SERPENTI (lat. scient. Ophidia; fr. serpents; sp. serpientes; ted. Schlangen; ingl. snakes)
I Serpenti (Ofidî) costituiscono un sottordine dei Rettili Squamati e sono caratterizzati principalmente dal fortissimo sviluppo in senso longitudinale del corpo; dalla mancanza assoluta di arti anteriori, di cinto scapolare e, nella maggior parte delle famiglie, anche dall'assenza di cinto pelvico e di rudimenti di arti posteriori; dalla mancanza di apertura auricolare; dalla lingua biforcata, retrattile in un astuccio situato sul pavimento della bocca; dalla presenza di due organi copulatori; dall'apertura cloacale rappresentata da una fessura trasversale; dalla mobilità della mascella inferiore, i cui rami, destro e sinistro, sono collegati l'uno con l'altro da un legamento molto elastico.
Morfologia. - I Serpenti hanno forma estremamente varia. Testa, tronco, coda possono essere ben distinti l'uno dall'altro, il che si verifica nella maggioranza delle specie, oppure la testa e la coda possono avere diametro pressoché eguale, tanto da rendere difficile a prima vista distinguere l'estremità cefalica da quella caudale (Tiflopidi e Leptotiflopidi). La testa può essere larghissima, appiattita (Viperidi in genere) oppure sottilissima, e può anche essere munita di appendici all'estremità del muso (Vipera ammodytes, ecc.), oppure nella regione sopraciliare (Cerastes cerastes, ecc.). Il tronco può essere in sezione subrotondo, oppure ellittico con il maggior diametro disposto orizzontalmente (Bitis e moltissimi altri Viperidi), oppure verticalmente (Pitoni); può essere larghissimo e relativamente breve e poco flessibile, oppure sottile, agile, flessibilissimo, il che si verifica nella maggior parte dei serpenti arboricoli e in particolar modo negli Oxybelis e Leptognathus dell'America tropicale. La coda può essere di un'estrema brevità rispetto al tronco (Tiflopidi e Leptotiflopidi) oppure lunga più di metà del tronco (Xenurophis); può essere cilindro-conica e terminare con una punta sottilissima, come nella maggioranza delle specie, oppure tronca; può essere larga, appiattita lateralmente (Idrofini), può terminare con una punta acuta (Tiflopidi), o anche essere munita di una particolare appendice (Serpenti a sonagli) e in alcune specie è anche prensile.
Come la forma del corpo varia anche la dimensione. Dai Leptotiflopidi e Tiflopidi che misurano alcune volte appena una decina di centimetri e hanno un diametro di un millimetro e mezzo, si giunge ai Boidi lunghi varî metri, sino a una decina, con un diametro che supera assai quello della coscia di un uomo robusto.
Tutta la superficie del corpo dei Serpenti è ricoperta di placche e di squame, che variano di forma, dimensione e numero. Ad eccezione dei Tiflopidi e Leptotiflopidi, in cui si hanno squame subeguali in tutte le parti, negli altri Ofidî il tronco e la coda, nelle parti superiori e laterali, sono coperti di squame di solito ellittiche o lanceolate, tipicamente embricate, e formanti distintissime serie; le parti inferiori invece sono rivestite di squame grandi, slargate trasversalmente ed embricate. Le dorsali, a seconda dei generi e delle specie, sono disposte in un numero diverso di serie longitudinali; quelle ventrali sono sempre in una sola serie longitudinale e in numero molto vario; le subcaudali possono essere disposte in una o due serie longitudinali; anche esse variano molto di numero. La testa è rivestita di squame molto simili a quelle del tronco, ad es. in molti Viperidi, oppure di placche simmetriche, regolari, le quali, a seconda della posizione, prendono nomi diversi.
La parte superiore dell'epidermide in tutta la sua estensione, compresa anche la parte trasparente che ricopre gli occhi, si distacca periodicamente tutta di un pezzo, dando luogo a quel fenomeno che si denomina muta.
I Serpenti presentano una colorazione assai più variabile di quanto non si creda comunemente. In linea generale sono più scuri nelle parti superiori che nelle inferiori e possono avere tinta uniforme o presentare ornamentazioni diverse.
