TOFANO, Sergio
– Figlio di Eugenio e di Elvira Guercia, napoletani, nacque a Roma il 20 agosto 1886. Ultimogenito, ebbe due sorelle maggiori, Liana e Gilberta.
Il padre, figlio del patriota Giacomo, fu avvocato, magistrato, quindi procuratore generale di Cassazione; in gioventù fu anche giornalista e critico d’arte. La madre era figlia del compositore Alfonso Guercia, docente presso il conservatorio di S. Pietro a Majella a Napoli. Tra gli zii paterni, Eduardo fu noto pittore, Gustavo compositore e pianista, Guglielmo poeta. Da parte materna, la zia Olympia fu soprano alla corte degli zar.
Amante da sempre del teatro, Tofano condusse un’esistenza divisa tra la carriera di attore, sceneggiatore, regista teatrale e televisivo, e quella di illustratore e disegnatore, nella quale operò quasi esclusivamente sotto lo pseudonimo abbreviato di Sto, siglando i disegni con la sua firma «a chiave di violino» dal 1908 e con quella «a bilancia» dal 1911 (P. Pallottino, in Sto, 1978, p. 11).
Frequentò l’Università La Sapienza di Roma, dove si laureò in lettere con una tesi sul ruolo dell’attore ‘brillante’ nel teatro italiano. Iscritto alla Scuola di recitazione dell’Accademia di S. Cecilia a Roma, si diplomò nel 1909. Ancora studente, aveva debuttato come disegnatore sul Pupazzetto navale, supplemento parodico del Pupazzetto, con una caricatura di Gabriele D’Annunzio (1908). Il fondatore di questo giornale, Enrico Novelli, lo presentò al padre Ermete, attore drammatico, che immediatamente scritturò Tofano nella propria compagnia (1909-11). La sua carriera teatrale procedette ininterrotta: accolto presso il teatro Quattro fontane di Cesare Dondini (1911-12), venne ingaggiato dalla compagnia di Virgilio Talli (1912-23), dove divenne, dal 1915, ‘primo brillante’. Fu, questo, un ruolo che mantenne sempre, rivoluzionandolo e trasformandolo da personaggio comico e in fondo secondario a ironico portavoce dell’autore: «la sua comicità, perdendo a poco a poco ogni scorza di buffoneria, si andrà sempre più raffinando attraverso un filtro di signorile eleganza» (Il teatro all’antica..., 1965, p. 30). Al ‘brillante’ consegnò la personificazione di «quella poetica dell’umorismo, definito da Pirandello come ‘sentimento del contrario’» (A. Tinterri, in Il teatro all’antica..., a cura di A. Tinterri, 1985, p. 16 ).
Passò alla compagnia di Dario Niccodemi (1924-27) per poi fondare, insieme a Luigi Almirante e Giuditta Rissone, la propria compagnia teatrale (1927-30). Si susseguirono poi altre compagnie di cui fu capocomico: Merlini-Cimara-Tofano (1930-33), Tofano-Rissone-De Sica (1933-35, 1940-42), Tofano-Maltagliati-Cervi (1935-37, poi Tofano-Maltagliati, 1937-39), Tofano-Torrieri (1943, 1947), Adani-Tofano-Cimara (1949-50). Fu al teatro Quirino (1946-47), al Piccolo di Giorgio Strehler (1948-51, 1954), al Maggio musicale fiorentino (1949), al teatro Eliseo (1951-52, 1965), nella Compagnia della RAI (1951), al teatro dei Satiri (1952-53), nel Teatro d’arte italiano di Luigi Squarzina (1959-60), nella Proclemer-Albertazzi (1966). Attore raffinato ed elegante, paradossale e ironico, fu non a caso interprete efficace del cosiddetto teatro del grottesco di Luigi Chiarelli, Enrico Cavacchioli, Luigi Antonelli, Pier Maria Rosso di San Secondo, Luigi Pirandello. Lavorò con Luchino Visconti, Alessandro Fersen, Gianfranco De Bosio, con un repertorio tratto da testi di Ferenc Molnár, George Bernard Shaw, Sacha Guitry, Alfred de Musset, William Somerset Maughan, Anton Čechov, Bertolt Brecht. Fu anche regista teatrale e cinematografico. «Coscienza della tradizione dello spettacolo italiano» (Sergio Tofano, 2005, p. 20), fu docente di recitazione teatrale all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico (1951-69) e maestro di Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Paolo Poli, Monica Vitti.
Se come attore aveva avuto una solida formazione accademica, maturata alla scuola di Edoardo Boutet e di Virginia Marini in S. Cecilia, poi con Novelli, Talli e Niccodemi, come illustratore Tofano fu interamente autodidatta. Eppure fu uno dei disegnatori più originali di tutto il Novecento, caratterizzato dagli inizi da uno stile maturo, autonomo e riconoscibile, da un’eleganza estrema e da un segno sintetico e purissimo. Aggiornato su esperienze artistiche europee coeve, soprattutto francesi e tedesche, influenzato dal surrealismo e dal dada, anticipò e fu testimone senza tempo del déco, con la sua linea sottile, il gusto sobrio, le forme stilizzate. I contatti con Carlo Ludovico Bragaglia, per il quale interpretò il ruolo del protagonista nel film O la borsa o la vita (1933), lo videro toccato dal futurismo, del quale lo interessarono la sintesi e il marionettismo, l’astrazione e il dinamismo, ma sorvolò sempre sulla sua giovanile vicinanza al movimento («“Lei, Tofano, è stato, da giovane, futurista?”. Mi rispose sorridendo, quasi sornione, che non se lo ricordava», Verdone, 2003, p. 162).
