Vedi SERSE dell'anno: 1966 - 1966
SERSE (Ξέρξης; antico persiano Khshayarshārshā)
Nome di tre sovrani della dinastia achemènide.
S. I, figlio di Dario I e della sua seconda moglie Atossa, figlia di Ciro il Grande, nacque intorno al 519 a. C. e successe al padre, forse abdicatario, nel 485. Fu preferito al fratello maggiore, nato prima che Dario diventasse re. Durante il suo travagliato regno represse la rivolta egiziana e continuò la spedizione contro la Grecia, già progettata e preparata dal padre. Dopo le disastrose sconfitte di Salamina e di Platea (480), tornò in patria, ove morì nel 465, ucciso in una congiura di palazzo, insieme col figlio primogenito, per mano del comandante della sua guardia del corpo, Artabano.
S. I ci appare, nelle sue monete, inginocchiato di profilo, mentre si appresta a preparare l'arco, secondo una convenzione che troviamo anche in altre monete achemènidi. La sua testa è piuttosto grossa, la tiara da cui sfuggono sul collo i lunghi capelli è molto bassa, gli occhi sono disegnati frontalmente, gli zigomi pronunciati e la barba, la cui linea di inizio sulla guancia è nettamente delineata, scende sul petto con una lunga punta, piegata in avanti. Nei rilievi del suo palazzo a Persepoli S. I è rappresentato in tre modi diversi: a) come principe ereditario, mentre esce dai suoi appartamenti, seguito da un servitore che gli regge l'ombrello aperto sul capo; b) come correggente, in piedi dietro il trono di Dario, nell'atto di toccare con la mano sinistra l'alto schienale del trono stesso; c) come "Gran Re", mentre esce dal suo palazzo seguito da due servitori, che reggono le insegne del suo rango. In tutte queste figurazioni, S. I ci appare sempre vestito con la lunga tunica persiana, pieghettata sul davanti e sulle maniche, con la testa pettinata a riccioli fitti e sormontata dalla tiara merlata. Probabilmente doveva avere al collo dei monili, come risulterebbe dai fori che si notano sui rilievi, e non è escluso che tali rilievi fossero dorati, anche se oggi non ci rimane traccia di tali dorature. Forse dobbiamo riconoscere S. I anche in una graziosa testina in pasta di lapislazzuli rinvenuta a Persepoli: essa rappresenta sicuramente un principe di sangue reale, a giudicare dalla corona merlata che orna la testa pettinata a riccioli fitti e gonfi. Si tratta, ancora una volta, più che di un ritratto individuale, di una tipizzazione: l'ideale della bellezza maschile del tempo, con grandi occhi globulari sormontati da lunghe sopracciglia arcuate, naso diritto e piccola bocca sorridente (v. vol. i, fig. 35).
Dei due sovrani omonimi (S. II e S. III) non abbiamo alcuna raffigurazione.
Bibl.: E. Herzfeld, Archaeological History of Iran, Londra 1935; id.-A. T. Olmstead, History of the Persian Empire, Chicago 1948; L. Vanden Berghe, Archéologie de l'Iran ancien, Leida 1959, p. 215 ss.