Vedi SERRA DI VAGLIO dell'anno: 1966 - 1997
SERRA DI VAGLIO (v. vol. VII, p. 214)
La ricerca archeologica condotta sul pianoro centrale della collina Serra San Bernardo di Vaglio consente di definire meglio la fisionomia dell'insediamento e le trasformazioni che caratterizzano i diversi periodi della sua esistenza.
Una prima occupazione del territorio è documentata su una terrazza ai piedi della collina, lungo il versante NO, dove vennero recuperati molti frammenti di impasto e oggetti litici riferibili all'orizzonte del Neolitico Antico e Medio (cultura della ceramica impressa e cultura di Diana).
L'insediamento della «Ciscarella» sembra rivitalizzarsi nell'Età del Bronzo Medio, evidenziato da una serie di frammenti d'impasto riferibili alla cultura appenninica, mentre una maggiore quantità di ceramica pertinente all'orizzonte del Bronzo Finale e dell'Età del Ferro Inizîale sembra adombrare una continuità di occupazione della terrazza inferiore.
La frequentazione del pianoro sulla sommità della collina è invece attestata a partire soltanto dall'Età del Bronzo Finale con frammenti di impasto nero-lucido nelle forme biconiche o nelle ciotolette a orlo rientrante con decorazione a costolature.
La documentazione materiale diventa molto più abbondante e articolata con l'Età del Ferro, quando il pianoro viene occupato da un insediamento stabile con capanne, generalmente a pianta rotonda e portichetto antistante, acciottolato interno ed elevato in stramineo ricoperto da un sottile intonaco biancastro attestato chiaramente da un frammento riutilizzato come copertura di una sepoltura del periodo successivo. Accanto alla ceramica d'impasto fa la sua apparizione la ceramica figulina, lavorata al tornio e decorata in monocromia con il motivo della «tenda», rapportabile, per tipologia delle forme e motivo decorativo, alla ricca produzione dell'area materana e del Vallo di Diano. La produzione sul pianoro della ceramica a tenda è provata dal rinvenimento di una struttura funzionale, molto probabilmente una fornace, con numerosi frammenti di scarto di lavorazione; la ceramica a tenda costituisce, sulla S., il «fossile guida» dei livelli di VIII sec. a.C., insieme a una ricca tipologia di fibule e oggetti di bronzo (la fibula a occhiali, ad arco serpeggiante, a occhiello, ad arco rivestito d'ambra).
Nella seconda metà del VII sec. a.C. questa prima occupazione sul pianoro subisce una trasformazione e una sovrapposizione la cui testimonianza materiale è data da una serie di sepolture che occupano gli spazi precedentemente destinati alle capanne abitative.
Gli oggetti che compongono i corredi rivelano una differenziazione socio-economica dei gruppi all'interno della comunità e l'emergere di un'aristocrazia che connota il suo rango attraverso le armi (la spada, la lancia, il coltello) o meglio manufatti di lusso provenienti dai centri greci della costa. I più antichi materiali di importazione sono esemplificati da una kỳlix con fascia risparmiata di probabile produzione sirita e da uno splendido pomello di fuso in avorio, con testine di pantere, uno dei rarissimi oggetti dell'Orientalizzante in un contesto indigeno della seconda metà del VII sec. a.C.; entrambi provengono da corredi funerari piuttosto eccezionali. Questi elementi costituiscono il primo tangibile segno dei contatti con le genti greche della costa ionica.
Tra la fine del VII e gli inizî del VI sec. a.C., il nucleo indigeno sulla S. si trasforma sensibilmente, e diventano chiari i segni di una recezione culturale di modelli e forme dall'ambito greco-coloniale.
Emblematico di questo processo di trasformazione è l'edificio che viene costruito nella vallata di Braida, alle pendici orientali del colle, alla confluenza di una serie di percorsi naturali e accanto a una ricca sorgente d'acqua.
