SESSO
(XXXI, p. 481; App. II, II, p. 813; III, II, p. 719; IV, III, p. 314)
Biologia. - Determinazione genetica del sesso. - Negli ultimi anni i meccanismi genetici della determinazione del s. sono stati approfonditi in Drosophila melanogaster. Com'è noto da tempo, il determinante primario del s. in Drosophila è rappresentato dal rapporto X:A (numero dei cromosomi X relativo al numero degli autosomi) (Bridges 1921). I meccanismi molecolari sembrano coinvolgere diversi fattori zigotici e materni, come i geni sis-b (sisterless-b) e da (daughterless) i cui prodotti mostrano analogia con quelli della famiglia dei geni myc. Recentissime ricerche indicano che nella determinazione primaria del s. sono coinvolti diversi fattori di trascrizione che presentano il tipico motivo strutturale elica-loop-elica. Eterodimeri di questi fattori riconoscerebbero il numero degli X per poi indurre l'espressione del gene Sxl (sexlethal) che è il gene centrale sia per la determinazione del s. che per la ''compensazione del dosaggio''.
È stato possibile distinguere, nel caso di Drosophila, il differenziamento della linea germinale da quello della linea somatica. Il primo non è completamente cellula autonoma. A parte il gene Sxl, solo alcuni geni coinvolti nella determinazione somatica del s. intervengono nel differenziamento delle cellule germinali. Recentemente sono stati identificati dei geni specifici, come ovo, per il differenziamento delle cellule germinali femminili. Per quanto concerne l'apporto del gene Sxl, se il rapporto X:A è uguale a 1 (due cromosomi X per cellula diploide), il trascritto primario del gene Sxl porta a un prodotto genico che indirizza il differenziamento sessuale in senso femminile con ulteriori eventi di splicing differenziale a cascata dei trascritti di altri geni. Il prodotto del gene Sxl influenza lo splicing del trascritto del gene tra-2 che porta alla produzione di un fattore che a sua volta regola la maturazione di un trascritto del gene dsx (double-sex) caratterizzante il s. femminile. Le ricerche sono ora indirizzate all'identificazione dei geni la cui espressione dipende da questa cascata regolativa ed è richiesta per il differenziamento terminale femminile. Se il rapporto X:A è uguale a 0,5 (un cromosoma X per cellula diploide), lo splicing del gene Sxl produce un messaggio non codificante, per cui il trascritto del gene tra-2 non sarà elaborato. Conseguentemente il trascritto del gene dsx sarà elaborato in un trascritto maschio-specifico. Altri due geni, tra-2 e ix (intersex), sono espressi in entrambi i s., sebbene i loro prodotti siano richiesti solo per il differenziamento femminile.
Anche il meccanismo di ''compensazione del dosaggio'', conseguente alla differenza del rapporto X:A nei due s., è stato chiarito. Infatti nei maschi, nelle cui cellule è presente un solo cromosoma X, il prodotto della trascrizione dei geni associati al cromosoma X viene raddoppiato. Tale raddoppio è prevenuto nella femmina dal gene Sxl. Inoltre la trascrizione dei geni associati al cromosoma X è potenziata nel maschio da alcuni geni autosomici: mle (maleness), mls-1, mls-2 e mls-3 (male specific lethal 1, 2, 3) (Cline 1985; Polito e Furia 1992).
Anche Coenorhabditis elegans è divenuto un interessante modello per lo studio del meccanismo della determinazione del sesso. La recente scoperta del gene sdc-1, responsabile del controllo della determinazione del s., è stata seguita dal suo clonaggio (Miller e altri 1988). Questo gene codifica una proteina di 1203 amminoacidi, le cui caratteristiche suggeriscono che il gene sdc-1, con molta probabilità, funziona da fattore di regolazione della trascrizione di geni che sono specificamente coinvolti nella determinazione del s. e nella compensazione del cromosoma X.
Tra i vertebrati, le recenti acquisizioni nei mammiferi lasciano supporre che probabilmente ci sia una varietà di strategie per la determinazione del s., che vanno dalla regolazione trascrizionale e dallo splicing alternativo come in Drosophila, ai meccanismi di regolazione trascrizionale di Coenorhabditis e mammiferi, uomo compreso. Il rapido progresso degli ultimi anni nelle conoscenze sulla determinazione del s. nei mammiferi è riassunto nella fig. 1. Recentemente si è giunti all'identificazione del gene SRY (Sex Region of the Y) nel braccio corto del cromosoma Y dell'uomo e del suo omologo, Sry, nel braccio lungo del cromosoma Y del topo, prima chiamati Tdf (Testicular determining factor). Si tratta di un frammento di DNA di 14 Kb, la cui clonazione ha permesso la sua transfezione in uova di topine e la conseguente mascolinizzazione di femmine genetiche (XX) (Koopman e collaboratori 1991).