La colorazione da scialba, come, ad es., nelle forme desertiche, può divenire vivace e vivacissima; giallastra, marrone, verdastra, verde brillante, rosa, rossa, azzurra. I colori più vistosi s'incontrano di solito nelle specie arboricole e in quelle che vivono in luoghi dove la vegetazione è folta e l'umidità molto abbondante. Le ornamentazioni consistono in fasce trasversali di varia larghezza, talvolta addirittura di anelli, di strisce longitudinali tanto sulla regione dorsale quanto sui fianchi e sul ventre, di macchie rotonde, anulari o di altre forme diversissime, regolari o irregolari, disposte o no simmetricamente. Non mancano, ma sono rari, tra gli Ofidî, i casi di albinismo; frequenti i casi di melanismo. Tra i due sessi non vi è differenza di colore apprezzabile e, salvo pochi casi, non si hanno forti cambiamenti di colore all'epoca della riproduzione.
Lo scheletro tipico del capo degli Ofidî è caratterizzato da una solida scatola cranica destinata ad accogliere l'encefalo e formata principalmente dai frontali uniti lungo la linea mediana e dai parietali intimamente fusi l'uno con l'altro, che si estendono lateralmente e verso il basso mettendosi in contatto con il grande basisfenoide. Posteriormente la scatola ossea è completata dalle ossa occipitali. La regione nasale è meno compiutamente ossificata e le ossa nasali sono spesso attaccate solo alla loro base. I prefrontali sono collocati tra il frontale e il mascellare e possono essere o non essere in contatto con il nasale. I postfrontali delimitano la parte posteriore e qualche volta anche la parte superiore dell'orbita. In alcuni Ofidî, ad es. nei Pitoni, è presente anche un sopraorbitale tra il pre- e il postfrontale. Il premascellare è piccolo; il vomere sottile e allungato. Il pterigoide è, anch'esso, molto allungato e connesso direttamente con il palatino, molto stretto e lungo, e, indirettamente, per mezzo dell'osso trasverso, con il mascellare. Il quadrato è appoggiato con un'estremità al sopratemporale, con l'altra sospende la mandibola. Tutto l'arco costituito dal quadrato, dal pterigoideo, dal trasverso, dal mascellare e dal palatino è più o meno mobile.
Modificazioni molto importanti si hanno nei Viperidi, in cui il quadrato ha una lunghezza che generalmente non si riscontra in altri Ofidî, e il mascellare, ridottissimo e portante soltanto denti canalicolati, è articolato con il prefrontale. Grazie a questa disposizione, ogni qual volta i Viperidi aprono la bocca e di conseguenza abbassano la mandibola, il quadrato, e insieme con esso l'arco pterigoideo-palatino, vengono spinti. in avanti. Il trasverso quindi preme sul mascellare, lo obbliga a ruotare da dietro in avanti e allora i denti canalicolati saldati al mascellare stesso, e che nella posizione di riposo si trovavano adagiati al palato con la punta rivolta indietro, si ergono formando con la vòlta palatina un angolo retto e non di rado anche ottuso.
Quando la bocca viene chiusa, il mascellare descrive un movimento rotatorio in senso inverso e i denti riprendono la posizione primitiva.
La colonna vertebrale è composta di un numero vario e spesso elevatissimo di elementi, fino a 500, a tipo procelico, e quasi tutte le vertebre sono articolate, capaci di movimenti assai ampî.
Nessun ofidio ha tracce del cinto scapolare e soltanto pochi, i Tiflopidi, Leptotiflopidi, Boidi, Ilisidi hanno rudimenti del cinto pelvico. Alcuni inoltre hanno anche rudimenti degli arti posteriori che appaiono qualche volta all'esterno ai lati della fessura cloacale.
I denti possono essere portati dal premascellare, dal mascellare, dal palatino, dal pterigoideo, e dal mandibolare, oppure soltanto da alcune di queste ossa. Nei Tiflopidi, ad es., si trovano solo nel mascellare. Possono essere in numero assai elevato sulle singole ossa oppure ridotti a pochissimi, eguali in grandezza o, come avviene di solito, più grandi sulla mascella e mandibola. In queste due ossa si trovano ora disposti a distanze eguali l'uno dall'altro ora a gruppi separati da ampî diastemi e talvolta crescenti in grandezza in senso antero-posteriore o viceversa. In sezione, sono ovali, rotondi, o subtriangolari. Possono essere diritti o curvati all'indietro e avere forma di uncino, e pieni oppure percorsi da una scanalatura che dalla base giunge sino all'estremità, o ancora a forma di doccia ad orli più o meno ravvicinati e talvolta saldati, o addirittura canalicolati. I denti scanalati si trovano di solito all'estremità posteriore del mascellare (Colubridi Opistoglifi), i denti a doccia compiutamente chiusa all'estremità anteriore del mascellare (Colubridi Proteroglifi), i denti canalicolati, che hanno una lunghezza relativa molto maggiore di quella dei denti scanalati e a doccia, sono sempre impiantati nel mascellare che ha dimensioni molto ridotte (Viperidi).