Negli anni '50 vennero recuperate, private del loro contesto di appartenenza, un numero cospicuo di «lastre fittili» figurate che entrarono subito nella bibliografia archeologica con l'etichetta di «fregio dei cavalieri». Soltanto negli anni '70 venne realizzato un primo breve sondaggio esplorativo che consentì di individuare la struttura a cui appartenevano le «lastre dei cavalieri» recuperandone altre nella originaria posizione del crollo, in associazione ai materiali ceramici che ne hanno consentito una migliore puntualizzazione cronologica. L'edificio presenta una planimetria molto semplice, grosso modo rettangolare, mentre molto più complesso doveva essere il sistema di copertura composto da due serie di «cassette» fittili, da tegole ed embrici semicircolari, da frammenti acroteriali dipinti e plastici. Le lastre di rivestimento presentano i gomiti orizzontali, a doppio squadro, per l'immorsatura alla travatura lignea e sono decorate, una serie con la doppia treccia plastica di tipo siceliota e l'altra da una scena figurata articolata su due lastre che, ripetute a coppia, formano un fregio continuo. La raffigurazione presenta due guerrieri armati di una lunga lancia, con largo scudo rotondo ed elmo, pronti al duello mentre dietro segue il palafreniere, non armato, vestito semplicemente con un corto gonnellino, che conduce la coppia di cavalli affiancati. Sia il sistema strutturale, sia quello figurativo riconducono all'ambiente ionico dell'Italia meridionale e riportano a un gruppo coerente di monumenti (i c.d. fregi fittili figurati) rinvenuti a Siris, Metaponto, Paestum che trovano riscontro da un lato nell'area microasiatica, dall'altro in quella etrusca. Sembra molto probabile che gli esemplari magnogreci costituiscano l'elemento di mediazione tra mondo ionico e mondo etrusco: in questo quadro le lastre di Vaglio segnano una tappa significativa lungo il percorso Siris-Metaponto-Poseidonia e di qui verso l'Etruria. Il sistema figurativo delle lastre di Vaglio, dove viene enfatizzato un ruolo bellico ed eroico e dove l'esposizione della panoplia e del cavallo conserva una forte componente ideologica elitaria, si ritrova identico su alcuni frammenti di rivestimento fittile recuperati nel santuario di S. Biagio alla Vennella, a 6 km da Metaponto, che presentano la stessa enfatizzazione del ruolo bellico accentuato, per altro, dalla presenza del cavallo alato. È evidente che le immagini raffigurate sulle lastre vanno intese, nella loro giusta valenza, in relazione ai fruitori del santuario di S. Biagio o dell'edificio «cultuale» di Braida. Tuttavia, mentre i materiali recuperati nel santuario del territorio metapontino ne definiscono chiaramente la funzione santuariale e la natura puramente greca, per Braida di Vaglio la situazione è ben diversa; la gran massa del materiale recuperato infatti è ceramica d'uso comune, per lo più impasto, e ceramica geometrica «bicroma»; i pochi frammenti di «coppe a filetti» di produzione coloniale rappresentano una piccola percentuale mentre mancano del tutto oggetti votivi o materiali significativi, tali da poter definire funzioni e caratteri dell'edificio. La cultura materiale è prettamente indigena mentre le tecniche struttive dell'insieme sono greche. Molte le ipotesi interpretative proposte, che vanno dalla semplice presenza di maestranze metapontine al lavoro per una committenza indigena, a una vera e propria presenza-dominio metapontina, alla conquista di un nodo viario di estrema importanza nel percorso verso il Tirreno. La struttura di Braida, certamente di impronta greca, aveva caratteri e funzioni complesse, integrate comunque in una realtà indigena che, a contatto con il mondo coloniale, si andava strutturando e articolando al suo interno con la formazione di gruppi elitari che, proprio attraverso l'acquisizione di forme e modi «stranieri» segnano il proprio prestigio e il proprio ruolo. Sul pianoro è intorno alla metà del VI sec. a.C. che fanno la loro prima apparizione terrecotte architettoniche di tipo greco (Blattstabsima) mentre è negli anni finali del VI sec. che il pianoro sulla collina viene occupato da più di un edificio decorato con terrecotte architettoniche dipinte (sima traforata). Le sepolture che occupano l'area almeno fino alla metà del VI sec. a.C. diminuiscono notevolmente e, soprattutto, non sembrano più interessare lo spazio centrale che verrà segnato da un largo asse E-0 la cui funzione rimarrà inalterata almeno fino alla fine del IV sec. a.C. Nel corso del V sec. gli edifici aumentano sensibilmente con una planimetria omogenea e sempre con una decorazione fittile dei tetti; la casa a pianta allungata, rettangolare con una divisione interna e un portico antistante, ha un largo zoccolo in muratura a secco e