Nonostante il comportamento copulatorio di questi topi fosse normale così come lo sviluppo del tratto urogenitale, di tipo maschile e senza segni di ermafroditismo, la topina transgenica era sterile (fig. 2A). D'altra parte è noto che la presenza di due cromosomi X nel topo causa sterilità: la spermatogenesi è bloccata allo stadio di prospermatogoni (fig. 2B). La transfezione ha avuto successo solo con Sry di topo, sebbene i geni Sry del topo e SRY dell'uomo posseggano una sequenza nucleotidica molto simile. Tuttavia, nella regione che codifica un dominio con caratteristiche regolatrici, i due domini differiscono per 23 residui amminoacidici. Ciò spiega il mancato funzionamento del gene SRY umano nel topo. Alcune delle topine sicuramente transfettate si sono sviluppate come femmine normali; se accoppiate con maschi normali davano una progenie normale dimostrando che il gene Sry è sensibile all'effetto di posizione. Di particolare interesse è anche la scoperta che il gene Sry si esprime nella regione urogenitale del topo nelle cellule somatiche e non in quelle germinali dall'11° giorno di gravidanza, cioè immediatamente prima della fase di differenziamento sessuale (Gubbay e collaboratori 1990).
Come per Drosophila, anche nei mammiferi siamo ancora lontani dall'identificazione del prodotto responsabile del differenziamento sessuale terminale. La ricerca dei geni strutturali su cui opera la cascata dei geni regolatori che portano al differenziamento terminale del s., sarà certamente molto lunga.
Determinazione ambientale del sesso. - Anche nei vertebrati sono stati scoperti casi di determinazione ambientale del sesso. Ferguson e Joanen (1982) hanno dimostrato che il differenziamento sessuale degli alligatori dipende dalla temperatura d'incubazione delle uova. A 30°C o a temperature inferiori gli embrioni si differenziano in senso femminile, mentre a 34°C o a temperature superiori si differenziano in maschi. La temperatura non agisce sempre nella stessa direzione: nelle tartarughe, per es., l'alta temperatura in alcune specie induce la mascolinizzazione, mentre in altre la femminilizzazione. Il meccanismo di questo tipo di determinazione del s. è del tutto sconosciuto (Dournon e altri 1990). Come ipotesi di lavoro si potrebbe pensare all'attivazione, da parte della temperatura, di geni che controllano la sintesi di proteine regolatrici del DNA o dell'RNA, così innescando una catena di reazioni che portano al differenziamento sessuale.
Differenziamento sessuale. - Negli anni Settanta si andò affermando, in contrapposizione alla teoria del ''doppio induttore'' (mascolinizzante e femminilizzante) di E. Witschi, l'ipotesi dell'''induttore unico'' del differenziamento sessuale proposta da A. Jost già negli anni Cinquanta. Questa si basava sui risultati di esperimenti di castrazione in utero di feti di coniglio eseguiti prima dello stadio del differenziamento sessuale. La castrazione ha come effetto il differenziamento sessuale del tratto genitale in senso femminile, indipendentemente dal s. genetico del feto (fig. 3).
Secondo Jost tutti gli individui sarebbero programmati come femmine: nei genotipi maschili il differenziamento viene deviato in senso maschile da un ''organizzatore'' codificato dal cromosoma Y (v. sopra: Determinazione genetica del sesso) per cui la gonade si differenzia in testicolo, che, producendo ormoni androgeni, induce il differenziamento dei caratteri sessuali secondari in senso maschile (fig. 4). Nei genotipi femminili invece il differenziamento della gonade procederebbe regolarmente in ovario, i cui ormoni estrogeni successivamente inducono il differenziamento dei caratteri sessuali secondari in senso femminile (fig. 4). Nel caso degli uccelli, a digametia femminile (ZW), il differenziamento sessuale innato sarebbe programmato in senso maschile, per cui nelle femmine un ''organizzatore'' codificato dal cromosoma W (l'analogo dell'Y delle specie a digametia maschile) devierebbe il differenziamento della gonade in senso femminile; la gonade a sua volta, secernendo estrogeni, induce il differenziamento dei caratteri sessuali secondari in senso femminile. Nei genotipi maschili, invece, il differenziamento procede secondo il s. base, cioè quello maschile (fig. 5).