In tutti gli Ofidî i denti sono seminascosti da pieghe della mucosa orale. Negli Opistoglifi, Proteroglifi e Viperidi, i denti veleniferi sono racchiusi per un notevole tratto a cominciare dalla base in una vera e propria guaina elastica, entro la quale sbocca il canale della ghiandola del veleno.
Ghiandole velenose in senso lato sono possedute non solo da quei serpenti che hanno denti scanalati, a doccia e canalicolati, ma anche da moltissimi altri (Boidi, Uropeltidi, Ilisidi, Amblicefalidi, Colubridi, Aglifi). Esse sono situate nella regione al disopra della commessura delle labbra e a maggiore o minore profondità. Sono di tre sorta: ghiandola temporale anteriore (Boidi, Uropeltidi, Ilisidi), ghiandola parotidea (Colubridi Opistoglifi, parte degli Aglifi, parte degli Amblicefalidi), ghiandola del veleno per eccellenza (Colubridi, Proteroglifi e Viperidi). Oltre ai Viperidi e Proteroglifi, tutti velenosissimi, solo gli altri Ofidî aventi la ghiandola parotidea e i denti scanalati (Colubridi, Opistoglifi) possono essere qualche volta temibili. Il prodotto della parotide si raccoglie in un canalicolo brevissimo situato nella parte mediana e inferiore della ghiandola, il quale sbocca nell'interno della guaina che avvolge i denti scanalati, evitando così il miscuglio tra la secrezione della parotide e quello delle altre ghiandole della bocca. La ghiandola del veleno dei Proteroglifi e dei Viperidi, oltre ad avere una struttura diversa e dimensioni molto maggiori della parotidea e della temporale anteriore, ha un canalicolo assai più lungo il quale, seguendo il labbro superiore, va a sboccare nell'interno della guaina avvolgente le zanne. Nei Proteroglifi e nei Viperidi il veleno viene iniettato a forza nella ferita prodotta dai denti; negli altri Ofidî viene semplicemente lasciato colare. Il veleno ha composizione e azione varie non solo a seconda delle famiglie ma anche dei generi e spesso delle specie.
La lingua è bifida, lunga e può essere protratta fuor della bocca, anche quando questa è chiusa, attraverso un'apertura a doccia praticata nel labbro superiore. Allo stato di riposo viene retratta entro una guaina posta al disotto dello sbocco della trachea.
L'esofago è spesso molto allungato, misura alle volte un terzo di tutto il canale digerente; da esso si passa in un sacco non molto slargato e dalle pareti molto robuste, lo stomaco, che gradatamente o con sensibile trapasso si continua con l'intestino, che è lunghissimo e non di rado molto circonvoluto.
Il retto è di media lunghezza, a volte brevissimo; anteriormente può anche avere un breve cieco. Il fegato, stretto e lungo, un quinto o un quarto del corpo, è situato alla destra del canale digerente; spesso è inciso da solchi trasversali; posteriormente è bilobo. La vescica biliare può mancare. Il pancreas, di solito piccolissimo, è situato insieme con la milza a sinistra del canale digerente.
La trachea s'inizia molto in avanti nella cavità orale; è lunga, sostenuta da anelli, interi nella parte anteriore, incompleti nella posteriore. La glottide può venir protesa molto innanzi durante l'ingestione delle prede.
Negli Ofidî si ha di solito un solo polmone funzionale, il destro che può estendersi in alcuni casi sin nei pressi della regione cloacale.
Il cuore, situato generalmente tra il settimo e il quarto anteriore del corpo e non di rado anche più indietro, è spesso molto allungato. Ha un seno venoso, due atrî e un solo ventricolo incompletamente diviso da un setto. Dal ventricolo si dipartono l'arteria polmonare e le due aorte. L'arteria polmonare e l'arco aortico sinistro trasportano sangue misto, mentre l'arco aortico destro riceve sangue arterioso e fornisce le carotidi.
I reni, più o meno allungati, sono situati molto indietro nel corpo e il destro è normalmente più lungo del sinistro. Gli ureteri s' iniziano dalla parte posteriore dei reni e sboccano nella cloaca. Manca costantemente la vescica urinaria. Gli organi genitali sono situati innanzi ai reni, il destro in avanti del sinistro. I testicoli sono allungatissimi; i deferenti decorrono lungo i reni, e sboccano nella cloaca nel punto in cui sboccano anche gli ureteri. Le ovaie sono molto allungate; dall'estremità anteriore hanno inizio gli ovidutti che confluiscono in una camera più o meno suddivisa in due, che poi sbocca nella cloaca.