l'elevato in pisé·, il tetto, pesante, con tegole e coppi semicircolari è a doppio spiovente con kalyptères hegemònes a duplice e triplice costolatura ed è decorato da diversi tipi di sime, di cui la più diffusa è la c.d. sima a canale dipinta con motivi geometrici e completata, sui lati lunghi, da antefisse gorgoniche distinte in almeno dodici tipi differenti. Le terrecotte architettoniche, che costituiscono la peculiarità dell'insediamento di Vaglio, derivano tutte da prototipi e matrici metapontini, ma ne è documentata la produzione sul pianoro già alla fine del VI sec. grazie al rinvenimento di una fornace, quasi del tutto distrutta, e di un deposito annesso con un considerevole numero di «cassette» pronte per essere completate nella decorazione dipinta a meandro curvilineo; frammenti di matrici, di elementi mal cotti e le molte rielaborazioni e interpretazioni locali completano la documentazione di una produzione sul sito delle terrecotte architettoniche. Il buon livello di strutturazione socio-economica raggiunto dalla comunità sulla S. è largamente documentato anche dalla maggiore presenza di materiali importati dalla costa; per il VI sec. diventano molto più frequenti le c.d. coppe ioniche mentre agli anni finali del V sec. a.C. appartiene il cratere del Pittore di Talos con la rappresentazione, quanto mai rara, delle nozze di Elena e Teseo alla presenza di Leda e di Poseidon e con Piritoo in funzione di gamostòlos; i personaggi sono designati da iscrizioni in rosso diluito segnate prima della cottura.
Le tombe, a fossa, con inumato rannicchiato in cassa lignea e copertura a tumulo si dispongono sul vasto pianoro di Braida, alle pendici orientali del colle San Bernardo, a una certa distanza dall'edificio arcaico c.d. dei Cavalieri e a monte di esso; sono state esplorate, finora, sei sepolture maschili e tre femminili tutte corredate da numerosi oggetti metallici, ceramiche locali e importate e gioielli.
Le sepolture maschili sono caratterizzate dalla notevole presenza delle armi e degli elementi bronzei relativi all'armatura e bardatura di cavalli; sono documentati, per la panoplia offensiva e difensiva, elmi di tipo corinzio, schinieri, punte di lancia, spade, cinturoni, tre scudi oplitici con Schildbänder finemente lavorate a sbalzo, rapportabili, per tipologia e motivi figurativi alla notissima serie di Olimpia. Rilevante e piuttosto rara la presenza della bardatura in bronzo per cavalli, attestata da prometopìdia e prosternopìdia con lavorazione a sbalzo e incisione nonché da numerosi elementi di cinture. Costante la presenza del lebete in bronzo, di numerosi bacini a bordo pedinato o a treccia sbalzata, nonché del tripode, degli spiedi e degli alari; ricca la serie di vasellame bronzeo proveniente, con ogni probabilità, da officine etrusco-campane. Consistente ê la presenza di ceramica attica figurata, soprattutto di coppe, e, nelle tombe femminili, pregevoli sono i gioielli - tra cui spicca un bellissimo diadema a lamina d'oro decorata a sbalzo - e le ambre, in lavorazioni semplici (vaghi di collane) o elaborate; tra queste ultime, considerevole è una placca figurata con sfinge alata.
Le profonde trasformazioni che investono la Lucania antica sullo scorcio del V sec., a causa della pressione esercitata da gruppi sanniti in espansione, trovano a Vaglio un segno tangibile nell'esplosione dell'abitato e in una nuova forma di organizzazione politico-militare dello spazio occupato; gli ampi e lineari edifici della metà del V sec. vengono riutilizzati, ristretti, tagliati, obliterati nella necessità di utilizzazione dello spazio che determina restringimenti e sovrapposizioni complesse. Vengono inoltre realizzate opere impegnative quali una splendida canalizzazione del pianoro centrale e tutta la collina viene recintata da una possente cinta fortificata costruita con tecnica greca, in blocchi squadrati e tagliati, disposti a filari isodomici e segnati da lettere di cava di tipo greco. La fortificazione di Vaglio, individuata negli anni '50 ma solo in questo ultimo decennio esplorata sistematicamente, cinge il colle per tre lati ed ê a doppia cortina con paramento anteriore in facciavista; briglie di collegamento con la cortina posteriore sostengono un largo èmplekton. Due sono le porte individuate, sul versante occidentale e su quello orientale; entrambe sono a vano rettangolare, preceduto da un corridoio. La porta occidentale, in un rifacimento databile nella seconda metà del IV sec., viene ridotta a corridoio con l'aggiunta di due stretti vani laterali e di una piccola torretta che si va a sovrapporre, restringendola, sulla soglia e su uno dei cardini della prima fase della porta, che i materiali consentono di datare ancora nel corso della prima metà del IV sec. a.C.