Dopo l’esordio sul Pupazzetto collaborò, ventiduenne, con Il giornalino della domenica di Luigi Bertelli (Vamba), a partire dal 29 marzo 1908 (1908, 1911, 1918-19, 1921-22). A Vamba restò sempre legato, tanto che uno dei due film da lui diretti fu Gian Burrasca (1943), di cui fu regista e interprete, ispirato al romanzo omonimo di Bertelli e su sceneggiatura di Cesare Zavattini. Contemporaneamente al debutto nella compagnia di Novelli avvenne, dal 1909, la sua comparsa sulle pagine del Corriere dei piccoli, inizialmente come sceneggiatore e poi, dal 1917, come disegnatore (1909-33, 1935-36, 1939-46, 1948-53). Fu proprio il 28 ottobre 1917 che Sto diede i natali alla sua creatura più nota – il Signor Bonaventura, «l’ultima maschera italiana» (Cervellati, 1954, p. 242) – che, con poche varianti iconografiche e stilistiche e con alcuni comprimari (Barbariccia, Reginotta, Pizzirì, Omobono, il Barone Partecipazio, il Bellissimo Cecè, il bassotto), popolò per cinquant’anni le pagine del settimanale, espandendosi fuori da esse in televisione, a teatro, al cinema, nella pubblicità.
Orfano di padre nel 1912, Tofano restò a Roma durante il primo conflitto, assegnato all’ufficio censura dell’esercito, e poté mantenere le collaborazioni avviate dall’inizio degli anni Dieci. Prima della guerra aveva contribuito a Ma chi è? (1910), Il novellino (1910), Il signor pubblico (1911), Pasquino (1911, 1918-19, 1921), La casa (1912), Primavera (1912-13). Durante il conflitto realizzò raffinati disegni per la rivista satirica Numero (1914-20, 1922), per la quale compose e illustrò, tra l’altro, le Rime d’amore a Orsola (1914-15, poi ridisegnate per Bemporad, Firenze 1936). Tra i collaboratori a questa rivista Giannino Antona Traversi individuò gli illustratori – oltre a Tofano, anche Aroldo Bonzagni, Enrico Sacchetti, Marcello Dudovich, Renzo Ventura e altri – ai quali commissionò le tavole del primo albo del suo caustico Gli Unni... e gli altri! (Milano 1915).
Tofano fu raffinato disegnatore di moda: prese parte alla Mostra della moda femminile al Circolo artistico internazionale di Roma (1914) e all’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes di Parigi (1925), realizzò disegni eleganti e crudeli per La donna (1914, 1928-29), Lidel (1919-26), Vanity fair (1919, 1921-28). Presentato al pubblico americano come «the sensational Italian artist, who has been acclaimed by European critics as the equal to Botticelli» (Vanity fair, novembre 1922, p. 35), Tofano ricevette la proposta di trasferirsi negli Stati Uniti per collaborare con maggior regolarità al giornale bostoniano, offerta che declinò per non abbandonare il teatro.
Collaborò a La lettura (1915-16, 1919-29, 1933, 1939-40), Noi e il mondo (1912, 1915, 1917-19), Il secolo XX (1916, 1920-21, 1928, 1931), Satana beffa (1919), al periodico satirico argentino El hogar (1924-25), alla Gazzetta del popolo (1931) e a riviste teatrali e cinematografiche come Penombra (1918-19), Comoedia (1923), Le scimmie e lo specchio (1925), Il dramma (1926-28, 1933, 1940, 1946-49), Scenario (1937), Fantasio (1952), Carosello (1944-45).
Oltre all’attività senza sosta su giornali e riviste, realizzò molti disegni pubblicitari – Campari (tra cui la seconda raccolta del Cantastorie di Campari, Milano 1928, vetta di sintesi ed eleganza), Pirelli, Barilla, Champagne Ayala, Carlo Erba, Rinascente – e innumerevoli illustrazioni per volumi e copertine – Sonzogno, Bemporad, Mondadori. Illustrò tra gli altri due edizioni di Pinocchio, per la Libreria italiana (Milano 1921) e per De Agostini (Novara 1948), e il Marcovaldo di Italo Calvino (Torino 1963).
Fu anche scrittore e sceneggiatore. Scrisse e illustrò, tra gli altri, Storie di cantastorie (Milano 1920), I cavoli a merenda (Milano 1920), Il romanzo delle mie delusioni (prima sul Corriere dei piccoli, 1917, poi per Mondadori, Milano 1925), La principessa dalle lenticchie (Roma 1945) e, con Bonaventura protagonista, Ecco l’ultima avventura (Milano 1920), Qui comincia la sventura (Milano 1927), La regina in berlina (prima sul Corriere dei piccoli, 1928, poi per Alpes, Milano 1930), Una losca congiura (Milano 1930), L’isola dei pappagalli (Milano 1939).