I maschi sono provvisti di due organi copulatori, retrattili, estroflettibili, muniti spesso di spine acute o di uncini. L'accoppiamento ha luogo di solito dopo la stasi invernale; può durare da pochi minuti a varie ore e può essere ripetuto più volte.
La maggior parte degli Ofidî sono ovipari, ma molti anche ovovivipari (Viperidi in genere e molti altri di diverse famiglie). Le uova hanno involucro coriaceo e sono di solito assai allungate. Variano moltissimo tanto per dimensioni quanto per numero. I colubri europei ad es., ne depongono da 2 a 15, alcuni pitoni sino a 100. Esse vengono deposte senza alcuna cura speciale sul terreno o nelle cavità degli alberi. Soltanto le femmine di alcuni pitoni incubano le uova per varie settimane.
Il sistema nervoso centrale è sempre molto piccolo rispetto alle dimensioni del corpo; gli emisferi sono compiutamente lisci, i lobi ottici e il cervelletto hanno dimensioni molto ridotte, mentre i lobi olfattivi sono grandi e molto allungati. Il sistema del simpatico è assai poco sviluppato.
La vista è normalmente acuta. Gli occhi nella grande maggioranza degli Ofidî sono grandi e anche grandissimi, ma in alcuni, ad es. nei Tiflopidi e Leptotiflopidi, sono molto ridotti e ricoperti da squame, tanto da essere quasi invisibili. In ogni caso sono protetti da una lamella convessa trasparente simile a un vetro di orologio. La pupilla può essere rotonda, ellittica e disposta in senso verticale od orizzontale. L'organo dell'olfatto propriamente detto non sembra essere molto sviluppato. Esso è accompagnato, peraltro, dall'organo detto di Jacobson, costituito da un paio di sacchi peduncolati riccamente innervati (situati tra i sacchi nasali e la cavità orale e sboccanti dinnanzi alle coane), sacchi peduncolati i quali si suppone possano avere percezioni olfattive delle prede nel momento in cui vengono deglutite.
Il senso dell'udito è anch'esso poco sviluppato. Mancano costantemente il timpano, la cavità timpanica e i tubi di Eustachio. È presente invece la staffa ridotta a un sottilissimo bastoncello, la columella, la quale si estende dalla finestra ovale al quadrato. Essa columella peraltro è in molti casi ridottissima, trasformata in una lamella, che ricopre la finestra ovale.
Il senso del gusto non sembra essere per nulla sviluppato; la lingua ha più che altro una funzione tattile.
Altri organi di senso non bene definiti sono situati tra le narici e gli occhi nei Crotalini, nelle placche labiali di varî Boidi e nelle fossette apicali che si riscontrano nelle squame di molti Ofidî appartenenti a famiglie diverse.
Ecologia. - Secondo il genere di vita, gli ofidî possono essere suddivisi in varî gruppi.
1. Serpenti che si trattengono a lungo nelle acque (tutti i Proteroglifi Idrofini, che vengono detti perciò serpenti di mare) gli Acrocordini, Omalopsini, molti Colubridi Aglifi, varî Boidi.
2. Serpenti che vivono alla superficie del suolo e che solo occasionalmente si avventurano nelle acque o si arrampicano sugli alberi. A questo gruppo appartengono la maggioranza delle specie.
3. Serpenti arboricoli, che a preferenza vivono sugli alberi e sugli arbusti: alcuni Psammophis, Dendrophis, Dendrasphis tra i Colubridi; Atheris e varie specie di Lachesis tra i Viperidi.
4. Serpenti che conducono vita sotterranea: Tiflopidi, Leptotiflopidi, Uropeltidi, alcuni Viperidi.
A quasi tutti questi gruppi spettano forme prevalentemente attive durante il giorno o durante il crepuscolo e la notte.
Queste ultime di solito hanno la pupilla ellittica disposta in senso verticale.
Gli spostamenti sul terreno vengono compiuti principalmente mediante contrazioni muscolari e anche per mezzo di ritmici movimenti delle costole e delle squame ventrali. Le specie arboricole, che hanno sempre il corpo molto lungo e sottile e coda non di rado prensile, si arrampicano avvolgendosi attorno ai rami. In alcune specie l'arrampicamento viene facilitato dalla presenza di una distinta carenatura delle squame ventrali. Tutti gli Ofidî sono capaci di nuotare e anche di trattenersi a lungo sott'acqua. Eccellono sotto questo riguardo i Proteroglifi Idrofini.
