sessualità
Insieme dei caratteri fisici, delle attitudini psicologiche e dei comportamenti culturali legati alla riproduzione della specie e al conseguimento del piacere attraverso l’apparato genitale. I riferimenti tradizionali sulla s. sono stati profondamente modificati dalla psicoanalisi che ha introdotto il concetto di libido (➔), energia multiforme che accompagna l’essere umano nel rapporto con se stesso e con gli altri per tutto l’arco dell’esistenza, dalla prima infanzia alla vecchiaia. Questa energia è connessa all’aggressività e a tutto il complesso delle emozioni, delle sensazioni corporee e delle fantasie.
La mancata comprensione di questa accezione psicoanalitica della s. è all’origine dell’accusa di pansessualismo che ha segnato i primi decenni della psicoanalisi e si è nutrita dell’ostilità degli ambienti psichiatrici, di quelli accademici e della chiesa cattolica. In molte occasioni le teorie di Sigmund Freud sono state semplificate e interpretate come incitamenti ad allentare i freni inibitori e a vivere in uno stato perenne di licenziosità. Ma la centralità della libido nel processo di sviluppo, così come il principio del piacere/dispiacere (➔), è cosa ben diversa da una visione edonistica dell’esistenza. In realtà quello che allora spaventava numerosi ambienti della società vittoriana, e che in parte spaventa ancora, è riconoscere che molti dei nostri comportamenti, apparentemente dettati da scelte consapevoli, sono in realtà condizionati da pulsioni e difese inconsce, che sfuggono alla volontà e alla ragione.
La scoperta della s. infantile ha portato Freud ad ampliare il concetto di s., e a dimostrare che le eccitazioni e le passioni dell’adulto sono presenti fin dall’inizio della vita. Il bambino, infatti, non è un essere innocente e asessuato, ma un piccolo «perverso polimorfo», dominato da impulsi e desideri primitivi. Nel corso del processo di sviluppo, varie zone del corpo assumono una particolare rilevanza come fonte di esperienza sensoriale e di piacere. A tali zone Freud fa corrispondere quattro fasi: orale, anale, fallicouretrale e infine genitale. In seguito la psicoanalisi ha messo l’accento non soltanto sulle parti del corpo implicate, ma soprattutto sul modo in cui si declinano i rapporti tra il bambino e le persone che se ne prendono cura. Inoltre, l’intero processo non si svolge secondo una progressione lineare, ma con oscillazioni e regressioni. Dopo aver attraversato il crocevia edipico (➔ complesso di Edipo) che comporta l’incontro con le due grandi differenze – quella tra adulto e bambino e quella tra maschio e femmina – il punto d’arrivo è la cosiddetta fase genitale. È qui che il riconoscimento della propria identità, e insieme della propria finitezza come uomo o come donna, può corrispondere allo speculare riconoscimento dell’altro come diverso da sè. Nella maturità l’altro/altra è infatti vissuto come una persona, protagonista a sua volta di impulsi ed emozioni, non soltanto come soggetto deputato ad appagare i propri bisogni e luogo di proiezione delle proprie fantasie.
La psicoanalisi moderna ha messo in evidenza che la problematicità del processo di sviluppo psicosessuale nel rapporto con l’altro non è guidato solo dalla libido, ma anche e soprattutto dalla fusione tra pulsioni libidiche e aggressive (➔ pulsioni). Ed è proprio la gestione dell’aggressività a creare i maggiori ostacoli nella s. adulta di maschi e femmine. Quando una tappa evolutiva appare troppo minacciosa, poiché richiede nuovi equilibri nel gioco pulsionale del desiderio e dell’aggressività, è la paura di distruggere o di essere distrutti che può provocare la regressione e la fissazione a livelli precedenti, con la conseguenza di generare assetti patologici di vario grado, dall’inibizione alla perversione.
Il tema della s. femminile è tra quelli che hanno subito maggiori revisioni rispetto alla teoria classica freudiana, fino a diventare uno dei capitoli più ricchi della psicoanalisi moderna. Freud descrive la s. femminile come speculare a quella maschile, presumendo che fino ai 3-4 anni il bambino e la bambina non siano consapevoli della loro differenza anatomica e ignorino l’esistenza della vagina. La scoperta li porterebbe a percorrere successivamente due linee di sviluppo diverse, ma entrambe segnate dalla centralità del fallo: per il maschio con l’angoscia di castrazione, per la femmina con l’invidia del pene. Molti autori – da Melanie Klein a Margaret Mahler, a Donald Winnicott, a Janine Chasseguet-Smirgel, a JoyceMcDougall – hanno indagato in seguito i livelli precoci, preedipici dello sviluppo, mettendo in luce che una oscura sensazione della differenza tra i sessi esiste fin dalla nascita, anche se solo più tardi se ne costituisce un senso mentale. Nel frattempo, sia il bambino sia la bambina sono dominati dall’illusione originaria di essere completi e perfetti, liberi da bisogni e da mancanze. In questa area, segnata dall’indistinzione, si gioca una gran parte degli esiti della futura identità sessuale normale o patologica. Senza cadere nell’equivoco della bisessualità come categoria identitaria, la psicoanalisi non vede più il maschile e il femminile come opposti necessari, ma ne riconosce le infinite sfumature nei singoli individui. I quali, nel sentirsi sufficientemente sicuri della propria femminilità o mascolinità, potranno tenere vive quelle quote arcaiche, non ancora nettamente differenziate, che permettono loro di immedesimarsi con il proprio partner in uno scambio sessuale pieno e maturo.