Natura degli induttori del differenziamento sessuale. - I successi ottenuti negli anni Trenta nell'inversione sperimentale del s. mediante gli ormoni sessuali (testosterone, estradiolo, progesterone) fecero illudere di aver individuato in essi l'induttore del differenziamento sessuale, almeno nei vertebrati. Ma l'azione di questi ormoni si dimostrò di tipo farmacologico. Anche l'ipotesi di Wachtel e Ohno (1975), secondo cui l'induttore del differenziamento sessuale maschile, preconizzato come abbiamo visto da Jost, potesse identificarsi con l'antigene di istocompatibilità (H-Y) espresso da un gene della regione pericentromerica dell'Y, è naufragata. Infatti nel 1984 McLaren e collaboratori trovarono che i topi del ceppo Sxr (Sex-reversed) con genotipo XX ma fenotipicamente maschi, sono privi di antigene H-Y.
I maschi di questo ceppo posseggono all'estremità del braccio lungo del cromosoma Y una duplicazione del segmento in cui risiede il gene Sry per il differenziamento testicolare (fig. 6). In seguito al crossing over obbligatorio, che nel topo avviene tra il braccio lungo dell'X e dell'Y, si formano spermatozoi che portano l'X con la duplicazione del gene Sry. Le uova fecondate da questi spermatozoi sviluppano individui fenotipicamente maschi, ma sterili. Anche nell'uomo si verificano casi analoghi: nel 1987 Simpson e collaboratori trovarono maschi XX sterili e H-Y negativi e donne XY e H-Y positive. L'ipotesi che si trattasse della conseguenza di uno scambio anomalo tra il braccio corto dell'X e quello dell'Y al di sotto di quello obbligatorio, comprendente il gene SRY, venne confermata dai risultati dell'ibridazione in situ. Anche in questo caso, come nei topi Sxr, il crossing over anomalo aveva interessato solo il tratto del cromosoma Y comprendente SRY e non quello contenente l'antigene H-Y, che probabilmente occupa una posizione paracentromerica o è localizzato nel braccio lungo dell'Y.
Sorte migliore hanno avuto le ricerche sull'induttore del differenziamento sessuale maschile negli invertebrati. Dopo una lunga competizione tra il gruppo giapponese di Katakura (Hasegawa 1987) e quello francese di Legrand (Martin e coll., 1990), il principio attivo della ghiandola androgena è stato purificato da quest'ultimo in Armadillidium vulgare. Si tratta di due isoormoni polipeptidici, AH1 e AH2, con pesi molecolari simili tra 17 e 18 kD.
L'ormone anti-Mülleriano. - Dopo il differenziamento sessuale delle gonadi, gli ormoni sessuali secreti da queste (gli estrogeni dall'ovario e gli androgeni dal testicolo) inducono il differenziamento dei caratteri sessuali secondari. Tra questi il dotto di Wolff si differenzia in deferente nei maschi sotto l'azione degli androgeni, mentre nella femmina si limita a fungere da uretere; il dotto di Müller si differenzia in ovidutto nella femmina sotto l'azione degli estrogeni, mentre nel maschio regredisce precocemente per effetto della produzione di una glicoproteina da parte del testicolo, che prende il nome di ormone anti-Mülleriano o MIS (Müllerian Inhibiting Substance) (Jost e collaboratori 1973). Questa proteina è secreta dalle cellule del Sertoli contemporaneamente al differenziamento testicolare e per tutto il periodo corrispondente alla regressione del dotto di Müller (Meyers-Wallen e collaboratori 1991).
Differenziamento sessuale del sistema nervoso centrale. - Il comportamento sessuale maschile o femminile è controllato da due aree cerebrali: una, che comprende l'ipotalamo anteriore, e più precisamente l'area preottica, controlla la monta e l'accoppiamento nel maschio; l'altra, che comprende l'area ventromediale dell'ipotalamo, controlla la recettività delle femmine. Recentemente nei neuroni di queste aree ipotalamiche è stata dimostrata la presenza di recettori per gli ormoni sessuali rispettivamente maschili e femminili.
