SERRATURA (gr. κλεῖϑρον; lat. sera, claustrum; fr. serrure; sp. cerradura; ted. Schloss; ingl. lock)
La serratura, intesa come elementare mezzo meccanico di chiusura e di sicurezza, foggiata in forma di gancio o di paletto o altro, pur non essendovene tracce preistoriche, risale senza dubbio ai primordî della civiltà.
Con certezza si può affermare che l'antico Egitto aveva conoscenza del meccanismo di chiusura a mezzo di paletti di legno scorrevoli e spostabili con una chiave rudimentale: una primitiva serratura, che risale al tempo di Rameśśêśe II, e cioè circa al 1250 a. C., si trova, ad es., nel museo di Berlino. La serratura di legno era già nota anche in Mesopotamia intorno al 2000 a. C. Sigilli dell'epoca (vedi babilonia e assiria, V, illustrazioni a p. 766) raffigurano il dio Sole reggente nella mano sinistra la chiave a otto denti. Nella tomba egiziana dell'architetto Cha (museo di Torino) si osserva un paletto di legno che, tirato dall'esterno per mezzo di una cordicella, subito dopo recisa, chiudeva per l'eternità la porta della sepoltura. Frequenti gli accenni nella Bibbia, che dimostrano essere stata la serratura, presso gli Ebrei, oggetto di uso corrente (Giudici, III, 23; Neemia, III, 3; Ecclesiastico, XLIX, 15; Baruch, VI, 17; Cantico dei Cantici, V, 4). Un tipo primitivo di serratura rivelato dalla riproduzione che se ne ha nelle urne a capanna consiste in una stanga metallica che attraversa porta e stipiti (Vetulonia). Sebbene, secondo Plinio (VII, 198), gli antichi attribuissero al famoso costruttore e inventore del sec. VI a. C., Teodoro di Samo, l'invenzione della serratura, i poemi omerici (Iliade, XIV, 168; Odissea, XXI, 6-7, dove, anzi, si allude precisamente alla chiave di bronzo) stanno a dimostrare che già prima la serratura di metallo era conosciuta al mondo greco. Un sistema di chiusura che troviamo ricordato da Omero, e vediamo usato a Cnosso, a Festo, a Troia, a Tirinto, a Micene, e il cui impiego si ritrova a Pompei e non si può dire del tutto abbandonato neppure oggi, consiste in una trave orizzontale, inserita in due buchi piaticati negli stipiti, e rinforzata qualche volta da travicelli verticali o da una trave obliqua fissata solidamente al suolo con un'estremità. Una serratura vera e propria è quella ricordata p. es. in Odissea (XXI, 6-7): una chiave serviva per far scorrere il paletto di chiusura interno in un senso per aprire; una correggia fissata sul paletto e portata all'esterno serviva per far scorrere il paletto nel senso inverso e quindi per chiudere. Un nodo segreto poteva servire a garantire maggiormente la chiusura. Nel secolo V a. C. si trova diffuso in Grecia un tipo di serratura destinato ad avere grande diffusione in tutto il mondo antico: in esso la chiusura è assicurata da cavicchi scorrevoli che a un certo punto della corsa del paletto vengono automaticamente a cadere in altrettanti fori del paletto stesso; per aprire bisognava liberare questi fori dai cavicchi, e a ciò provvedeva una chiave detta laconica, alquanto simile alle nostre, che aveva tanti denti quanti erano i fori da liberare. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce parti di serrature di rame e di bronzo appartenenti alla civiltà ellenica, ma il materiale archeologico di gran lunga più ricco è quello romano. I meccanismi di serratura romana (sera) rinvenuti, stanno a dimostrare il grado di evoluzione raggiunto, nell'antichità classica, dalla serratura, che, partita dal primordiale arresto di legno, giunse ai tipi di meccanismo metallico a mandata di chiave, sia maschia sia femmina, con il sussidio di molle, proprio dell'età imperiale. I Romani giunsero a fabbricare anche serrature minuscole, tanto che la chiave si portava attaccata agli anelli delle dita. Particolarmente notevoli e istruttive sono le collezioni di Pompei, ove si sono rinvenute numerosissime chiavi e parecchie serrature in condizioni tali da consentire la loro ricostruzione. Va ricordata, per la singolarità della cosa, la serratura del tempio del divo Romolo nel Foro Romano, la quale funziona ancora perfettamente dopo tanti secoli.
