SERLIANA
. Particolare tipo di trifora, con l'apertura centrale ad arco, le due laterali trabeate: così denominata da Sebastiano Serlio a cui è dovuta la pubblicazione e la diffusione di questo schema strutturale e decorativo. La serliana, sorta nel primo quarto del secolo XVI, ebbe grande rigoglio nell'architettura del Sansovino e del Palladio, e fiorì poi specialmente nell'arte veneta del Sei e del Settecento.
Le lontane radici morfologiche della serliana possono ricercarsi nell'architettura imperiale di Roma, quando - nel sec. II e III - in Siria, in Asia Minore, in Dalmazia, si cominciò a interrompere la rigida trabeazione dei colonnati con un arco, tracciato in corrispondenza dell'intercolunnio assiale. Questo arco è generato talvolta dal rotare della trabeazione stessa sotto il timpano, come nei propilei di Baalbek, di Damasco e del palazzo di Diocleziano a Spalato, motivo che si ritrova nella S. Maria in via Lata di Pietro da Cortona a Roma; ma più spesso l'arco, impostato al disopra della trabeazione, indipendentemente da essa, assume un'individualità propria (come nel tempietto di Trevi, nel mausoleo di Diocleziano a Spalato, nel portico di Termessos in Pisidia); definendo, in embrione, la serliana. Anche nelle basiliche paleocristiane (Deir Sim‛ān) l'arco, che divide la navata dal transetto, è talvolta impostato su colonne isolate dalla parete; un bellissimo esempio di questa nuova espressione architettonica è fornito dall'ottagono della basilica di S. Simeone Stilita, a Qal‛at Sim‛ān, in Siria.
Lo schema costruttivo, composto d'un arco fiancheggiato da due serie d'ugual numero di vani architravati, ebbe nel Medioevo qualche applicazione attinente alla sopravvivenza di schemi e forme classiche, come a S. Trofimo di Arles (v.) nella chiesa di Saint-Gilles (v.) e nel cosmatesco portico della cattedrale di Civita Castellana (v.), che prelude in certo modo a quello della cappella Pazzi del Brunelleschi (v.) a Firenze.
Nel varcare le soglie del Cinquecento, il motivo sembrò assumere uno spirito nuovo. Più che come struttura, fu concepito come ritmo, anzi come particolare variazione di un ritmo, caro al Quattrocento, che scandiva le pareti da decorare in spazî lunghi e brevi separati da lesene, spesso tra loro legati da una "proporzione aurea", come nel Palazzo della Cancelleria a Roma (v. lesena).
Varie furono le soluzioni a cui diede luogo la ricerca d'armonizzare il ritmo fondamentale delle lesene, o delle semicolonne binate e trabeate, con il sistema ad arco.
Nella prima metà del sec. XV, il Brunelleschi girava due archi concentrici sui pilastri decorativi della sacrestia vecchia di S. Lorenzo e della Cappella Pazzi a Firenze; motivo adottato poi dal Bramante a sostegno della cupola di S. Maria delle Grazie a Milano (1492).
Nella seconda metà del sec. XV, Leon Battista Alberti, nel S. Andrea di Mantova, inquadrava l'arcata nello spazio maggiore, impostandola sopra una trabeazione prolungata nello spazio minore, alleggerito da nicchie; schema adottato poi dal Bramante nella Galleria del Belvedere in Vaticano (1503), da Antonio da Sangallo il Giovane nel palazzo della Zecca, poi del Banco di S. Spirito a Roma (1523-34), da Giulio Romano nella chiesa di S. Benedetto Po (1539-42), dal Vignola nel cortile del palazzo di Caprarola (1547-59)
La terza soluzione, adottata nella prima metà del see. XVI di girare direttamente l'arco sullo spazio maggiore, lasciando architravato quello minore tra i sostegni binati, diede luogo alla serliana, forma, come si vede, non nuova, ma di cui è nuovo e caratteristico del genio rinascimentale, l'impiego in sequenza, a scandire un ritmo di spazî.
Nel prospetto verso il giardino del palazzo del Te a Mantova (1525-1526), Giulio Romano disegna un mirabile complesso di serliane, la cui modulata successione genera, nel centro della fronte stessa, il motivo degli archi su colonne binate, che avrà in seguito largo sviluppo.
