporti tecnici, in modo che estetica e funzionalità si completassero. Perciò, nel 1966, diede il via alla costruzione della Galleria del vento inaugurata nel novembre 1972, la prima del genere in Italia e una delle prime sette al mondo, a cui seguirono il Centro di calcolo e disegno automatico e il Centro macchine a controllo numerico.
Nel luglio 1978 divenne presidente dell’Unione industriale di Torino, nel cui Comitato di presidenza era entrato nel 1969. Intanto tra il 1972 e il 1974, aveva presieduto anche il Gruppo carrozzieri dell’ANFIA (Associazione nazionale filiera industria automobilistica).
La sua esperienza associativa si realizzava in un clima generale di ostilità verso il ceto imprenditoriale aggravato dalle minacce del gruppo terroristico delle Brigate Rosse (BR), mentre le amministrazioni locali non sembravano tener in gran conto l’Unione e la tensione nelle fabbriche era elevata. Nel gennaio 1979 Pininfarina fu oggetto di un attentato che determinò l’assegnazione di una scorta. Durante l’offensiva del terrorismo rosso le difficoltà sociali e politiche furono tali da non riuscire a far accettare uno statuto dell’impresa che assicurasse un equilibrio fra capitale e lavoro. A Pininfarina toccò il compito di svolgere opera di mediazione durante le vicende alla Fiat del settembre 1980 e la 'marcia dei 40.000' del 14 ottobre, quando impiegati e quadri dell'azienda manifestarono contro lo sciopero e il 'picchettaggio' davanti agli stabilimenti determinando la chiusura della vertenza in corso.
Confermato ai vertici dell’Unione, Pininfarina riuscì a ricucire i rapporti con gli esponenti degli enti locali, Comune e Regione, in particolare nella lotta contro il terrorismo.
Nel giugno 1979 fu eletto al Parlamento europeo nelle liste del Partito liberale, un passo cui lo avevano convinto Gianni e Umberto Agnelli per la necessità che gli interessi economici fossero rappresentati all’assemblea di Strasburgo. Pininfarina arrivò a Strasburgo pochi mesi dopo l’entrata in vigore (marzo 1979) del Sistema monetario europeo (SME), cui aveva aderito anche l’Italia. Per questa decisione a Roma si era conclusa l’esperienza del governo di 'solidarietà nazionale', con l’appoggio esterno del Partito comunista, governo costituitosi il 16 marzo 1978, nel giorno del rapimento del leader democristiano Aldo Moro da parte delle BR.
Al Parlamento europeo Pininfarina aderì alla proposta di Altiero Spinelli affinché si giungesse – con una Costituente – all’elaborazione di un nuovo Trattato e nella convinzione che il processo di integrazione dovesse realizzarsi anche sul piano politico, oltre che economico. L’esperienza maturata a Strasburgo gli fece capire che il centro di gravità delle politiche economiche si stava ormai spostando da una dimensione statuale nazionale a una sovranazionale. Si ripresentò perciò alle elezioni del giugno 1984 e fu l’unico imprenditore italiano eletto.
Nel frattempo, la Pininfarina era divenuta una holding (gennaio 1979); aveva inoltre avviato un programma di diversificazione volto ad ampliare la sfera di attività a settori esterni al campo automobilistico per provvedere al design e alla realizzazione di componenti e prodotti finiti per altri settori manifatturieri.
Sempre più impegnato nell’adempimento di vari incarichi pubblici – dal 1969 era nel Consiglio di amministrazione della Ferrari e, nell’ottobre 1983, aveva assunto anche la presidenza della Federazione delle associazioni industriali del Piemonte, incarico mantenuto fino al giugno 1988 – continuò a seguire quanto accadeva nel Gruppo. Pur essendo per temperamento un accentratore, iniziò a predisporre l’entrata in azienda dei figli Andrea e Paolo. In particolare Andrea, laureatosi in ingegneria meccanica con una tesi in aerodinamica spaziale, nel settembre 1981 aveva cominciato a lavorare nello stabilimento di Grugliasco, prima di trasferirsi per un anno negli USA a perfezionare la sua preparazione. A sua volta Paolo, laureatosi con una tesi sull’insonorizzazione di un’officina, aveva fatto tirocinio prima a Detroit, presso Cadillac, poi in Giappone, presso Honda.
Nel 1982 il Centro studi e ricerche divenne un’impresa autonoma con la ragione sociale Pininfarina studi e ricerche SpA e sede a Cambiano (Torino). Grazie alle risorse e alle competenze del Centro, nei primi anni Ottanta furono prodotte vetture straordinarie destinate a entrare nel mito del consumo mondiale di lusso, come le Ferrari Testarossa. Nel settembre 1983 fu firmato un accordo con General Motors e, per ottemperare al contratto, fu creato lo stabilimento di San Giorgio Canavese. Nel novembre 1984 fu formalizzato un accordo con la giapponese Honda firmato alcuni anni prima (dicembre 1980).
