ROMITI, Sergio
– Nacque a Bologna il 14 aprile 1928 da Zosimo e da Norma Maranesi.
All’età di sette anni, per un grave incidente automobilistico avvenuto mentre era con la madre, dovette subire una serie di interventi e una lunga convalescenza. Nella prima metà degli anni Quaranta, stando ai suoi appunti, aveva già letto numerosi romanzi della letteratura italiana e internazionale, soprattutto del Novecento (Sergio Romiti, 2011, pp. 104-110; Trento, 2007, p. 93). Nel 1946, mentre frequentava il liceo classico, si appassionò di pittura e iniziò a disegnare. L’anno seguente, respinto all’esame di maturità, decise di lasciare gli studi e dedicarsi interamente alla pittura (Salvatori, in Sergio Romiti, 2001, p. 164). Dai primi anni Cinquanta la sua attività espositiva divenne così frequente da non poter essere capillarmente menzionata qui, come già fatto in altri studi. Nel 1951 tenne la sua prima personale alla galleria Il Milione a Milano, presentato da Francesco Arcangeli, che lo ripropose in un’altra personale alla galleria La Strozzina a Firenze sul finire dell’anno (p. 165). Fra le mostre del 1952 si segnala la partecipazione all’Esposizione internazionale della città di Venezia (dove fu presente con continuità fino al 1960).
Nei primi anni Cinquanta in alcune opere sono ancora riconoscibili, spesso grazie al suggerimento fornito dai titoli, alcuni elementi figurativi. In Tavolo nella stanza (Bologna, collezione Franco e Angela Tassinari; ripr. in Sergio Romiti, 2001, p. 26) l’artista ha utilizzato un tipico espediente di matrice cubista, il ribaltamento del piano del mobile verso l’esterno della tela. Viene così abbandonata la prospettiva in senso illusionistico, come spazio idealmente percorribile dall’osservatore, esaltando il contrasto tra le forme sulla superficie del dipinto. In questi anni i pochi e vaghi riferimenti figurativi perdono importanza, al pari dei titoli, che spesso si fanno generici (Composizione, per esempio, fu una denominazione ricorrente per vari lavori). Romiti venne influenzato dagli artisti che avevano esposto alla galleria Il Milione negli anni Trenta, come Mauro Reggiani e Atanasio Soldati. Nell’astrazione geometrica da loro sperimentata introdusse una luce e una trasparenza proveniente dalla pittura tonale, di lontana matrice veneta, attraverso uno sguardo alle opere di Paul Klee e Vasilij Kandinskij, oltre che alle nature morte del conterraneo Giorgio Morandi, forse il riferimento più frequentemente citato dalla critica. In un suo appunto, non condividendo la posizione di alcuni artisti che avevano abbandonato la tela come spazio privilegiato per le ricerche estetiche, scrisse molto ironicamente: «Mi ero definito “l’erede al tono”. E adesso? Abdicare o dare la costituzione?» (Sergio Romiti, 2011, p. 65; cfr. Trento, 2007, p. 93).
Nel 1955 prese parte all’Esposizione quadriennale di Roma (poi anche nel 1959) e nel 1958 Cesare Brandi lo presentò in una personale alla galleria Il Fiore di Firenze. Il rapporto di stima reciproca fra i due è testimoniato da alcune lettere di Brandi, dal 1959 al 1976 (Sergio Romiti, 2011, pp. 200-209). Nel 1959 Romiti aveva fatto stampare in tipografia alcuni fogli di carta Fabriano con il suo nome, il cognome e la data 1959 nel retro, sui quali eseguiva soggetti in piccolo formato (due si conservano a Roma, Archivio Biblioteca della Fondazione La Quadriennale - ArBiQ, busta Romiti Sergio). Nel 1960 tenne una personale alla galleria Galatea di via Viotti a Torino (ibid., invito-catalogo, [1960]). Nel 1961 espose in una collettiva alla galleria La Nuova Pesa di Roma (ibid., cartoncino tipografico, [1961]).
Nel 1962 sposò Giovanna Amelia Grassi.
Nel 1965 Brandi lo presentò, nuovamente, in una personale alla galleria Il Milione.
Nel corso degli anni Sessanta la minimal art sembra aver influenzato alcune sue tele, nelle forme geometriche, nei colori e nella luminosità. Anche la pittura aniconica e ‘tonale’ di Mark Rothko e i ritmici contrasti dell’optical art ebbero un certo ascendente su di lui, soprattutto in alcune Composizioni, dove predominano il bianco, il nero e il grigio, senza rinunciare però alle sfumature.