Nel Medioevo furono generalmente usati solo meccanismi di chiusura in forma più che primitiva e di legno fino a tutto il sec. X; soltanto nel sec. XI ricompaiono le prime vere, anche se rudimentali, serrature metalliche a chiave. Dopo tale epoca si sviluppa notevolmente la parte ornamentale della serratura, ma progredisce pochissimo la parte meccanica, così che fino al sec. XVIII si ha una grande varietà di tipi di serratura intesa come elemento decorativo, ma con ordigni di chiusura sempre macchinosi e ingombranti. Tentativi particolari d'innovazione furono, verso il 1400 in Italia, la chiusura alfabetica e, nel 1460 in Francia, un tipo di serratura che si può considerare in realtà il prototipo delle più semplici attuali.
Ma la serratura avente i caratteri di praticità che sono proprî dei sistemi moderni sorge, in Inghilterra, appena verso la fine del Settecento. Fanno così la loro comparsa, a breve distanza di tempo, diversi brevetti di serratura che, abbandonata completamente ogni preoccupazione artistica, mirano alla semplicità e alla sicurezza come a requisito essenziale.
Infatti, nel 1784, l'inglese J. Bramah e nel 1818 J. Chubb brevettavano due sistemi di serratura conosciuti con il loro nome, punto di partenza di tutti gli attuali tipi di serratura di sicurezza. Nel 1825, a Parigi, A. Fichet apre un modesto laboratorio di serratureria, nel quale riesce a perfezionare e a migliorare i tipi di serratura prima d'allora costruiti. Nel 1829 lo stesso brevetta una serratura di sicurezza e tale che solo la propria chiave può aprirla. Da allora, il principio dell'inattaccabilità a mezzo di grimaldelli era trovato; era sufficiente il perfezionarlo per l'uso pratico. Ciò non tarda a verificarsi, come lo testimoniano nuovi brevetti presi nel 1834 e 1836, dello stesso Fichet, il quale inizia la lavorazione su vasta scala delle serrature di sicurezza, attrezzando un'officina con ben 40 operai, numero assai considerevole data l'epoca. Nel 1848 l'americano Yale lanciava la notissima serratura posta in commercio sotto il suo nome.
La serratura con chiave si compone, elementarmente, di una sbarra A (v. fig. a pag. 461, a) parzialmente dentata, ingranata su un rocchetto B rotante a mezzo della chiave: la sbarra, scorrendo su guide h, è spinta dal rocchetto in una cavità corrispondente della parete contro cui si vuol fermare il battente e la chiusura può essere rafforzata da una molla, che tiene spinta la sbarra nella cavità stessa.
Le serrature, secondo il sistema di applicazione, possono essere di tre tipi: visibili (se la cassetta contenente il movimento è applicata al battente, coperchio, ecc., esteriormente); invisibile (se introdotta in apposita cavità internamente praticata); a lucchetto. Secondo il meccanismo, si distinguono in semplici (come sopra descritte, che non dànno alcuna garanzia contro l'uso di chiavi false) e di sicurezza o di precisione (a cilindro, a combinazioni, ecc., di cui i dispositivi più correnti sono quelli di Chubb, Bramah, Fichet Hobbs, Yale, Lips, ecc.). Il primo passo dalla serratura semplice a quella di sicurezza è dato dall'introduzione di un arpione o arresto (t, v. fig. qui a sinistra) che, incidendo nella dentatura della sbarra, la ferma contro il ritorno nella posizione di apertura: l'arpione può essere sollevato con un comando indipendente dalla rotazione della ruota dentata, a mezzo della chiave foggiata al duplice scopo della rotazione e del sollevamento. La chiusura, operata dalla stanghetta o sbarra scorrente nella cavità corrispondente, può essere rafforzata da più mandate di chiave.
Gli elementi fondamentali della sicurezza contro aperture abusive, basati sui requisiti di solidità e di esclusione di altre chiavi o grimaldelli, sono dati dalla forma della chiave cui corrisponde la precisione del meccanismo interno che deve essere complicato e congegnato in modo da non poter essere posto in movimento se non a mezzo dell'apposita chiave.
Il tipo di serratura a cilindro è caratterizzato da un tamburo con un numero vario di perni (generalmente cinque) formanti l'organo di chiusura, premuti verso il basso da apposite molle e che, coincidendo con la sagoma della chiave di sicurezza, all'atto della sua introduzione nella toppa scorrono occupando la posizione necessaria per la rotazione di apertura del cilindro. Le chiavi sono foggiate in modo da poter avere una grande varietà di serrature diverse. La loro forma è inoltre eccentrica per modo che riesce impossibile introdurre nella serratura un grimaldello piatto.
Altro sistema di uso corrente è il multiplex, con più guarniture mobili ad arresto, cioè combinazioni di più serrature facenti sistema in un unico meccanismo. Con tale sistema si può ottenere un numero infinito di chiavi, diverse l'una dall'altra, senza correre il rischio che due serrature si aprano con la stessa chiave. Inoltre esso consente il funzionamento, nello stesso foro di entrata, a mezzo di chiave di serie o di gruppo (che apre solo un dato numero di serrature) e su chiave maestra (passepartout) che apre tutte le serrature dello stesso impianto. Queste serrature sono applicate normalmente nelle grandi amministrazioni, negli ospedali, negli stabilimenti, ecc.
