SERVENTESE
. Componimento poetico, sorto nella Provenza trovatorica, in seno all'ambiente feudale e cortigiano (sirventes o servantes, e anche sirventese, sirventesca; in italiano s'incontra anche la forma sirventesca); inizialmente dovette essere una composizione ritmica che il sirven (onde la denominazione) dedicava al suo signore per celebrarne le gesta; essa assunse, con il lussureggiante fiorire della lirica amorosa, il quadro strofico e melodico delle canzoni, tanto che presto gli stessi trovatori e i trattatisti d'arte poetica spiegarono l'origine del termine col fatto che il serventese veniva a "servire" il modello da cui derivava la struttura metrica e musicale: etimologia illusoria che è poi rimasta tradizionale.
Il serventese ben presto fu sentito con il preciso carattere d'invettiva personale, maledico e aggressivo: "una canzone fatta a vituperio altrui", lo definiva Raimon Vidal, al principio del sec. XIII; ma alla fine dello stesso secolo un anonimo autore di dottrina poetica segnava limiti più ampî al suo contenuto: politico, guerresco, apologetico, didattico; esso poteva insomma celebrare e commentare i diversi aspetti della realtà attuale, quotidiana, empirica; e, anzi, con il sec. XIV, entrava nel suo bagaglio poetico anche l'ispirazione religiosa: tutti i toni e gl'interessi della vita del poeta, purché nettamente distinti dalla sottile ed estetizzante passione amorosa. Gli esempî più illustri risalgono a Marcabruno, forte tempra di poeta, che nel serventese agitò gl'ideali universali della crociata, e a Bertrando del Bornio, che di questo componimento si foggiò la sua più pericolosa arma di signore feudale, oltre che uno strumento artistico adeguato al suo spirito combattivo e irrequieto; da questi due antichi trovatori il genere ricevette il segno di una tecnica vigorosa e fertilissima, tanto che a mano a mano i maggiori avvenimenti politici della Provenza e in genere dell'Europa occidentale, e in particolar modo le crociate, tanto quelle di Spagna quanto quelle di Terrasanta, lasciarono echi sonori e appassionati in questo tipo di lirica celebrativa; il serventese rappresentò la multiforme, e spesso contraddittoria, espressione della coscienza critica, civile, internazionale del mondo trovatorico; attraverso a questo canto sottile come il filo della spada, a volte spietatamente aggressivo, a volte generoso di esaltazioni, il trovatore assumeva contatto con la realtà politica contemporanea e misurava il clima morale del suo tempo: i serventesi di Folchetto di Marsiglia, di Guglielmo Figueira, di Peire Cardenal, di Guglielmo di Montanhagol, e di tanti altri, piccoli e grandi, costituiscono un tessuto di testimonianze preziose per la società europea dei secoli XII-XIV; per es., le vicende italiane durante l'agitato sec. XIII trovano nel serventese trovatorico un'eco larghissima, tanto più importante in quanto s'accorda in massima parte nel tradurre una coscienza laica e ghibellina. Accanto a questo contenuto politico-morale, che è il più fecondo e il più tradizionale, il serventese accoglie elementi di satira personale, motivi di parodia, materia didascalica; si viene a confondere o a distinguere in altri generi lirici, come la "tenzone", il "pianto", l'"insegnamento": si ricordi, per es., il serventese di Pietro d'Alvernia e l'altro del Monaco di Montaudon con finalità di caricatura letteraria, oppure l'insegnamento giullaresco di Guiraut di Cabrera e di Guiraut de Calanson.
La più giovane poesia italiana, derivando gli schemi metrici e i procedimenti stilistici della lirica trovatorica, piegò il serventese a un contenuto sociale e civile più nazionale, secondo le esigenze borghesi, municipali, faziose della vita pubblica italiana, specie dell'Italia centrale, ove più matura era la coscienza spirituale e artistica: sono tipici il Serventese dei Lambertazzi e dei Geremei, composto poco dopo il 1280, in ricordo di un episodio della lotta comunale di Faenza, con spiriti guelfi e con andamento cronachistico (notevole lo schema AAAb; BBBc; CCCd; per altri schemi si veda alla voce terzina), e quello composto nelle Romagne, a metà del sec. XIII, anch'esso anonimo, di tipo guerresco e con intenzioni antiguelfe.
Importanti, per la personalità artistica e per la testimonianza storica, i serventesi di Guittone d'Arezzo e di Chiaro Davanzati (specie in occasione della battaglia di Montaperti, 1260); mentre, come esempio del genere dell'"insegnamento", vanno menzionati quello del giullare senese Uggeri Apugliese (Serventese di tutte le arti, seconda metà del sec. XIII) e l'altro, assai prezioso per la tradizione canterina, composto alla fine del Trecento (Il cantare dei cantari, a cura di P. Rajna, nella Zeitschrift für roman. Phil., II, p. 230 segg.).
Bibl.: A. Jeanroy, La poésie lyrique des troubadours, II, Parigi 1924 (per la bibl. sull'argomento, pp. 244-246). Inoltre: J. Storos, Ursprung und Entwicklung des provenzalischen Sirventes bis auf Bertran de Born, Halle 1931; G. Bertoni, I trovatori d'Italia, Modena 1915; V. De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all'Italia, Roma 1931, voll. 2 (con ricca bibliografia).