Il Sansovino e il Palladio interrompono l'incalzarsi delle serliane, inquadrando ciascuna di esse nell'intercolunnio di un ordine maggiore; e dando così luogo alla più tipica espressione cinquecentesca di questa forma architettonica.
Il Sansovino, nella Biblioteca Marciana di Venezia (1532-54), attribuì massima importanza all'arco centrale, atrofizzando quasi completament gli spazî laterali architravati, con l'accostare molto alla parete le colonnine su cui l'arco gira. Il Palladio, nella "Basilica" di Vicenza, iniziata alla fine della prima metà del sec. XVI, conservò maggiore ampiezza agli spazî laterali architravati, che stabiliscono, con quello centrale ad arco, una proporzione più affine a quella aurea.
Le due citate varietà, la sansoviniana e la palladiana, restarono fondamentali, e ad esse possono riferirsi tutte le successive serliane. Considerate in serie, queste formarono portici e logge, come nella già citata " Basilica" del Palladio; il mirabile affresco di Paolo Veronese, la Cena in casa Levi, all'Accademia di Venezia, ne offre anche un bellissimo esempio.
Ma frequentemente la serliana si presentò isolata, come motivo centrale di chiese (S. Bernardino ad Aquila degli Abruzzi), o di palazzi e di ville. All'esterno, costituì portali d'ingresso (palazzo Grassi, ora Stuky, di Giorgio Massari a Venezia); loggette (villa Contarini, ora Camerini a Piazzola sul Brenta); o finestre, generalmente munite di balcone, più raramente senza. Fu impiegata frequentemente anche negli atrî d'onore e negli scaloni esterni e interni (Bassano, Cà Rezzonico).
Nella facciata del Santuario di Saronno (sec. XVII), nella settecentesca villa del Massari a Istrana presso Treviso, e in molti altri casi, gli spazî architravati, fiancheggianti l'arco, sono divenuti così ampî, da costituire due finestre indipendenti; il raccordo fra i tre elementi staccati è allora ottenuto talvolta da bizzarre volute decorative, come nel palazzetto Bassani a Vicenza (sec. XVIII). Nella fontana di Trevi a Roma, dovuta a N. Salvi, e nella facciata guariniana del palazzo Carignano a Torino, il motivo della serliana ha per sfondo un nicchione.
La diffusione della serliana fu legata in special modo alla fioritura post-palladiana e al propagarsi dell'arte di Galeazzo Alessi in Lombardia e a Genova. In Inghilterra, i disegni originali di Palladio, portati a Londra da lord Burlington nella prima metà del sec. XVIII, diedero luogo a numerose "variazioni" dell'architettura del maestro, che tornò a Roma splendidamente vivificata nella facciata di S. Giovanni Laterano, di Alessandro Galilei (1736), ricca di una mirabile serliana nel loggiato del piano superiore.
Gli esempî di serliana non sono però frequenti all'estero, ove l'architettura palladiana fu imitata più nei maestosi colonnati e nei classici timpani, che la collegavano all'antichità greco-romana, che non nelle vive e gustose innovazioni. Esempî notevoli se ne hanno tuttavia in Francia, nella Penisola Iberica, nella Nuova Spagna (odierna California e Messico); a in Austria, Cecoslovacchia, Polonia, Russia.
Bibl.: S. Serlio, Il Primo libro dell'architettura, Venezia 1551; A. Palladio, I quattro libri dell'architettura, ivi 1570; V. Scamozzi, Idea dell'architettura universale, ivi 1615; C. Gurlitt, Geschichte des Barokstils, des Rokoko und des Klassicismus, I: Geschichte des Barockstils in Italien, Stoccarda 1837; R. Redtenbacher, Die Architektur der italienischen Renaissance, Francoforte sul M. 1886; F. Durm, Die Baukunst der Renaissance in Italien, in Handbuch der Architektur, parte 2ª, V, Stoccarda 1903; J. Burckhardt, Architektur der Renaissance in Italien, Lipsia 1904; W. Anderson e A. Stratton, The Architecture of the Renaissance in Italy, Londra 1927; G. K. Loukomski, A. Palldio, sa vie, son oeuvre, Parigi 1927; E. Wölfflin, Rinascimento e Barocco, trad. L. Filippi, Firenze 1928; G. Giovannoni, Saggi sull'architettura del Rinascimento, Milano 1931; G. B. Milani e V. Fasolo, Le forme architettoniche, ivi 1934.