sette
Il numerale compare 25 volte nella Commedia (6 nell'Inferno, 14 nel Purgatorio, 5 nel Paradiso), 7 volte nel Convivio, 2 nelle Rime.
Per il Singleton il s. è " il numero del poeta " che " dev'essere considerato come suo in un poema dove così tanti numeri sono di Dio " (The Poet's number at the Center, pp. 1-10, citato nella voce NUMERO: Il numero nelle opere di Dante), e spesso infatti il termine è usato con valore simbolico. Per esempio, con riferimento alle arti liberali del Trivio e del Quadrivio, come D. stesso chiarisce in Cv II XIII 7 e 8 (e cfr. anche II XIV 1) li sette cieli primi a noi sono quelli de li pianeti... A li sette primi rispondono le sette scienze del Trivio e del Quadruvio; o con riferimento alla somma delle quattro virtù cardinali e delle tre ordinali; è anche il caso delle immagini che D. crea presentando il nobile castello, / sette volte cerchiato d'alte mura (If IV 107: simbolo delle s. virtù, o delle arti liberali; secondo altri delle s. partizioni della Filosofia), nel quale D. entra con i savi che lo guidano per sette porte (IV 110).
Egualmente simbolica, nella processione che compare nel Paradiso terrestre, l'immagine dei sette alberi d'oro (Pg XXIX 43), cioè i s. candelabri accesi, derivata dalla Sacra Scrittura; essi rappresentano " i sette spiriti di Dio ", cioè lo spirito di Dio settemplice, fonte dei s. doni (citati anche in Cv IV XXI 12); così al v. 77 sono descritte le sette liste, cioè le strisce regolari lasciate dai candelabri in movimento; in XXXII 18 torna l'immagine delle sette fiamme.
Le sette ninfe (XXXII 98; XXXIII 13 e 109) che tengono in mano i s. candelabri rappresentano le virtù cardinali e teologali; mentre i s. personaggi (XXIX 145) che chiudono la processione, biancovestiti come i 24 seniori, ma con il capo ornato di rose e di altri fiori vermigli, rappresentano i libri del Nuovo Testamento: i due vecchi sono personificazione degli Atti degli Apostoli e delle Epistole di s. Paolo; i 4 di umile aspetto delle Epistole di s. Pietro, s. Giacomo, s. Giovanni e s. Giuda; l'ultimo raffigura l'Apocalisse di s. Giovanni.
Il numerale torna frequentemente nelle figurazioni della seconda cantica: i sette regni su cui è sovrano Catone sono i gironi del Purgatorio (I 82); Sette P sono i segni dei peccati mortali di cui in essi si paga la pena e che l'angelo portinaio incide sulla fronte di D. (IX 112); nell'esempio di umiltà scolpito nella parete del girone dei superbi, la gente che precede l'arca delle tavole della legge condotta da David è partita in sette cori (Pg X 59; cfr. II Reg. 6, 12 " Et erant cum David septem chori ").
Dal cielo ottavo del Paradiso D. guarda alle sette spere (XXII 134), ai s. pianeti sferici attraverso i quali è passato, che, tutti e s. (XXII 148), gli si mostrano quanto son grandi e quanto son veloci.
Nelle Rime incontriamo un riferimento ai s. pianeti (C 9) e alle sette stelle dell'Orsa Maggiore (v. 29).
Con particolari derivati dall'Apocalisse di s. Giovanni, dove sono riferiti alla Roma imperiale, D. costruisce l'immagine della Chiesa di Roma corrotta e trescante con i re della terra: essa con le sette teste nacque (If XIX 109: i s. doni dello Spirito Santo elargiti da Dio alla Chiesa nascente; secondo altri, i s. sacramenti) e da le diece corna ebbe argomento, dai dieci comandamenti della legge mosaica; ma vedi per tutto il problema la voce SETTE TESTE. Il numerale è usato per indicare i re di Roma (Cv IV V 11, Pd VI 41), i re ch'assiser Tebe (If XIV 68; v. SETTE RE), i savi antichissimi (Cv III XI 4; v. SETTE SAVI).
Compare ancora nell'indicazione del periodo di s. anni (dalla primavera del 1300 all'ottobre 1306) che separa D. dal viaggio in Lunigiana, dove sarà ospite dei Malaspina, in Pg VIII 134 'l sol non si ricorca / sette volte nel letto che 'l Montone / con tutti e quattro i piè cuopre e inforca.
La ripetizione del numerale ha notevole forza drammatica nei versi in cui si allude al dramma di Niobe che ha perduto s. figli e s. figlie: Pg XII 39 Nïobè, con che occhi dolenti / vedea io te segnata in su la strada, / tra sette e sette tuoi figliuoli spenti!; e con una moltiplicazione (Mostrarsi... in cinque volte sette / vocali e consonanti, Pd XVIII 88) è indicato il numero delle trentacinque lettere che appaiono nel cielo di Giove.
È usato come numero indeterminato (si veda anche nella Bibbia, Prov. 24, 16 " Septies enim cadet iustus et resurget "; Eccl. 11, 2 " Da partem septem necnon et octo, / quia ignoras quid futurum sit mali super terram ") in If VIII 97, nel ringraziamento a Virgilio che più di sette / volte ha sicurtà renduta a D., e in XXII 103, nella promessa astuta di Ciampolo che, per aver via libera dai Malebranche, dichiara che con un fischio convenzionale riuscirà a far uscire dalla pegola molti dannati: per un ch'io son, ne farò venir sette.
Il s. compare a formare l'aggettivo 167 in Cv II VI 10, nell'indicazione della distanza dalla terra della stella Venere lontana, qual volta più c'è presso, cento sessanta sette volte tanto quanto è, e più, al mezzo de la terra, che ci ha di spazio tremilia dugento cinquanta miglia. Il termine, sostantivato, compare nell'espressione di Pd VI 138: Romeo da Villanova assegnò a Raimondo Beringhieri sette e cinque per diece, cioè aumentò il suo patrimonio.