SERVASANTO da Faenza
SERVASANTO da Faenza (Servasan, Servasantus, Servasius tuscus, Johannes Servasancti, Iacobus Servasanto). – Nacque forse a Faenza a cavallo del 1220 o del 1230.
La data è deducibile indirettamente da un exemplum del Liber de virtutibus et vitiis, una summa exemplorum da lui compilata, nella quale Servasanto ricorda che l’«episcopus, qui michi omnes sacros ordines dedit» morì cadendo all’ingresso dell’imponente palazzo che si era fatto costruire durante una carestia («cum ab antiquo palatio per pontem factum transiret in novum, quedam tabula sub eius pedibus revoluta eum devolvit in terram et post modicum vita finita, puto quod in terram deductus sit tenebrosam, ubi nullus ordo, sed sempiternus horror inhabitat»; Firenze, Biblioteca nazionale, Conventi soppressi, E.VI.1046, c. 132rz). Si tratta (Oliger, 1924, p. 179) di Giacomo Boncambio o.p., vescovo di Bologna dal 1244 alla morte (1260), e dunque se ne deduce che Servasanto ricevette gli ordini entro queste due date.
La prima attestazione del nome (o probabilmente dell’appellativo adottato una volta entrato in convento) si trova nel De conformitate vitae Beati Francisci ad vitam Domini Iesu di Bartolomeo da Pisa, databile al 1385-1390, dove in un elenco dei più importanti teologi francescani si fa menzione di anche di un «frater Servasan, de provincia Tusciae» autore di due summae: «De vitiis et virtutibus luculentam summam edidit frater Servasan, de provincia Tusciae, ac de poenitentia et eius tribus partibus» (p. 341).
Nulla aggiungono altri elenchi di teologi francescani del XV secolo (Del Castello, 2013, p. VIII), la cronaca di Mariano da Firenze (1911, p. 88, da cui dipende Wadding, VIII, 1654, p. 333), il Supplementum di Sbaralea (p. 685). Il nome di Servasanto si trova anche in alcuni antichi cataloghi librari. L’inventario della biblioteca conventuale di Padova, risalente al 1396-1397 e conservato nel ms. Padova, Biblioteca Antoniana, 572, gli attribuisce la raccolta di sermoni festivi tràdita dall’attuale ms. Padova, Biblioteca Antoniana, 490 (Gamboso, 1973, pp. 9 s.) e due summae: una de poenitentia (Padova, Biblioteca Antoniana, 404 e 458) e una de exemplis naturalibus (Padova, Biblioteca Antoniana, 492); mentre il catalogo quattrocentesco della biblioteca dell’antico convento di S. Croce a Firenze lo registra come autore della summa de poenitentia contenuta nell’attuale codice Firenze, Biblioteca nazionale, Conventi soppressi, G.VI.773 (Mazzi, 1897, p. 131).
La probabile origine faentina (e non toscana, come a lungo si ritenne sulla base della provincia di appartenenza indicata da Bartolomeo da Pisa) è stata ipotizzata, in ragione dei molti riferimenti alla città di Faenza presenti nella Summa de poenitentia, da Kruitwagen (1919), e successivamente accreditata da Oliger (1924), che ha proposto Oriolo (località del contado faentino). Ciò sulla base di una nota marginale di un manoscritto primo-quattrocentesco del De conformitate di Bartolomeo da Pisa, dove si legge che «Fuit etiam de Faventia frater Servasanctus de Oriolo, qui fecit pulcherrimos tractatus de [...] et de penetentia» (Oliger, 1924, p. 178). Exempla di ambientazione faentina dichiaratamente tratti dalla propria esperienza personale si registrano, del resto, anche in altre opere servasantiane: nel Liber de exemplis naturalibus si legge, ad esempio, «Item leo Ferrarie fuit, quem aliquando ipse vidi, qui semel ex cavea fugiens omnes per civitatem fungere coegit» (Roma, Biblioteca apostolica Vaticana, Vaticano Latino, 5048, c. 30ra).
