serrare
Il senso proprio di " chiudere " è sostanzialmente comune a tutte le occorrenze del verbo, che però si piega a valori molteplici, determinati dai vari contesti. Vari anche i costrutti, fra cui, abbastanza frequente, quello del participio con valore predicativo.
Il verbo ricorre sempre in poesia, con l'unica eccezione di Cv IV XVI 1 serrata è la bocca di coloro che parlano le inique cose (cfr. Ps. 62, 11 " obstructum est os loquentium iniqua ").
Nel senso proprio di " chiudere " è detto del tempio di Giano che fu serrato durante l'impero di Augusto (a testimonianza della pace di cui il mondo godeva: Pd VI 81), e dei sepolcri degli eretici che dopo il giudizio universale saran serrati (If X 10), mentre ora son levati / tutt'i coperchi (vv. 8-9). Due volte s. si riferisce alla porta del Purgatorio: da s. Pietro, che gliene ha consegnate le chiavi, l'angelo guardiano ha avuto la raccomandazione di ‛ errare ' anzi ad aprir ch'a tenerla serrata, perché " Iddio mescola sempre la misericordia con la giustizia " (Landino, a Pg IX 128; cfr. anche XXVIII 102, con costrutto impersonale). Da ricordare la cattiva lezione dell'Aldino in If XIV 87 lo cui sogliare a nessuno è serrato (in luogo di negato).
Il senso proprio si conserva anche nei contesti figurati di Pd III 43 (La nostra carità non serra porte / a giusta voglia: fuor di metafora, " non nega accoglimento e soddisfazione a onesto desiderio ", Scartazzini-Vandelli) e di Rime CIV 106 camera di perdon savio uom non serra, / ché 'l perdonare è bel vincer di guerra (per l'uso metaforico di camera, i commenti rimandano a Vn II 4). Si noti che serra rima sempre con guerra (Rime C 61 e CXVI 82; in quest'ultimo luogo il Pézard preferisce leggere " ferra "), con terra (CXVI 78) o con entrambi (If IX 108, Pg VI 84, Pd XVIII 129 e XXV 4).
In un certo senso analoga a quella dell'angelo guardiano è la potestà assegnata dalla Chiesa al pontefice. Per indurre ai suoi voleri Guido da Montefeltro, Bonifacio VIII gli fa balenare la minaccia della scomunica (Bosco), ricordandogli che ha il potere di serrare e diserrare il cielo, servendosi delle due... chiavi che Celestino V non ebbe care (If XXVII 103; cfr. Matt. 16, 19). La stessa contrapposizione di s. a ‛ diserrare ', ancora in contesto figurato, nelle parole di Pier della Vigna: Io son colui che tenni ambo le chiavi / del cor di Federigo, e che le volsi, / serrando e diserrando, sì soavi, / che... (If XIII 60): " sì come le chiavi aprono e serrano i serrami, così io apriva il volere e 'l non volere dell'animo di Federigo ", parafrasa il Boccaccio. Anche il cuore del poeta si trova / serrato forte, ma in tutt'altro senso: l'ingresso ne " è chiuso dalla freccia che Amore gli scagliò... e a nessuno è permesso di entrare, fuorché ai messaggeri d'Amore che lo sanno aprire per volontà di lui che l'ha chiuso " (Barbi-Maggini, a Rime L 57 e 61).
Il verbo è adibito anche a indicare la ‛ chiusura ' operata dal freddo, che " stringe " una distesa di acqua stagnante facendola ghiacciare: l'acqua morta si converte in vetro / per la freddura che di fuor la serra (Rime C 61; cfr. If XXXII 23-24); del pari, la ghiaccia in cui sono puniti i traditori è il luogo dove Cocito la freddura serra, " dove il freddo ristringe in gelo le acque di Cocito " (Venturi, a If XXXI 123).
Altrove s. indica un " chiudere " che si precisa in un " limitare " (l'orlo di pietra ... serra il sabbion dove sono puniti i violenti, If XVII 24; e cfr. XX 62 l'Alpe che serra Lamagna), o in un " contenere ": io... avea di riguardar disio la condizion che tal fortezza serra, " chiude, contiene entro le mura " (Scartazzini-Vandelli, a If IX 108; analogamente, gli abitanti di una città sono quei ch'un muro e una fossa serra, Pg VI 84); si aggiunga, detto dell'aria, l'occorrenza di Pg VIII 51 Temp'era già che l'aere s'annerava, ma non sì che tra li occhi suoi e ' miei / non dichiarisse ciò che pria serrava, " non rivelasse... ciò che prima, per la maggiore distanza, teneva chiuso tra gli occhi suoi [di Nino Visconti] e i miei " (Chimenz).
Quando s. è riferito a persona, dal senso di " chiudere " consegue quello di " tener prigioniero ", in contesti figurati: Amor... / m'ha serrato... / più forte assai che la calcina petra (Rime CI 17; Fiore CCXXVI 11, da accostare all'impregionata del v. 9. si noti che ‛ serra ' nel senso di " prigione " si trova nei poeti della Scuola siciliana: " Che sia preso a reo lazo, / giudicato di serra ! " [Quando la primavera 63, in Panvini, Rime 509]). Così la locuzione ‛ s. fuori ' significa " tenere escluso, in bando ": D. la usa con riferimento al proprio esilio, nel congedo della canzone montanina, che incarica (forse vedrai Fiorenza, la mia terra, / che fuor di sé mi serra) di riferire che in Lunigiana, dove il poeta si trova, una catena il serra / tal, che se piega vostra crudeltate, / non ha di ritornar qui liberiate (Rime CXVI 78 e 82; in quest'ultima occorrenza si allude ancora a una ‛ prigionia ' di Amore). Il passo sarà puntualmente riecheggiato nell'esordio del c. XXV del Paradiso: Se mai continga che 'l poema sacro / ... vinca la crudeltà che fuor mi serra / del bello ovile... (v. 4).
Con estensione semantica in diversa direzione, s. assume il valore di " rifiutare ", " negare ": il pane spirituale è quello che 'l pïo Padre a nessun serra, " imperò che Iddio ad ogni uno, ch'elli vuole, concede li suoi sacramenti che sono lo pane spirituale de' fedeli cristiani " (Buti, a Pd XVIII 129). È comunemente accettata l'opinione del Parodi, che qui si alluda alla scomunica comminata da Giovanni XXII a Cangrande della Scala (in " Marzocco " 10 apr. 1910, poi in " Bull. " XVIII [1911] 73). V. anche RISERRARE.