Nel discorso di commiato dalla presidenza dell’Unione industriale torinese (luglio 1984), Pininfarina pose il problema di un cambiamento della struttura del salario, ritenendo ormai indispensabile la revisione della scala mobile (basata ancora sull’accordo siglato nel gennaio 1975 da Gianni Agnelli e il segretario generale della CGIL Luciano Lama) di fronte alla rincorsa inflattiva fra salari e prezzi. L’altra questione affrontata fu la disoccupazione, per la quale chiedeva il recupero della flessibilità del lavoro, convinto che si stesse procedendo verso una riduzione progressiva delle ore giornaliere lavorate.
Nell’aprile 1986 fu costituita la Pininfarina Extra srl per occuparsi esclusivamente di product design e con la quale l’azienda estendeva la sua attività in tutti i settori del design industriale. La gestione di questa impresa fu affidata al terzogenito Paolo. Nello stesso anno la Pininfarina fu quotata alla Borsa di Milano. Nel gennaio successivo Andrea assunse l’incarico di condirettore generale delle Industrie Pininfarina accanto al padre e, nel 1988, di direttore generale. Entrò in azienda anche la primogenita Lorenza occupandosi del Servizio stampa e pubbliche relazioni.
Frattanto la Pininfarina portava a termine l’importante realizzazione del modello del primo treno italiano ad alta velocità, l’ETR 500. Ma il crack di Wall Street del 19 ottobre 1987 incise anche sui conti economici dell’impresa italiana.
Eletto alla presidenza di Confindustria, nel maggio 1988, e confermato sino al 1992, nel suo discorso d’insediamento asserì che «Prepararci per l’Europa sarà uno degli obiettivi più importanti della mia presidenza. […] Ci aspetta un mercato di oltre 300 milioni di consumatori, più grande di quello del Nord America e quasi il triplo rispetto a quello del Giappone» (Castronovo, 2005, p. 99); tale obiettivo rendeva secondo lui urgente un più stretto coordinamento delle politiche nazionali.
Era convinto che l’appuntamento del 1992 con il mercato unico richiedesse quella «vasta ricostruzione economica, sociale e istituzionale» (p. 100) dell’Italia che il governo 'pentapartito' alla guida del Paese non aveva sino allora realizzato. In particolare, riteneva che le politiche d’intervento pubblico e di carattere assistenziale nel Mezzogiorno fossero obsolete e inadeguate per la modernizzazione del sistema economico e del Paese, posizione che contribuì a rendere tesi i suoi rapporti con il governo presieduto da Ciriaco De Mita.
Con il governo di pentapartito i motivi di dissenso riguardavano questioni di fondo come il modo di implementare la democrazia e l’uguaglianza che, secondo Pininfarina, richiedeva riforme istituzionali e il riequilibrio della finanza pubblica.
Fautore di un sistema politico bipolare basato sull'alternanza, egli aveva stigmatizzato le degenerazioni clientelari della 'partitocrazia'. Lo scandalo 'tangentopoli', che riguardava innanzitutto i politici ma coinvolgeva anche imprenditori, lo aveva indotto a far redigere un codice etico per l’ammissione degli imprenditori in Confindustria e un codice di autoregolamentazione per combattere pratiche e relazioni illecite con funzionari pubblici e politici.
Dopo la caduta del Muro di Berlino, nel novembre 1989, i suoi appelli perché fossero individuate strategie politiche di largo respiro si fecero via via più stringenti. Intanto, il lancio della Ferrari 348 coupé e spider e, nell’ottobre 1989, la presentazione al Salone di Tokyo della Mythos, un prototipo elaborato sulla Testarossa, consacravano il prestigio della Pininfarina e l’eccellenza dello stile italiano nel mondo.
Dalla presidenza di Confindustria, aveva sollecitato il potere politico a riformare l’amministrazione pubblica e la macchina burocratica che impacciavano l’attività economica del Paese, e richiesto un’azione di governo mirata ad assecondare l’attività delle imprese. Tanto più che il costo del lavoro in Italia seguiva un’evoluzione tale da penalizzarne gravemente il sistema produttivo. Con la decisione, nel dicembre 1991, di non pagare più il primo 'punto pesante' di contingenza ratificò, di fatto, la fine della scala mobile e pose le premesse per l'accordo interconfederale del luglio 1993.
Nel marzo 1996, parlando dei ritardi con cui l’Italia era giunta a comprendere l’importanza dell’etica in economia, affermava che essi erano un effetto dell’influenza religiosa cattolica su una peculiare «cultura abituata da tempo a fondare le sue regole su un’autorità religiosa che dà precetti e ordini e stenta a configurare un’etica fondata sulla responsabilità individuale quale quella dell’imprenditore» (p. 123). Altrettanto responsabile, a suo giudizio, era la cultura marxista, che gli appariva tanto più problematica per il lungo periodo trascorso sotto il fascismo.