Ferma restando la consacrazione a Bologna fra il 1244 e il 1260 (si veda supra), nulla si conosce degli studi e della formazione di Servasanto, il quale tuttavia dimostra nelle proprie opere una notevole cultura (Pegoretti, 2017, p. 21). Sebbene, sulla base delle «parecchie allusioni che fa a Parigi» nelle sue opere, si sia ipotizzato che «egli abbia studiato in quella Università» (Oliger, 1924, p. 180), in assenza di ulteriori riscontri è più economico pensare che, entrato nella Provincia di Bologna dove ricevette poi gli ordini, qui si formò presso lo studium felsineo. Ad ogni modo, sebbene in un sermone de excellentia Ordinis S. Francisci, Giacomo della Marca aggiunga al nome di Servasanto la qualifica di magister («magister Servasanti de Provincia Tuscie»; Dal Gal, 1911, p. 307), non risulta che egli abbia ottenuto alcun grado accademico, né risulta in alcun modo che egli abbia svolto mai funzione di magister.
Dalle allusioni autobiografiche presenti in alcune sue opere si deduce, invece, che Servasanto svolse funzioni di predicatore e confessore: «Unde ipse vidi quod quadam violentia ad penitentiam duxi quedam hominem desperatum, qui in quadam mea predicatione mutatus est, me, predicatione conpleta, secutus confiteri proponens» (Firenze, Biblioteca nazionale, Conventi soppressi, E.VI.1046, c. 74vb). Dove Servasanto abbia predicato e confessato rimane incerto. Tuttavia, alcuni indizi interni al suo corpus di prediche e summae consentono con relativa sicurezza di affermare che egli fosse presente e, si suppone, attivo come predicatore e confessore nelle città di Perugia e Firenze.
A un soggiorno nella città umbra, che risulta tuttavia impossibile ricondurre a una data precisa, Servasanto allude introducendo un exemplum del Liber de virtutibus et vitiis («Unde audivi dum Perusiis essem», Firenze, Biblioteca nazionale, Conventi soppressi, E.VI.1046, c. 75ra).
Firenze e la storia fiorentina duecentesca costituiscono, invece, uno dei referenti principali del repertorio esemplare di Servasanto, che nelle sue opere raccolse numerosi exempla di ambientazione fiorentina e ricordò tratti distintivi (quale l’epidemia di suicidi per bancarotta) e personalità di spicco (come quella di Guido Novello, podestà di Firenze dal 1260 al 1266) della Firenze tardo-duecentesca, ivi inclusa la devozione, centrale per i francescani di S. Croce anche dal punto di vista politico-istituzionale, per Umiliana de’ Cerchi, terziaria francescana morta nel 1246 e sepolta in S. Croce (Oliger, 1924, pp. 183-186).
Pare certo, perciò, che Servasanto soggiornasse a lungo (per tutta la seconda metà della propria vita) a Firenze presso il convento di S. Croce, pur allontanandosene in più occasioni per predicare anche in altre città della Toscana e dell’Umbria. La specificazione «de provincia Tusciae» tradizionalmente associata al suo nome fa dunque riferimento non alla sua provenienza, ma alla Provincia in cui egli concentrò la propria attività pastorale. A S. Croce Servasanto – uno dei testimoni più rappresentativi della predicazione francescana duecentesca – scrisse molte opere, con l’intento di sistematizzare il proprio repertorio omiletico in una serie di strumenti utili anche ad altri predicatori. Tali opere ebbero poi larga diffusione, pur circolando a lungo anonime o attribuite (a riconferma della loro importanza) ad autori del calibro di Bonaventura, Alberto Magno e Tommaso d’Aquino. Solo a partire dagli studi di Kruitwagen, Oliger e, più di recente, Damongeot-Bourdat è stato possibile ricostruire con sicurezza il corpus delle opere servasantiane e di identificare i manoscritti e le stampe che lo tramandano. Servasanto fu, infatti, a lungo noto soprattutto per le opere attribuitegli da Bartolomeo da Pisa, ossia le due summae «de vitiis et virtutibus» (Liber de virtutibus et vitiis) e «de poenitentia» (Summa de poenitentia) che egli scrisse tra la fine dell’ottavo e la prima metà del nono decennio del XIII secolo, molto probabilmente a Firenze. Per entrambe queste summae vale come terminus post quem il 1277.