Il cibo degli Ofidî è esclusivamente animale e consiste in vermi insetti, molluschi, miriapodi, per i serpenti che menano vita sotterranea; in uova, uccelli, sauri, anfibî per le forme arboricole; in mammiferi piccoli e grossi, uccelli, rettili, insetti, molluschi per quelle che vivono sul terreno. Alcuni si nutrono quasi esclusivamente di altri Ofidî, talvolta di dimensioni eguali o anche maggiori delle proprie. Esempio tipico quello del Mussurana [Pseudoboa cloelia (Daudin)] del Brasile, che viene diffuso per la distruzione delle specie velenose.
Come è ben noto, i Serpenti possono ingerire prede di grandezza sproporzionata alle loro dimensioni; la digestione è di solito abbastanza rapida nelle specie di piccola mole, lenta e lentissima nelle specie più grandi. Tutti i Serpenti possono rimanere per lunghissimo tempo senza assumere cibo. Nelle regioni in cui si ha un abbassamento notevole di temperatura durante i mesi invernali, gli Ofidî vanno soggetti a un periodo di letargo che trascorrono, talvolta riuniti a centinaia, in buche del terreno o nelle cavità degli alberi. Risvegliatisi ai primi tepori primaverili, subiscono la muta; questa poi si ripete varie volte durante il periodo di attività.
L'intelligenza degli Ofidî è scarsissima. La durata della vita, benché non si abbiano dati molto precisi e abbondanti, sembra essere lunga, specialmente nelle forme maggiori.
Distribuzione. - Gli Ofidî sono presenti in ogni parte del globo a eccezione della Nuova Zelanda, dell'Irlanda e dell'Islanda. Nell'emisfero settentrionale si spingono in Europa sino al 67° lat. N. (Vipera berus), in Asia sino al 60° (Vipera berus), in America sino al 52° (Natrix ordinatus). Nell'emisfero australe giungono soltanto sino al 44° lat. S. (Philodryas Scotti).
Gli Ofidî sono tra i Rettili quelli che si spingono più in alto sulle montagne; Natrix bailey è stato rinvenuto sull'Himālaya a oltre 4600 metri; la Vipera aspis è stata trovata sulle Alpi a oltre 3200 m.; Liophis aloiventris sulle Ande si rinviene sino a 3000 metri.
Il massimo numero di generi, di specie e d'individui s'incontra nella zona compresa fra i tropici, dove inoltre vivono le specie più grandi. Al di là di questi limiti, a mano a mano che ci si sposta verso il nord o verso il sud, diminuisce il numero dei generi, delle specie e degl'individui. Le regioni più ricche di Ofidî sono l'America Meridionale e l'India meridionale, in cui si riscontra inoltre il maggior numero di Ofidî velenosi. In India, benché non vi siano statistiche molto precise, si ritiene che ogni anno muoiano per avvelenamento da serpenti circa 29.000 indigeni. Nell'America Meridionale si è molto lontani dal raggiungere questa cifra, ma per avere un'idea del numero dei serpenti velenosi che vi si trovano, basta ricordare che all'Istituto Butantan, ove si preparano i sieri antiofidici, dal 1910 al 1929 incluso, furono portati oltre 160.000 serpenti, la stragrande maggioranza dei quali velenosi. Nel 1929 ne furono introdotti 19.000 di cui la parte maggiore spettava ai Viperidi. Mentre nell'America Settentrionale e Meridionale le specie velenose appartengono in massima parte ai Viperidi, in Asia si ha quasi equilibrio tra Viperidi e Colubridi Proteroglifi; e così pure in Africa. Nell'Australia, invece, mancano totalmente i Viperidi e la fauna ofidica è composta in prevalenza di Colubridi Proteroglifi.
Classificazione. - Secondo una classificazione ancor oggi accettata dalla maggior parte degli erpetologi, gli Ofidî si suddividono in 9 famiglie: Typhlopidae, Leptotyphlopidae (Glauconidae), Boidae, Ilysidae, Uropeltidae, Xenopeltidae, Colubridae, Amblycephalidae, Viperidae.
1. Typhlopidae. - Ossa craniche saldamente unite fra loro; trasverso e sopratemporale mancanti; denti presenti solo sul mascellare e disposti in una linea trasversale all'asse maggiore del cranio; tracce di bacino pelvico rappresentate da un solo osso; corpo ricoperto di squame subeguali in tutte le sue parti; occhi posti sotto le squame. Diffusione: Europa meridionale, Asia meridionale, Africa, Australia, America tropicale.