Il sistema a pompa, di grande precisione, è usato generalmente nelle serrature di lusso. Tale nome è dovuto al fatto che per mettere i diversi congegni in grado di funzionare, occorre esercitare mediante la chiave una pressione sulle lamine corrispondenti ai diversi tagli della chiave, lavoranti di punta e la cui profondità varia sempre e non si ripete mai.
È stato possibile applicare agli enormi portoni corazzati delle banche serrature a pompa; con tale sistema si è ottenuto come risultato una migliore e certa sicurezza, poiché i congegni sono azionati a distanza, cioè dietro tutti i ripari posti a protezione nella porta stessa, il tutto azionato da chiavi di piccolissime dimensioni e che sono incopiabili per la speciale conformazione che i loro tagli presentano.
La serratura può essere semplicemente a scrocco, oppure a scrocco e catenaccio o solo a catenaccio. Lo scrocco è formato da una sbarretta di chiusura avente l'estremità obliqua, per modo che la porta si possa chiudere per semplice spinta. La serratura all'esterno è chiusa solo con chiave; dall'interno si apre solo con chiave e pomolo (per lo scrocco). Alcuni tipi di serrature, a più chiavistelli (generalmente tre), effettuano la chiusura in più punti differenti della porta (generalmente in alto, in basso e di fianco) in modo da resistere allo scardinamento.
V. anche cassaforte; chiave.
Arte.
Si è già accennato che a partire dal sec. XII si manifesta la tendenza a dare un aspetto artistico alle serrature: quest'esigenza fu sollecitata dal fatto che le serrature erano fissate all'esterno dei mobili o delle porte e formavano quindi un elemento della loro decorazione.
Serrature artistiche si hanno soprattutto in Francia nel Medioevo: il numero relativamente non piccolo di quelle che ci sono giunte permette anche di constatare la durata della diffusione delle varie forme. Una delle più antiche è quella, attestata fino dal sec. XII, che reca inferiormente un catenaccio scorrente entro anelli, il quale viene fermato da uno scatto manovrabile solamente con la chiave. Nelle serrature di questo tipo la decorazione è assolutamente indipendente dal meccanismo e, mentre non risparmia né gli orli delle guide in cui deve scorrere il catenaccio, né le estremità del catenaccio stesso, si sviluppa soprattutto nella faccia principale della cassa che racchiude la serratura vera e propria, delimitata ai lati da due stipiti a balaustro o a guglia gotica che servono anche a fissarla sul mobile e che spiccano su due sottili lamine di ferro traforate secondo un disegno regolare, in modo da lasciare apparire il fondo rivestito di stoffa o di carta rossa. Il motivo fondamentale della decorazione è nel quadro centrale: ed è in origine esclusivamente architettonico, e ispirato a elementi poi prevalentemente gotici, le cui arcate vanno sempre più complicandosi col diffondersi del gotico fiorito; ma ben presto l'ornamentazione plastica vi ha la sua parte, con le statuette di santi che riempiono le nicchie, fino a predominare quasi, nel sec. XV in esemplari di particolare finezza, con composizioni che hanno la pretesa di assomigliarsi a un quadro o a un rilievo, e che finiscono col rompere ogni rapporto della decorazione stessa con la materia in cui essa è eseguita. Esempî di queste serrature artistiche erano nella collezione Spitzer: una a trittico con la figurazione del Giudizio Universale, altre col Peccato originale, col Martirio del Battista, con la Madonna e il Bambino; una con San Giorgio che colpisce il drago e nella collezione Carrand (Firenze, museo del Bargello). Ma accanto a questo tipo più complesso vi fu già nel sec. XIV quello più semplice, più frequente nei paesi tedeschi, di una decorazione a motivi vegetali che copre tutta la piastra dietro la quale si cela il meccanismo, e che è eseguita separatamente in ferro battuto e poi fissata sul fondo mediante ribaditure. Il foro d'entrata della chiave è quasi sempre nascosto da un riparo, tenuto fermo talvolta da una molla che si fa agire premendo un bottone, e decorato nei tipi più semplici di emblemi araldici o altrimenti di una figura umana o di quella di un animale fantastico. La forma stessa della piastra può variare: mentre in Francia prevale quella rettangolare, in Germania è più frequente quella a ferro di accetta o a scudo; non mancano nel Rinascimento, oltralpe, esempî di decorazione incisa all'acquaforte; in Italia sono più usate le semplici piastre traforate (ad es.: in