Nel 1994 il figlio Andrea assunse l’incarico di amministratore delegato accanto al padre. Nonostante i successi, la Pininfarina si trovò ad avere a che fare con un mercato caratterizzato da un modesto ricambio delle commesse. Fu deciso perciò di allungarne la catena del valore con l’ingegnerizzazione dei prodotti e l’offerta di tecnologie e servizi da realizzare direttamente presso le sedi dei clienti. Nel luglio 2001, in seguito alla confluenza dei tre business (stile, ingegneria e produzione) in un’unica struttura, Andrea – divenuto nel 2000 anche amministratore delegato della Pininfarina Ricerca e sviluppo – affiancò il padre nell’incarico di amministratore delegato della capogruppo Pininfarina SpA.
Nello scenario internazionale il Sud Est asiatico, dalla emergente Cina al ricco Giappone, si era imposto come uno dei più importanti mercati per l’azienda torinese. Tuttavia ben altri problemi dovevano essere risolti in sede locale, come quelli per facilitare la trasformazione di Torino, che non era più una one company town manifatturiera ma neanche aveva compiuto la metamorfosi in un attrattivo polo tecnologico e di servizi. Per agevolare questo passaggio Pininfarina riteneva fosse prioritario risolvere la questione dei collegamenti con la Francia e il cuore dell’Europa continentale.
Perciò presiedette la Commissione intergovernativa italo-francese (2001-2005), fiducioso nell’impegno di Parigi per una nuova linea di collegamento essendo l’Italia il secondo partner economico della Francia. Nel 2004, nell’ambito del Forum italo-francese, presiedette i lavori sulle Grandi reti: la Francia e l’Italia nella grande Europa e, una settimana dopo, diede l’annuncio dell’intesa raggiunta fra i due paesi per la TAV Torino - Lione.
Ricoprì numerose cariche: presidente dell’Organisation internationale des constructeurs d’automobiles (1987-1989), un riconoscimento inedito per un carrozziere che ne attestava il prestigio personale; presidente della Union of Industrial and Employers’ Confederation of Europe (1990); delegato per l’Italia dal 1989 al 1997 dell’Association pour l’Union monétaire; presidente della Cassa Risparmio di Torino (2001-2002) e, successivamente, nel consiglio di Unicredit; presidente di Italenergia (2002-2003) e di FIDIA (Fondo interbancario d'investimento azionario), un fondo per la promozione dello sviluppo tecnologico (1996-2006); presidente dell’Editrice La Stampa (2004-2008). Gli furono conferiti anche importanti riconoscimenti e onorificenze: nel giugno 1976 fu nominato Cavaliere del Lavoro per i meriti imprenditoriali e il contributo allo sviluppo dell’economia italiana; nel marzo 1979 ricevette dal presidente della Repubblica francese Valery Giscard d’Estaing la Légion d’Honneur; nel 1983, come già suo padre, il titolo di Honorary royal designer for industry dalla Royal Society of Arts di Londra; membro straniero dell’Accademia Reale svedese delle scienze di ingegneria (1988); il premio Italy in the World a New York (1994); quattro lauree honoris causa fra le quali quella in disegno industriale (2002) del Royal College of Art di Londra e quella in Belle Arti del College for Creative Studies di Detroit (2004), una delle più importanti istituzioni artistiche americane.
Nell’assemblea societaria del 15 giugno 2003 preannunciò agli azionisti la decisione di recedere dalla carica di amministratore delegato, condivisa nell’ultimo biennio con il figlio Andrea il quale, nel maggio 2004, era stato designato anche dalla Giunta di Confindustria alla vicepresidenza dell'Associazione nazionale degli imprenditori.
In quello stesso anno avvenne la fusione per incorporazione delle Industrie Pininfarina e della Pininfarina Ricerca e Sviluppo nella Pininfarina SpA che, con 2600 dipendenti e varie sedi all’estero (Germania, Francia, Svezia, Marocco e, nel 2010, Cina), era ormai un’impresa globalizzata.
Nominato senatore a vita (2005) per «aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale», lo attendeva negli ultimi anni di vita l’esperienza di un profondo dolore per la tragica scomparsa del figlio Andrea in un incidente stradale, il 7 agosto 2008.
Sergio Pininfarina morì a Torino il 2 luglio 2012.
Fonti e Bibl.: Oltre al sito aziendale, consultabile all’indirizzo http://www.pininfarina.it, si veda: P. sessant’anni, Torino 1990; P. Nato con l’automobile, memorie raccolte da E. Caballo, presentazione di S. Pininfarina, Milano 1993; A. Prunet, P. arte e industria: 1930-2000, Vimodrone 2000; Storia della Pininfarina 1930-2005. Un’industria italiana nel mondo, a cura di V. Castronovo, Roma-Bari 2005; V. Castronovo, Cento anni di imprese. Storia di Confindustria 1910-2010, Roma-Bari 2010, ad ind.; G. Raupp, The Pininfarina book, prefazione di P. Pininfarina, www.teneues.com, 2015.