Vari foglietti manoscritti fra gli anni Sessanta e i primi anni Ottanta testimoniano la cultura figurativa di Romiti, l’interesse costante per la letteratura e il cinema, soprattutto d’autore. Sono piccoli testi che rivestono anche un certo valore letterario, seppure spesso concepiti nella forma di mero appunto, con lo scopo di essere trasformati in immagini pittoriche. In altri casi si tratta di veri e propri aforismi, ironici, sarcastici e brillanti.
Da essi è evidente la capacità di Romiti di analizzare le ricerche dei suoi colleghi artisti, come pittore e spesso quasi come critico d’arte, non privo di acume (cfr. Sergio Romiti, 2011, pp. 12, 74, 141, 178, 181). In particolare negli anni Sessanta Romiti espresse una grande stima per i Sacchi di Burri, condivisa con l’amico critico Brandi (pp. 13 s., 19 s., 58-67). Non mancano però anche riflessioni sarcasticamente cupe: «La morte non è che una falla nel senso dell’umorismo», scrisse in un appunto databile fra la metà degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta (p. 36).
Nel 1972 Francesco Franceschini, in qualità di presidente, lo invitò all’Esposizione nazionale quadriennale di Roma del 1973, convinto che le sue opere potessero accrescere il prestigio della manifestazione e contribuire a rappresentare la situazione della ricerca non figurativa in Italia (Roma, Archivio Biblioteca della Fondazione La Quadriennale - ArBiQ, b. Romiti Sergio, F. Franceschini, Lettera..., 1972). Nel 1976 Maurizio Calvesi curò una sua antologica alla Galleria d’arte moderna di Bologna. Dalla fine degli anni Settanta incominciò a percepire la difficoltà di non cadere nella ripetizione di formule pittoriche già esplorate (Sergio Romiti, 2011, p. 35) e probabilmente iniziò ad avvicinarsi maggiormente a quell’idea di morte ricorrente nei soggetti dei film e dei libri che amava. L’attività espositiva negli anni Ottanta e Novanta non comprende molte mostre personali, ma soprattutto collettive, quasi tutte presenti nelle bibliografie dell’artista (Salvatori, in Sergio Romiti, 2001, pp. 168-174). Fra le personali degli anni Novanta si segnala quella alla galleria Marescalchi di Cortina d’Ampezzo (Sergio Romiti, 1990). Nel 2000, dopo anni caratterizzati da un umore altalenante e a volte depresso, come i protagonisti di vari film d’autore che ammirava (Sergio Romiti, 2011, pp. 17 s., 34 s.), decise di porre fine alla sua esistenza.
Morì a Bologna il 12 marzo 2000.
La maggior parte delle opere di Romiti sono in collezioni private, spesso bolognesi. Fra le collezioni pubbliche si segnalano la Galleria d’arte moderna Aroldo Bonzagni di Cento (Ferrara), la Galleria d’arte moderna Raccolta Lercaro di Bologna, mentre un’opera a lui attribuibile secondo la critica (Moretto, 2011, pp. 136 s.) si trova presso il Dipartimento di arti visive dell’Università di Bologna.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio Biblioteca della Fondazione La Quadriennale - ArBiQ, b. R. S.: invito-catalogo della galleria Galatea, con testo critico non firmato [Torino, 1960]; cartoncino tipografico [Roma, 1961]; F. Franceschini, Lettera a S. R., Roma 13 dicembre 1972 (oltre ad alcune lettere, qualche catalogo raro, alcune foto degli anni Sessanta riproducenti quadri); Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea - GNAM, Archivio bioiconografico, b. R. S.
S. R., a cura di V. Rubiu, Milano 1967; S. R. alla «Marescalchi» di Cortina, in il Resto del Carlino, Bologna 21 aprile 1990; S. R. Opere dal 1949 al 1999, a cura di P.G. Castagnoli, Cinisello Balsamo 2001 (in partic. G. Salvatori, pp. 133-191; con bibliografia e antologia critica); B. Passerini, in Galleria d’arte moderna Aroldo Bonzagni di Cento. Catalogo generale, a cura di F. Gozzi, Milano 2006, pp. 283 s.; L’odissea dell’oggetto. S. R. a Casa Saraceni, a cura di M.A. Bazzocchi, Bologna 2006; D. Trento, Memoria per S. R., in Arte a Bologna, 2007, n. 6, pp. 90-97; T. Moretto, Pallucchini e la collezione di arte contemporanea al Dipartimento di arti visive dell’Università di Bologna, in Saggi e memorie di storia dell’arte, 2011, n. 35, pp. 136 s., 139 s.; S. R.: l’equilibrio minacciato. Scritti e fogli sparsi, 1951-1982, a cura di G.M. Accame, Milano 2011; C. Pozzati, Parola d’artista 2, Falciano (Repubblica di San Marino) 2013, pp. 68-73.