I crolli, caratterizzati da profonde tracce di un violento incendio, obliterano entrambe le porte nei decenni finali della prima metà del III sec. a.C., momento al quale va attribuita anche la distruzione dell'abitato sul pianoro. Lungo il versante occidentale della fortificazione venne recuperato negli anni '60 un blocco con l'iscrizione dell’archè di Nymmelos: alfabeto e lingua sono greci mentre il nome, italico, così come la magistratura, designa un comandante supremo di un gruppo etnico che si riconosce in un capo politico-territoriale soprattutto nei casi di emergenza (cfr. Strab., VI, 1,3).
La designazione di una magistratura in carica al momento dell'edificazione delle mura adombra un'organizzazione sociale e politica che è l'espressione di una nuova identità etnica la quale, pur nelle diversità cantonali, si riconosce in un centro politico, sulla S., e in quello religioso a Macchia di Rossano. Sul pianoro le case si infittiscono; l'unità abitativa è nota nel suo insieme, ma diversificata nelle planimetrie: lì dove vengono riutilizzati gli edifici del V sec. essa si presenta articolata in due ambienti di cui uno caratterizzato come deposito per le derrate alimentari con un certo numero di grossi pìthoi e anfore e l'altro come vano cucina con focolare, telaio, loutèrion e strutture funzionali.
I tetti delle case conservano ancora la decorazione fittile, seppure ridotta a pochi elementi quali semplici tegole di sponda dipinte, antefisse a palmetta e kalyptères hegemònes; permane la tipologia della sima a canale che viene però lasciata acroma. Le poche monete rinvenute, tutte di zecche italiote, confermano rapporti commerciali con Metaponto, Taranto, Thurii e Velia mentre alcuni frammenti di crateri a figure rosse di officina lucana documentano la costante presenza di prodotti provenienti dalle botteghe della costa ionica. Peculiare dell'armamento è ora il cinturone di tipo sannitico attestato da numerosi frammenti di ganci in bronzo che rientrano in una tipologia di pieno IV sec. a.C. Nel corso del IV sec. l'abitato di Vaglio costituisce uno dei siti chiave per capire l'organizzazione e lo strutturarsi dell’èthnos lucano, centro politico che costruisce e impianta il suo nucleo religioso a Macchia di Rossano, a circa 3 km dalla collina della S. in una radura ricca di sorgenti.
La documentazione materiale di Rossano non risale al di là della metà del IV sec. a.C., al momento cioè della massima espansione e organizzazione politica dell'insediamento sulla S. che segna così, accanto alla fortificazione e alle opere pubbliche, in maniera molto più significativa, perché nella sfera del sacro, una volontà di aggregazione delle diverse tribù cantonali che riconoscono la magistratura di Nymmelos e il ruolo politico preminente dell'abitato posto sulla collina della S. che controlla, tra l'altro, i tratturi che conducono al santuario.
La guerra annibalica e lo scontro con Roma hanno effetti devastanti sull'abitato, distrutto radicalmente. Viene invece completamente risparmiato il santuario che anzi conosce un momento di maggiore floridezza proprio nella seconda metà del III sec., evidenziando la diversa politica adottata da Roma che distrugge il centro politico, trasportando l'aggregazione «urbana» nella nuova colonia latina di Potentia agli inizî del II sec. a.C. e rivitalizza il santuario, che costituisce invece il punto di mediazione tra un mondo lucano frantumato e sottomesso e il nuovo potere imposto da Roma.
Bibl.: G. Greco (ed.), Serra di Vaglio. La Casa dei pithoi, Modena 1991 (con raccolta bibliografica completa dal 1832 al 1991); A. Bottini, E. Setari, Vaglio di Basilicata. Località Serra S. Bernardo. Contrada Braida. Basileis? I più recenti rinvenimenti nell'area delle necropoli: risultati, prospettive e problemi, in BA, 16-17, I992, p. 207 ss.; A. Bottini, in Atti del XXXIV Convegno di Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1994, in corso di stampa.