Nel Liber Servasanto menziona un provvedimento preso da Filippo III il 24 aprile 1277 contro gli usurai italiani in Francia (Oliger, 1924, pp. 183 s.), nella Summa de poenitentia ricorda invece la morte di papa Giovanni XXI il 20 maggio 1277 (Del Castello, 2013, p. XV); tuttavia, mentre il Liber, menzionando Filippo III come vivente, fu certamente concluso prima della morte del sovrano nel 1285, la cronologia della Summa de poenitentia rimane più incerta. Servasanto stesso presenta queste due summae come rielaborazioni di un’altra opera, il Liber de exemplis naturalibus: un vasto repertorio di materiali predicabili (prevalentemente exempla e similitudini) concepito in funzione antiereticale («ad hoc solum tendit huyus libri sententi falsa inimicorum fidei confutare commenta et per sua scripta que fantur esse autentica eorum vana refellere argumenta et per consequens approbare fidei nostre dogma», Biblioteca apostolica Vaticana, Vaticano Latino, 5048, cc. 1ra-vb) e suddiviso in tre parti: una dedicata ai fondamenti della dottrina cattolica, una ai Sacramenti (con particolare attenzione alla confessione e, dunque, alla penitenza) e una a vizi e virtù. Nel prologo la Summa de poenitentia viene, infatti, presentata come un ampliamento della «materia valde lata, predicationi aptissima» della penitenza, «quoniam in libello de exemplis naturalibus a me scripto dictavi de penitentia quedam pauca» (Firenze, Biblioteca nazionale, Conventi soppressi, G.VI.773, c. 1ra); analogamente, Servasanto dichiarò di aver scritto il Liber per rendere disponibile un estratto di un «magnum librum» da lui composto a favore dei «pauperibus fratibus» che quel libro «non possunt haberi» (Firenze, Biblioteca nazionale, Conventi soppressi, E.VI.1046, c. 1ra). Questo dato consente di concludere che Servasanto scrisse il Liber de exemplis naturalibus prima del 1277, anteriormente alle due altre summae, le quali vanno intese come approfondimenti della materia ivi trattata a beneficio dei predicatori: «Ergo quod tam multa scribere ausus sum […] ut iuxta gregorianam sententiam mercedis predicantium particeps fierem, si eis ad predicandum materiam preparem» (Firenze, Biblioteca nazionale, Conventi soppressi, E.VI.1046, c. 142va).
Servasanto scrisse inoltre diversi cicli di sermoni (Schneyer, 1969, pp. 376-399): Sermones dominicales, Sermones de proprio sanctorum, Sermones de communi sanctorum. Queste raccolte vanno intese come sermonari modello approntati, probabilmente sulla base dell’effettiva predicazione di Servasanto, per offrire un repertorio utile a chiunque dovesse predicare. Dall’explicit di un codice del de Communi sanctorum, sappiamo che Servasanto scrisse anche un ciclo quadragesimale e uno Pro mortuis (Gamboso, 1973, p. 19), non ancora identificati. È, dunque, lecito considerare i cicli ad oggi attribuiti a Servasanto come parte di un più ampio progetto concepito per offrire un corpus di sermoni modello per ciascuna delle occasioni previste dall’omiletica tardomedievale, onde integrare i repertori di praedicabilia offerti nelle sue summae con concreti esempi di predicazione: «Sed si quis copiosius desiderabat esse in exemplis ut deficere in predicatione non possit, libellum nostrum, cuius titulus est de naturalibus exemplis studeat legere et memorie commendare», si legge a conclusione di un codice del de Communi sanctorum (Assisi, Biblioteca comunale, 520, c. 99v).
Servasanto fu autore anche di un testo allegorico sulla Vergine Maria (Oliger, 1924, pp. 163-165), che si contraddistingue come documento a favore della dottrina ascensionista e recentemente gli è stato attribuito anche un Liber de prescientia Dei et predestinatione (Damongeot - Bourdat, 2009). Da alcuni rimandi presenti nel Liber de virtutibus et vitiis abbiamo, infine, notizia di altre due opere, oggi perdute: un Dialogus, opera probabilmente dogmatica, e una Summula monaldina, un compendio della summa di diritto canonico di Monaldo da Capodistria (Oliger, 1924, pp. 162 s.).
Non si conosce la data di morte di Servasanto. Tuttavia, sulla base del fatto che, essendo il Liber de virtutibus et vitiis l’unica opera servasantiana a contenere rimandi a tutte le altre (Del Castello, 2013, p. XIII), è ragionevole ritenere che questa sia l’ultima opera composta dal francescano; considerato che, come si è detto, questa summa fu ultimata entro il 1285, la morte di Servasanto andrà probabilmente collocata nella seconda metà del nono decennio del XIII secolo.