2. Leptotyphlopidae. - Differiscono dalla famiglia precedente principalmente per la mancanza di denti mascellari e per la presenza di denti nella mandibola, di ossa iliache, ischiatiche, pubiche, e di un rudimento del femore. I caratteri esterni sono simili a quelli dei Tiflopidi. Diffusione: Asia meridionale, Africa, America.
3. Boidae. - Mascellare, palatino e pterigoide mobili; sopratemporale presente; mandibola con osso coronoide; mascelle superiore e inferiore provviste di denti; tracce di bacino pelvico e di arti posteriori che terminano con una specie di unghia visibile qualche volta all'esterno ai lati della cloaca. La famiglia si suddivide in due sottofamiglie: Pytoninae, in cui si hanno l'osso sopraorbitale e spesso denti sul premascellare; Boinae, in cui mancano l'osso sopraorbitale e costantemente i denti sul premascellare. Diffusione: Boinae: Europa, Asia, Africa, Madagascar, America; Pythoninae: Africa, Australia, America.
4. Ilysidae. - Caratteri molto simili a quelli dei Boidi. La famiglia è ritenuta intermedia tra Boidi e Uropeltidi. Comprende pochi generi e specie diffusi in Asia e America.
5. Uropeltidae. - Ossa craniche saldamente unite le une con le altre. Sopratemporale assente, mandibola con osso coronoide; mandibola e mascella con denti piccoli e in scarso numero. Comprende pochi generi e specie che menano vita sotterranea. Sono diffusi nell'India e a Ceylon.
6. Xenopeltidae. - Ossa craniche saldamente unite le une con le altre; sopra temporale presente; mandibola senza osso coronoide; mascella e mandibola con denti piccoli e numerosissimi. È conosciuto un solo genere diffuso nell'Asia sud-orientale.
7. Colubridae. - Ossa facciali molto mobili, prefrontale non in contatto col nasale; il sopratemporale dà appoggio al quadrato. Mascellare orizzontale; mandibola senza osso coronoide; mascellare e mandibola con denti.
I Colubridi si suddividono in tre serie: a) Aglifi, con tutti i denti pieni: b) Opistoglifi, con uno o più denti scanalati situati nella parte posteriore del mascellare, c) Proteroglifi, con uno o alcuni, ma sempre pochi, denti a doccia con i bordi più o meno compiutamente ravvicinati e saldati, situati all'estremità anteriore del mascellare.
La famiglia comprende la maggioranza degli Ofidî. La sottofamiglia più grande degli Aglifi, Colubrinae, è diffusa in tutto il mondo ad eccezione della Tasmania. La sottofamiglia più grande degli Opistoglifi (Dipsadomorphinae) è diffusa in Europa, Asia, Africa, Australia, America. I Proteroglifi sono suddivisi in due sottofamiglie: Hydrophinae a vita marina, caratteristici per la forma della coda alta e compressa lateralmente; Elapinae con coda cilindro-conica e a vita terrestre. Tutti i Proteroglifi sono altamente velenosi. Gl'Idrofini sono diffusi nell'Oceano Indiano e nel Pacifico; gli Elapini in Asia, Africa ad eccezione del Madagascar, parte dell'America Settentrionale e Meridionale. In Australia costituiscono la grande maggioranza della popolazione ofidica.
8. Amblycephalidae. - Ossa facciali poco mobili, pterigoide corto e non esteso sino al quadrato; sopratemporale rudimentale, mandibola senza osso coronoide. Denti pieni sulla mascella e mandibola. Pochi generi e specie diffusi in Asia e America.
9. Viperidae. - Ossa facciali molto mobili; il sopratemporale dà appoggio al quadrato; mascellare cortissimo, erettile, portante solo pochi denti lunghi e canalicolati. Mandibola senza osso coronoide. La famiglia si suddivide in due sottofamiglie, Viperinae e Crotalinae, facilmente distinguibili l'una dall'altra per la presenza, nei componenti della seconda, di una profonda fossetta in ambedue i lati del capo e situata tra le narici e gli occhi. Diffusione Viperinae: Europa, Asia, Africa ad eccezione del Madagascar; Crotalinae: Europa sud-orientale, Asia, America.