Nei roditori il sistema nervoso centrale subisce un differenziamento sessuale: nei primi giorni dopo la nascita il testosterone, direttamente o indirettamente, induce nei maschi il differenziamento dell'ipotalamo, regione dell'encefalo da cui dipendono le manifestazioni comportamentali sessuali. Nei neonati femmine, l'iniezione di testosterone induce gli stessi effetti. Questo trattamento fa perdere definitivamente all'ipotalamo la capacità di rispondere all'aumento della concentrazione dell'estradiolo nel sangue (feedback positivo), ormone che nelle femmine di controllo provoca un notevole rilascio di LH (ormone luteninizzante) da parte dell'adenoipofisi e quindi l'ovulazione. I neonati femmine così mascolinizzati presentano la cosiddetta ''sindrome dell'estro costante'' (Harris e coll. 1964).
Grande sorpresa suscitò la scoperta che non è il testosterone per sé, ma un suo metabolita, il 17β−estradiolo (derivato dalla conversione in situ del testosterone effettuata da un'aromatasi dell'ipotalamo), a causare il differenziamento in senso maschile dell'ipotalamo (Ryan e collaboratori 1972). Nella femmina l'effetto mascolinizzante dell'estradiolo sarebbe prevenuto dall'elevata concentrazione di α−fetoproteina che mostra un'alta affinità di legame per questo ormone, con conseguente riduzione della quantità di steroide disponibile per le cellule bersaglio (McEwan e collaboratori 1975; Attardi e Rouslahti 1976).
Il differenziamento sessuale dell'ipotalamo ha trovato recentemente una base morfologica: nel ratto è stato individuato un dimorfismo sessuale del volume di un nucleo dell'area preottica, maggiore nel maschio che nella femmina (Gorski 1984) (fig. 7). Un dimorfismo sessuale simile è stato osservato nel nucleo preottico mediale dell'ipotalamo della quaglia giapponese, Coturnix japonica (Viglietti-Panzica e collaboratori 1986).
Bibl.: C.B. Bridges, in Science, 54 (1921), p. 252; A. Jost, in Memoirs. Society for Endocrinology, 7 (1960), p. 49; G.W. Harris, R.P. Michael, in Journal of Physiol., 171 (1964), p. 275; J. Gubbay, J. Collignon e altri, in Endocrinology, 75 (1964), p. 627; K.L. Ryan, F. Naftolin e altri, in Journal of Obstetrics and Gynaecology, 114 (1972), p. 454; A. Jost, E. Vigier e altri, in Recent Progress in Hormone Research, 29 (1973), p. 1; B.S. McEwan, L. Plapinger e altri, in Brain Research, 96 (1975), p. 400; S. Wachtel, S. Ohno e altri, in Nature, 257 (1975), p. 235; B. Attardi, E. Rouslahti, ibid., 263 (1976), p. 685; M.W.J. Ferguson, T. Joanen, ibid., 296 (1982), p. 850; R.A. Gorski, in Serono Symposia, n. 11, Raven (New York) 1984, p. 65; A. McLaren, E. Simpson e altri, in Nature, 312 (1984), p. 552; T.W. Cline, Primary events in the determination of sex in Drosophila melanogaster, in Origin and evolution of sex, a cura di H. Halvorson e A. Monroy, New York 1985, p. 301; C. Viglietti-Panzica, M.G. Panzica e altri, in Neuroscience Letters, 64 (1986), p. 129; Y. Hasegawa, K. Haino-Fukushima, Y. Katakura, in General and Comparative Endocrinology, 67 (1987), p. 101; E. Simpson, P. Chandler e altri, in Nature, 326 (1987), p. 876; L.M. Miller, J.O. Plenefish e altri, in Cell, 55 (1988), p. 167; C. Dournon, C. Houillon, C. Pieau, in International Journal of Developmental Biology, 34 (1990), p. 81; A. Jost, E. Vigier e altri, in Nature, 346 (1990), p. 245;G. Martin, P. Juchault e altri, in General and Comparative Endocrinology, 80 (1990), p. 349; A. McLaren, in Nature, 346 (1990), p. 216; C. Polito, A. Pannuti, J. Lucchesi, in Developmental Genetics, 11 (1990), p. 249; A. McLaren, in Nature, 351 (1991), p. 96; P. Koopman, J. Gubbay e altri, ibid., p. 117; V.N. Meyers-Wallen, T.F. Manganaro e altri, in Biology of Reproduction, 45 (1991), p. 626; C. Polito, M. Furia, Sex determination and dosage compensation on Drosophila melanogaster, in Sex origin and evolution, a cura di R. Dallai, Modena 1992, p. 123.