cassoni marchigiani del Rinascimento) senza elementi di rilievo o di tutto tondo come in quelle francesi. La tradizione gotica durò fino a tutto il sec. XV; e si affievolì solo durante il XVI specialmente in seguito al sistema allora prevalso di mettere le serrature all'interno del mobile o della porta, in modo che all'esterno rimanesse visibile il foro d'entrata della chiave, che tuttavia per qualche tempo si continuò ad adornare con lamine a rilievi, a trafori o ritagliate a disegno che servivano anche a proteggere il legno dall'attrito della chiave: cfr. p. es.: le serrature del castello di Anet, appartenuto a Diana di Poitiers, e di quello di Écouen, del contestabile Anne di Montmorency (Parigi, Museo di Cluny). Di questo tipo di ornamentazioni si hanno esempî in libri come quello di Mathurin Jousse (La Fidelle ouverture de l'art du serrurier, La Flèche 1627) che probabilmente però riproducono piuttosto modelli eseguiti come capolavori per l'immatricolazione nelle corporazioni, o come oggetti di ostentazione, anziché destinati a un uso effettivo. In Italia già nel sec. XVI si era abbandonato il ferro per queste decorazioni, sostituendolo col bronzo cesellato e dorato, coi motivi dì ispirazione classica caratteristica di quel tempo (mascheroni, figure giacenti, trofei, vasi, ecc.). Dopo la metà del sec. XVI le serrature divengono sempre meno pesanti e sempre più semplice diviene la decorazione di ciò che di essa appare all'esterno; semplici ornamenti di ottone nei quali solo alla fine del Seicento è visibile specialmente in Germania l'influsso della decorazione francese, mentre i libri di modelli continuano ad attestare vitalità della tradizione antica (Heinrich Oelcker di Amburgo, 1710) e solo in Francia, nel Settecento, riflettono i mutamenti del gusto decorativo, col prevalere di motivi destinati piuttosto alla fusione del bronzo (Fordrin, Livre de serrurerie, 1723; Gabriel Huquier, 1740 circa). Questo tipo di ornamentazione fu diffuso in Francia sotto Luigi XVI e dalla Francia si estese ai paesi tedeschi i quali tuttavia non raggiunsero neanche in questo la finezza di esecuzione e la richezza di particolari dei modelli francesi.
Dal sec. XIX la serratura ha perduto qualsiasi ornamentazione; e il perfezionamento tecnico ha anzi condotto spesso a renderla meno visibile, eliminando ogni possibilità di una sua funzione decorativa.
Bibl.: Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités, IV, p. 1241 segg.; Hug, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II A, col. 557 seguenti; Viollet-le-Duc, Dict. raisonné du mobilier français, I, Parigi 1868; J. Labarte, Histoire des arts industriels au Moyen Âge et à l'époque de la Renaissance, I, ivi 1872, p. 219 segg.; L. De Laborde, Glossaire français du Moyen Âge, ivi 1872 (s. v. Serrure); M. Ruggiero, Studî sopra gli edifizi e le arti meccaniche dei Pompeiani, Napoli 1872, p. 13 seg.; H. D'Allemagne, La serrurerie, in La Collection Spitzer, II, Parigi 1891; G. Lehnert, Illustrierte Geschichte des Kunstgewerbes, Berlino s. a.; N. Tarchiani, Catenacci e serrature nei tempi passati, in Le vie d'Italia, XXIX (1923), p. 418 segg.
Diritto.
È ovvio che la serratura, diretta a custodire una proprietà, non può essere aperta se non dal proprietario o per consenso di questo. Il maggior pericolo di aperture illecite è rappresentato dalla speciale attitudine del fabbro o di un artefice ad aprire meccanismi di chiusura. Ne consegue che le varie legislazioni si sono preoccupate di tutelare il proprietario di luoghi e di oggetti protetti da serrature contro tale pericolo con precise disposizioni di legge, che considerano la peculiare attitudine dei costruttori di serrature a procurarne i mezzi di apertura illecita. E così, mentre l'apertura eseguita con chiavi false, rubate o comunque sottratte costituisce aggravante del furto (art. 404 cod. pen.), anche il fornitore della chiave abusivamente adoperata è passibile di pena. Nel vecchio codice sardo, abolito nel 1859, l'apertura illecita di serrature costituiva reato per il fabbro che, prima di aprire su richiesta altrui, non si fosse sincerato che il richiedente era il "padrone o capo di casa o persona di buon nome" (art. 647); secondo il codice vigente la vendita illecita di chiavi e grimaldelli e l'illecita apertura di serrature costituiscono solo contravvenzione e sono punite con arresto rispettivamente sino a due mesi e sino a venti giorni, con ammenda (art. 496 e 497 cod. pen.).