Servizio sanitario nazionale
Insieme di strutture e servizi organizzati su scala nazionale a garanzia della tutela della salute pubblica (➔ sanità). In Italia, il S. s. n. è stato istituito con la l. n. 833 (la cosiddetta Riforma sanitaria) del 23 dic. 1978.
L’organizzazione del Servizio sanitario nazionale italiano
Il Servizio sanitario nazionale (SSN) vigente deriva da un iter legislativo iniziato nei primi anni Novanta del 20° secolo e concluso con il d.lgs. 19 giu. 1999 n. 229 e la revisione costituzionale (l. 5 mag. 2009, n. 42) che ha completato la regionalizzazione con il decentramento fiscale. Il SSN oggi attua in modo uniforme sul territorio nazionale, in base alle risorse finanziarie disponibili: principi costituzionali di tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività; uguaglianza e universalità dell’accesso ai servizi; globalità dell’assistenza; inviolabilità della libertà individuale nel consenso al trattamento sanitario; rispetto della dignità personale nell’erogazione delle prestazioni; solidarietà politica, economica e sociale; sussidiarietà tra i vari livelli del servizio pubblico e l’autonoma iniziativa dei cittadini nel processo assistenziale. A tal fine sono determinati i Livelli essenziali e uniformi di assistenza (LEA) per prevenzione, cura e riabilitazione, da garantire a tutti i cittadini indistintamente, e il fabbisogno finanziario per realizzarli. I LEA sono distinti in assistenza ospedaliera, distrettuale e collettiva nell’ambiente di vita e lavoro, e costituiscono premessa e vincolo per l’autonomia dei Servizi sanitari regionali (SSR), che li erogano attraverso le Aziende sanitarie locali (ASL) e le Aziende ospedaliere di rilievo nazionale (AO). Le ASL forniscono i LEA attraverso strutture accreditate pubbliche o private convenzionate. Le prestazioni ambulatoriali, di ricovero e pronto soccorso sono remunerate con tariffe, mentre le altre funzioni assistenziali sono rimborsate secondo costi standard. I cittadini possono scegliere luogo di cura e curanti. Il fine è quello di creare un mercato regolato delle prestazioni, per incentivare efficienza e qualità dei servizi.
All’attuazione dell’SSN concorrono Stato, Regioni e ASL: lo Stato con funzioni di indirizzo, coordinamento e garanzia della tutela della salute sul territorio nazionale; le Regioni con funzioni legislative e amministrative; le ASL come erogatrici di servizi. Lo Stato adotta il Piano sanitario nazionale (PSN), definisce i LEA e le prestazioni sanitarie e sociali con relative modalità di remunerazione, emana atti di indirizzo tecnico-scientifico su problemi di rilievo nazionale o internazionale. Le Regioni adottano il Piano sanitario regionale (PSR), definiscono i criteri per organizzare le ASL e per integrare servizi sanitari e servizi sociali comunali, accreditano e convenzionano gli erogatori di prestazioni, pubblici e privati. Le ASL e le AO hanno autonomia giuridica, sono guidate da un direttore generale di nomina regionale, adottano il Piano attuativo locale (PAL), erogano i LEA concordati con la Regione. Le ASL sono divise in distretti, come ambiti territoriali adeguati per l’integrazione tra i servizi sanitari e sociali. Ai distretti, che hanno autonomia gestionale, fanno capo la medicina di base (medici e pediatri di libera scelta) e i servizi per la salute mentale, la maternità e infanzia, le tossicodipendenze, l’assistenza domiciliare e quella in regime residenziale e semiresidenziale alle persone in condizioni di fragilità fisica, psichica, sociale. I Dipartimenti di prevenzione delle ASL si occupano dell’assistenza nell’ambiente di vita e lavoro. I servizi ospedalieri e territoriali sono anch’essi organizzati in dipartimenti. Gli operatori dell’SSN sono dipendenti o convenzionati. Le ASL garantiscono ai dipendenti l’esercizio della libera professione intra-moenia, disciplinandone modalità e spazi. L’SSN si avvale dell’Istituto superiore di sanità e dell’Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro per il supporto tecnico-scientifico, dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali per il supporto alla programmazione e al controllo, del Consiglio superiore di sanità come organo consultivo in materia di politiche sanitarie.
Lo Stato stabilisce il fabbisogno finanziario per l’SSN e, insieme alla Conferenza Stato-Regioni, il fabbisogno per i SSR, sulla base di una quota per residente ponderata con alcuni rilevanti fattori demografici. Le Regioni finanziano i SSR con la fiscalità diretta (IRPEF-IRAP) e indiretta (IVA) e possono programmare prestazioni ulteriori ai LEA, reperendo le risorse finanziarie necessarie. Per prevenire disuguaglianze territoriali nei LEA, a seguito della regionalizzazione, è stato istituito il Fondo perequativo nazionale per la solidarietà tra Regioni, finanziato con l’IVA delle Regioni più ricche; dovrebbe durare fino al 2013, fino al raggiungimento dell’autosufficienza di ogni Regione. Lo Stato stabilisce livelli e tipologie di partecipazione alla spesa da parte dei cittadini per le prestazioni ricevute; le Regioni ne possono stabilire autonomamente altri per coprire disavanzi di gestione.
I livelli di programmazione sono quattro e procedono dall’alto in modo tale che il livello superiore stabilisca vincoli per quello inferiore: il PSN, adottato dal governo d’intesa con la Conferenza unificata delle Regioni e degli Enti locali, sentite le Commissioni parlamentari e le Organizzazioni sindacali (OS) più rappresentative; il PSR; il PAL delle ASL; il Piano delle attività territoriali (PAT) dei distretti. Le Regioni istituiscono la Conferenza permanente per la programmazione socio-sanitaria, della quale fanno parte i sindaci, e disciplinano la partecipazione all’elaborazione di PSR, PAL e PAT delle OS degli operatori della sanità e delle associazioni senza fini di lucro.
Malgrado i bilanciamenti perequativi, attualmente numerose ricerche epidemiologiche hanno evidenziato la persistenza di una significativa diseguaglianza a sfavore delle classi socioeconomiche svantaggiate e delle popolazioni meridionali nell’accesso ai servizi, negli esiti delle cure ricevute, nei comportamenti rischiosi per la salute, nella mortalità e nella morbosità.