V. tavv. LXXI e LXXII.
Paleontologia. - Le notizie che si hanno intorno agli Ofidî delle epoche passate sono scarse e anche incerte, poiché gli avanzi fossili consistono, nella quasi totalità, di vertebre difficilmente determinabili con esattezza. È dubbio se rappresentanti di questo sottordine fossero già comparsi nel Cretacico; certo è invece che erano presenti nel basso Eocenico. I resti identificabili con una certa sicurezza appartengono tanto a Ofidî non velenosi (Boidi, Ilisidi, Paleofidî, Colubridi), quanto ai Viperidi, sia Viperini, sia Crotalini, trovati entrambi in giacimenti miocenici.
Data la scarsezza di resti fossili, ogni ipotesi circa la filogenesi è assai problematica; tuttavia varî argomenti fanno supporre che i Boidi, e specie i Pitoni, possano essere il gruppo più antico, dal quale sarebbero derivati tutti gli altri serpenti, tranne forse i Tiflopidi e Leptotiflopidi. Secondo il Boulenger la filogenesi degli Ofidî si potrebbe riassumere nel seguente schema, da cui appare che i Viperidi sono i più recenti e che non sono derivati dai Proteroglifi, ma dagli Opistoglifi:
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Tossicologia. - Si distinguono fondamentalmente due sindromi riferibili alla diversa natura del veleno inoculato dai serpenti. Il veleno dei Colubridi (tipo Naja tripudians) si differenzia per costituzione chimica e azione farmacologica dal veleno dei Viperidi (tipo vipera). Per inoculazione del primo predominano sintomi generali a carico del sistema nervoso; il secondo per contro esercita prevalentemente un'azione irritante locale. La dose letale è piccolissima per entrambi, bastando per lo più pochi milligrammi. La causa dell'avvelenamento risiede in genere in una morsicatura su una parte scoperta. Le azioni farmacologiche fondamentali si estrinsecano con emolisi; infiammazione emorragica, paralisi dello splancnico e vasodilatazione addominale, azione curariforme sui muscoli respiratorî e sul diaframma indipendentemente dagli altri muscoli scheletrici, paralisi centrale.
Tali veleni, quali la ofiotossina, la crotalotossina, presentano notevole affinità farmacologica con le saponine. Il morso del cobra è quasi indoloro: i sintomi tossici s'affermano e progrediscono con grande rapidità; quando il veleno sia stato accidentalmente inoculato in una vena la morte è quasi fulminea. Un senso di torpore, d'intormentimento si diffonde dal punto d'inoculazione a tutto il corpo: una profonda astenia e sonnolenza invade l'individuo, mentre rapidamente s'appalesano i segni di paralisi respiratoria, con dispnea intensa; il polso prima frequente diventa raro, piccolo, filiforme; compare singhiozzo, vomito, perdita di coscienza e coma, con emissione involontaria di feci e urine; l'addome è meteorico. La morte per sincope cardiaca avviene quando già il respiro è arrestato e l'ammalato giace in profondo coma. L'esito letale è immancabile se non si ricorre all'inoculazione del siero antineurotossico di Calmette, il quale neutralizza l'azione delle neurotossine; contro l'azione delle tossine irritanti possono bastare i comuni mezzi chimici.
Per la morsicatura di vipera s'osservano anzitutto imponenti fenomeni locali, espressione di una violenta reazione infiammatoria: la regione è rossa, tumida, dolentissima; i muscoli della zona colpita sono in stato di contrattura dolorosa di crampo. Questi fenomeni possono, nei casi miti, rappresentare tutta la sindrome e durare parecchi giorni. S'accompagnano altri fatti, quale aridità delle fauci, sete, reazione congestizia delle mucose con emorragie multiple, espressione della tossiemia; questa, se grave, induce in uno stato di stupore, sonnolenza, anestesia, incoscienza; succede quindi la paralisi respirator;a e infine quella cardiaca.
La terapia dell'avvelenamento da morso di Viperidi, se necessita anch'essa, singolarmente avvantaggiandosene, un trattamento antitossico - e il siero antineurotossico è anche qui efficace a impedire le lesioni degli organi nervosi centrali - pure nella maggior parte dei casi, si deve limitare alle cure locali, capaci di efficaci compensi. Queste si rivolgono tutte a impedire o rallentare la diffusione della sostanza velenosa, e distruggerla in sito mercé l'aiuto di agenti chimici. Arrestare la circolazione dell'arto, favorire la emorragia della ferita con sbrigliamenti e succhiamenti; lavaggi con soluzioni ossidanti (permanganato potassico al 5-10%) o con acqua ossigenata. Pare ormai provata l'efficacia d'iniezioni tutt'attorno al focolaio di pochi centimetri cubici di soluzione acquosa di permanganato potassico 1% o cloruro d'oro 10%. Le cure generali sono rivolte a combattere lo stato depressivo e la minacciata paralisi del centro circolatorio e respiratorio. Oltre ai soliti eccitanti è da raccomandarsi l'ammoniaca per iniezioni ipodermica ed endovenosa (10-20 gocce di ammoniaca in eguale quantità di acqua sterilizzata). Contro una grave depressione del centro respiratorio può valere la lobelina per iniezioni.
