Serse I
Re di Persia, nato intorno al 520/519 a.C. da Dario e da Atossa, figlia di Ciro il Grande.
Salito al trono nel 485 a.C., S. continuò la campagna contro la Grecia, nota col nome di prima guerra persiana, già iniziata con scarso successo dal padre. Dopo aver inflitto agli avversari la grave sconfitta delle Termopili (480), fu battuto a sua volta nello stesso anno a Salamina e l'anno successivo a Platea; costretto quindi a intraprendere in fuga precipitosa la via del ritorno in patria, riattraversò con i pochi resti del suo immenso esercito lo stretto dell'Ellesponto, oltre il quale, all'inizio della spedizione, aveva fatto passare le truppe sopra due ponti di barche fatte costruire allo scopo.
D. ricorda il primo imponente passaggio dell'Ellesponto, definendolo ‛ opus admirabile ', in Mn II VIII 7, dove l'impresa di S. rientra nell'elenco dei tentativi falliti di conquistare quel dominio sul mondo intero che la Provvidenza divina aveva riservato a Roma. Qui la fonte dichiarata delle notizie relative a S. è Lucano, di cui è citato poco più di un verso (Phars. II 672-673 " Talis fama canit tumidum super aequora Xerxen / construxisse vias "), mentre è parafrasato il seguito (vv. 673-675 " multum cum pontibus ausus / Europamque Asiae, Sestonque admovit Abydo, / incessitque fretum rapidi super Hellesponti ").
Nessun accenno vi è in D. all'altra impresa di S. - lo scavo di un canale nella penisola dell'Athos per consentire un passaggio sicuro alla flotta - che è ricordata da Lucano (II 676-677) e che tanto aveva colpito gli antichi (cfr. Cicerone Fin. II XXIV 112 " Si Xerxes... Hellespontio iuncto, Athone perfosso maria ambulavisset, terram navigasset ").
Al secondo umiliante passaggio dello stretto, più che al primo, o implicitamente a tutti e due, si accenna in Pg XXVIII 71 Elesponto, là 've passò Serse, / ancora freno a tutti orgogli umani. In questo caso la fonte diretta è Orosio Hist. II X 9 (che a sua volta riproduce quasi testualmente Giustino II XIII 13), il quale premette al racconto della solitaria e vergognosa fuga del re persiano oltre il medesimo stretto che aveva attraversato con tanta baldanza e con tanto sfoggio di mezzi bellici all'inizio della guerra, questa considerazione: " Erat sane quod spectare humanum genus et dolere debuerit mutationes rerum hac vel maxime varietate permetiens ".
Per il tramite di autori come Lucano e Orosio D. raccoglieva il giudizio negativo su S. che il mondo greco aveva trasmesso al mondo romano, sulla base del racconto storico di Erodoto, ma soprattutto dei Persiani di Eschilo: per l'antichità classica S. era divenuto l'emblema di quell'orgoglio tracotante che, traducendosi in sete sfrenata di potere, spinge il superbo a dimenticare i propri limiti di uomo e la mutevolezza della condizione umana e lo destina quindi fatalmente a essere stroncato dal castigo divino.
Una terza volta il nome di S. compare nel corso della disquisizione sulle diverse inclinazioni degli uomini, posta in bocca a Carlo Martello nel cielo di Venere (Pd VIII 124 per ch'un nasce Solone e altro Serse); dove S. sta a indicare la predisposizione alla guerra, giudicata insana, come viene chiarito dall'accostamento a Solone, che rappresenta invece il legislatore e il politico, ma insieme anche il saggio per eccellenza.