Fonti e bibl.: L. Wadding, Annales minorum, I-VIII, Lugduni 1625-54; G.C. Sbaralea, Supplementum et castigatio ad Scriptores trium Ordinum s. Francisci, Romae 1806; C. Mazzi, L’inventario quattrocentistico della biblioteca di S. Croce in Firenze, in Rivista delle biblioteche e degli archivi, VIII (1897), pp. 16-31, 99-113, 129-47; Bartolomeo da Pisa, Liber de conformitate vitae Beati Francisci ad vitam Domini Iesu, in Analecta Franciscana, IV, Ad Claras Aquas 1906; N. Dal Gal, Sermo S. Iacobi de Marchia: De excellentia Ordinis S. Francisci, in Archivum franciscanum historicum, IV (1911), pp. 303-13; Mariano da Firenze, Compendium chronicarum fratrum minorum, a cura di T. Domenichelli, Ad Claras Aquas 1911; B. Kruitwagen, Die summa de poenitentia van fr. Servasanctus (c.1300), in Neerlandia franciscana, II (1919), pp. 55-66; M. Grabmann, Der Liber de exemplis naturalibus des Franziskanertheologen Servasanctus, in Franziskanische Studien, VII (1920), pp. 85-117; L. Oliger, S. d. F. O.F.M. e il suo «Liber de virtutibus et vitiis», in Miscellanea Francesco Ehrle, I, Per la storia della filosofia e della teologia, Roma 1924, pp. 148-89; M.H. Laurent, Fabio Vigili et les Bibliothèques de Bologne au debut XVIe siècle, Città del Vaticano 1943; Balduinus ab Amsterdam, Servasancti de Faenza, sermones de proprio sanctorum, Vat. Lat. 9884, in Laurentianum, VI (1965), pp. 73-102; Id., Servasancti de Faenza, O.Min. Sermones dominicales (cod. 1440, Troyes), in Collectanea Franciscana, XXXVII (1967), pp. 5-32; Id., Servasanctus de Faventia O.Min, Sermones de B.M. Virgine etde Sanctis in codice anonymo Vat. Lat. 9884, in Laurentianum, VIII (1967), pp. 108-37; J.B. Schneyer, Repertorium der lateinischen sermons des mittelalters für die Zeit 1150-1350, V, Münster 1969; D. Waley, Boncambio, Giacomo, in Dizionario biografico degli Italiani, XI, Roma 1969, pp. 668-70; V. Gamboso, I sermoni festivi di S. d. F. nel codice 490 dell’Antoniana, in Il Santo, XIII (1973), 1, pp. 3-88; K.W. Humphreys, The Library of the Franciscans of Siena in the Late Fifteenth Century, Amsterdam 1978; C. Frison, Fra S. d. F., predicatore francescano del XII secolo, in Studi Romagnoli, XXXIX (1988), pp. 301-15; D. D’Avray, Philosophy in preaching: the case of a Franciscan based in thirteenth-century Florence, in Literature and religion in the later Middle Ages. Studies in honor of Siegfried Wenzel, a cura di R.G. Neuhauser - J.A. Alford, New York 1995, pp.263-73; C. Casagrande, Predicare la penitenza. La Summa de poenitentia di S. d. F., in Dalla penitenza all’ascolto delle confessioni: il ruolo dei frati mendicanti, Spoleto 1996, pp. 59-102; M.- F. Damongeot-Bourdat, Un nouveau traité du franciscan Servasanctus de Faenza: le «Liber de prescientia Dei et predestinatione contra curiosos» (ms. BNF, nouvelle acquisition latine 3240), in «Parva pro magnis munera». Etudes de littérature tardo-antique et médiévale offertes à François Dolbeau par ses élèves, a cura di M. Goullet, Turnhout 2009, pp. 179-193; A. Del Castello, La tradizione del «Liber de virtutibus et vitiis» di S. d. F.. Edizione critica delle «distinctiones» I-IV, tesi di dottorato, Università degli Studi di Napoli «Federico II», École nationale des Chartres, 2013; A. Pegoretti, «Nelle scuole delli religiosi». Materiali per Santa Croce nell’età di Dante, in L’Alighieri, LVIII (2017), pp. 5-55.