Il veleno dei serpenti in terapia. - Recentemente (1929) A. Calmette ha suggerito l'uso del veleno del cobra (Naja tripudians) nella cura delle nevralgie di origine cancerosa e del cancro stesso. Ciò avvenne in rapporto all'osservazione di un medico americano (Monaelesser di New York) che notò l'inaspettata attenuazione dei dolori nevritici di un lebbroso morso a Cuba da una tarantola. Fu prescelto il veleno del cobra perché è uno dei veleni di origine animale meglio studiati biologicamente e contiene una notevole quantità di neurotossina, che sembra possa essere l'elemento più attivo per lo scopo richiesto.
Il veleno del cobra è costituito da tossialbumine che ricordano quelle di veleni di altri animali (api, scorpione, tarantola) o alcune tossine microbiche (difterite, tetano) o veleni di origine vegetale (ricina). Secondo le analisi fisiologiche più recenti, oltre alla neurotossina si possono dimostrare sostanze o proprietà di azione fisiologica differenti, cioè: una fosfodiastasi (che avrebbe importanza nella lisi dei tumori), una batteriolisina, una diastasi proteolitica, una cinasi (fermento necessario ai normali processi digestivi del serpente), una citolisina, un'emolisina, un'emorragina e una trombasi, il contenuto in neurotossina varia secondo circostanze diverse nei varî campioni i quali tutti contengono notevole quantità di germi. Il veleno impiegato in terapia dev'essere reso asettico e privato di qualunque azione emolitica ed emorragipara; inoltre deve avere un dosaggio costante. Si è scelta a questo scopo la titolazione biologica (Ch. Taguet, R. Dumatras); si chiama cobratossina la sospensione colloidale di veleno purificato, dosata in unità topo (U. S. = unité souris). S'intende con questa unità la quantità minima di veleno sufficiente per uccidere un topo bianco (uno degli animali più sensibili all'azione del veleno) del peso di 25 grammi.
Nel marzo 1933 A. Gosset, riferendo all'Académie de médecine su 115 cancerosi trattati con il veleno del cobra, dimostrò che detto veleno a minime dosi e progressivamente crescenti ha netta azione analgesica sulle dolorosissime nevralgie cancerose. In qualche caso sembrò anche avere un'azione ritardante lo sviluppo del tumore maligno. Un effetto curativo innegabile fu dimostrato dal Calmette per il cancro sperimentale del topo, lesione però che non si può identificare senz'altro con il cancro dell'uomo. L'azione antialgica della cobraterapia nel cancro è di durata incomparabilmente più lunga di quella ottenuta con altri mezzi, compresa la morfina e gli oppiacei in generale. Conviene iniziare la cura con dosi deboli (21/2 U. S.) saggiando la sensibilità particolare del soggetto; le iniezioni debbono essere praticate per via ipodermica e non intramuscolare (essendo il veleno del cobra assai poco diffusibile) a intervallo minimo di tre giorni e più lungo (5-8 giorni e più) dopo ottenuta la sedazione del dolore. Sono incompatibili con l'uso del cobraveleno i sali d'oro e d'argento e lo iodio adoperato per via interna ed esterna.
Il Calmette pensò che l'azione del veleno possa essere messa in rapporto con l'affinità particolare che esso possiede con certi fosfatidi e particolarmente con la lecitina che entra nella composizione della cellula nervosa. Il formarsi di questo particolare complesso chimico (veleno-lecitina) sopprimerebbe la sensibilità al dolore senza nuocere alla conduzione motrice.
La moderna cobraterapia sembra possa ricollegarsi all'antichissimo uso nell'Egitto dei Faraoni del brodo e della carne di serpente nella cura della lebbra. Attualmente si va estendendo il campo delle applicazioni terapeutiche del veleno del cobra anche a forme dolorose di origine diversa da quella cancerosa (nevriti, radicoliti, contratture, spasmi, ecc.). Il veleno del cobra è preparato in fiale di vetro giallo ricoperte di carta nera; conserva la sua titolazione biologica per 120 giorni al minimo e anche oltre sei mesi se conservato in frigorifero.