Il suo stile – nella prosa crepitante e allegra, negli ottonari a rima baciata, nei «versetti accurati, limpidi, seminati con discrezione di qualche paroletta rara, di qualche rima acrobatica» (Rodari, in Una storia lunga un milione, 1980, p. 7) – si contraddistinse per il ritmo, l’invenzione, la deformazione surreale conferita dalla commistione ironica di parola e immagine.
Nel 1923 Tofano sposò Rosa Cavallari (Rosetta, 1902-1960), milanese, prima ballerina al teatro alla Scala di Milano, lei stessa abile disegnatrice, scenografa, costumista e attrice. Da quest’unione professionale e di vita nacque, nel 1929, il figlio Gilberto, anche lui attore, scenografo, regista. Rosetta si tolse la vita nel 1960, dopo aver sofferto, soprattutto in seguito al secondo conflitto, di insopportabili emicranie: un lutto, questo, del quale Tofano mantenne uno stretto riserbo e del quale scrisse nel volumetto di testimonianze raccolte nell’anniversario della morte (Rosetta, Roma 1961).
Morì, ottantasettenne, il 28 ottobre 1973 a Roma.
«Portò con estrema classe i molti doni di cui era dotato. Senza abusarne, ma affinandoli con rara disciplina. Fu elegante, senza essere blasé; arguto, senza diventare maligno; scrupoloso nel trucco, senza feticizzarlo; puntuale nelle caratterizzazioni, senza mai scadere nella macchietta» (P. Pallottino, in Sto, 1978, p. 11).
Opere. Il teatro all’antica italiano, Milano 1965 (poi Roma 1985, Milano 2017); Il teatro all’antica italiano e altri scritti di teatro, a cura di A. Tinterri, Roma 1985; Il teatro di Bonaventura, a cura di A. Tinterri, Milano 1986.
Fonti e Bibl.: Documenti, fotografie, registrazioni e disegni sono consultabili presso il Civico Museo Biblioteca dell’attore del teatro stabile di Genova, Fondo Tofano. Per un regesto più ampio dell’attività di illustratore si veda P. Pallottino, in Bonaventura, 2007; per quella di attore, sceneggiatore e regista si vedano le liste pubblicate sul sito a cura di Gilberto Tofano, www.sto-signorbonaventura.it, poi in Michelis, 2013, al quale si rimanda anche per una bibliografia aggiornata.
S. D’Amico, Tramonto del grande attore, Milano 1929, p. 274; A. Cervellati, Storia delle maschere, Bologna 1954, pp. 242 s.; S. D’Amico, Cronache del teatro, a cura di E.F. Palmieri - S. D’Amico, I, Bari 1963, pp. 611-614; A. Faeti, Guardare le figure, Torino 1972, pp. 304-311; O. Del Buono, Introduzione, in S. Tofano, Sto. Teatro, novelle, poesie, Milano 1974, pp. 5-18; R. Bossaglia, Il ‘déco’ italiano, Milano 1975, pp. 31-33, 39, 41, 86; C. Carabba, Corrierino, Corrierona. La politica illustrata del Corriere della Sera, Rimini-Firenze 1976, pp. 62-65; G. Veronesi, Stile 1925, Firenze 1978, pp. 106 s.; Sto (S. T.). Una linea di sorriso, a cura di P. Pallottino, Bologna 1978; Una storia lunga un milione. Disegni, fotografie, spettacoli di S. T. (catal.), a cura di G. Tofano - A. D’Amico, Roma 1980 (in partic. G. Rodari, La promessa di Bonaventura, pp. 7 s.); F. Possenti, I teatri del primo Novecento, Roma 1984, p. 232; S. D’Amico, La vita del teatro, a cura di A. D’Amico, I, Roma 1994, pp. 262-264; M. Verdone, Lo stile di S. T., in Il cinema a Roma, Roma 2003, pp. 161 s.; S. T. Il cinema a merenda, a cura di A. Faccioli - F. Pitassio, in Bianco e nero, LXVI (2005), 2, monografico; Bonaventura. I casi e le fortune di un eroe gentile (catal.), Roma 2007 (in partic. P. Pallottino, Il signor Doppelgänger, pp. 28-31); L. Cappelli, Le edizioni Bemporad. Catalogo, 1889-1938, Milano 2008, pp. 150, 202, 204, 217 s., 224, 236, 296, 347; Corriere dei piccoli. Storie, fumetto e illustrazione per ragazzi (catal.), a cura di G. Ginex, Milano 2009; P. Pallottino, Storia dell’illustrazione italiana, Firenze 2010, p. 354; D. Orecchia, Il critico e l’attore. Silvio D’Amico e la scena italiana di inizio Novecento, Torino 2012, pp. 231-254, 375-380; P. Michelis, S. T. e il surrealismo all’italiana, Viterbo 2013.