BOCCIA, Severino
Nacque ad Ascoli Satriano in provincia di Foggia nel 1620 (della famiglia non sappiamo nulla perché l'Archivio capitolare di Ascoli Satriano, coi libri parrocchiali, andò distrutto in un incendio nel 1656). Fece la professione monastica, a Cava, il 29 sett. 1637. Divenne visitatore della Congregazione cassinense e fu abate di importanti sedi benedettine, come Farfa e Messina. Morì il 14 genn. 1697 a Napoli, nel monastero di S. Severino (avverandosi così una sua stessa profezia, secondo la tradizione tramandata dal prete che lo assisté nelle ultime ore); era allora abate "S. Mariae de Varra, in suburbio Neapolis, quod vulgo Chiaja dicitur" (Armellini).
Riferisce l'Armellini che il B. fu di costumi molto pii e di carattere particolarmente gentile, tanto da ottenere, mentre insegnava teologia nel monastero di S. Benedetto presso Mantova, il rispetto di soldati e ufficiali francesi, non solo proteggendo il monastero da rapine, ma arrivando a convertire vari calvinisti. Morcaldi scrive che si acquistò la fama di un novello Beda. Particolarmente importante fu il periodo (28 apr. 1671-19 maggio 1677) in cui fu abate della SS. Trinità a Cava dei Tirreni. Il 20 ott. 1675, anno del giubileo, esumò con gran pompa le ossa degli otto abati cavensi beatificati (Simeone, Falcone, Marino, Benincasa, Pietro II, Balsamo, Leonardo, Leone II) raccogliendole nella restaurata tomba dell'abate Marino e dettando una iscrizione che si conservava all'inizio del secolo seguente (Polverino).
A pseudonimi il B. ricorse nelle sue opere a stampa. Col nome di Sosio de Urbe Lucana (anagramma di D. Severino ab Asculo) pubblicò il Praelatus Casinensis,nempe moduli sive formulae supplicum libellorum..., Reggio Emilia 1676 (e seconda edizione, Parma 1721), una raccolta a scopi pratici di formule, atti, lettere, circolari benedettine; e gli Elogia plurium sanctorum, ac virorum dignitate et doctrina illustrium, praecipue summorum pontificum, N. XL ex ordine D. Benedicti, riprodotti da G. R. Ebmer, Descrizione..., Roma 1671 (Armellini).
Con lo pseudonimo di Sincero Valdesio il B. pubblicò la sua opera più celebre (che costituisce peraltro una rarità bibliografica), Il Tasso piangente cioè i primi tre canti del Tasso trasformati in Pianti, Napoli 1682.
Il Tasso aveva avuto, come è noto, buoni rapporti coi benedettini della Cava, dove si fermava spesso bambino, accompagnando il padre nei viaggi fra Sorrento e Salerno. Nell'introduzione al suo libro il B. spiega che, durante il suo soggiorno in Sicilia, si trovò a discutere con alcuni accademici sulla difficoltà del comporre in rima; egli sostenne che, come il pittore può dipingere con gli stessi colori qualunque soggetto, così un poeta può cantare con le stesse rime qualunque argomento, e accettò la sfida a comporre un lamento di "amante pudico", "piagato dalle bellezze di Donna crudele, con le rime corrispondenti a quelle del primo canto del Tasso". In poche settimane terminò l'opera. Poco dopo, ammalatosi, compose per penitenza "d'haver cantato, o pianto, benche fintamente d'Amore", un secondo pianto, in cui rese lunghi brani latini, di argomento religioso, con le rime del secondo canto del Tasso; e poi, sollecitato da amici, un terzo pianto, con le rime del terzo canto del Tasso, destinato a compiangere la sorte di Gerusalemme sotto i Turchi. Nel libro i tre "pianti" del B. sono stampati a fronte dei primi tre canti del Tasso, in modo che il lettore possa agevolmente notare, nel confronto, l'identità delle rime e la diversità dell'argomento.
Il B. lasciò anche opere inedite: un trattato di prosodia, un corso di filosofia, e forse altri lavori oggi perduti (Armellini, Morcaldi, Guillaume). All'abbazia della Cava si conservano altre opere: una versione italiana delle Vite dei Santi Padri Cavensi, che Morcaldi loda come "una vera gemma di purismo" e attribuisce al B.; delle Lectiones in Genesim (ms. N. 59) e sei volumi con gli elogi di tutti i santi dell'anno (ms. N. 38-43; nel primo volume a p. 1 c'è un breve curriculum vitae dell'autore); e infine due opere che, a quanto pare, meriterebbero di essere studiate dagli storici della lingua italiana (e sono abbastanza largamente, ma insoddisfacentemente, descritte dal Guerrieri): un Vocabolario italiano in cinque volumi (mss. N. 20-4) e una Grammatica italiana (ms. n. 6), di cui D. Felice Roma (nel 1703 procuratore generale della Congregazione cassinense) quando era a Farfa, dove il B. fu abate, fece un riassunto che donò all'Armellini ed è ora probabilmente perduto (Armellini). Per gli esempi si ricorre al Tasso. Il Morcaldi riferisce che il Puoti consultava spesso queste opere e "soleva chiamare (il B.) uno de' padri della grammatica italiana". Il Trabalza lo cita fra gli avversari della Crusca.
Bibl.: Notizie sul B. si trovano a p. 157 del ms. n. 106(Ricordi dal 1521 al 1699 di C. Massaro di Capua) dell'abbazia della Cava. Vedi inoltre A. Polverino, Descr. istor. della città fedelissima della Cava, II, Napoli 1716, pp. 81-82; M. Armellini, Bibl. Benedictino-Casinensis, II, Assisi 1732, pp. 174-175; M. Morcaldi, La Bibl. del Monumento della Badia della SS. Trinità di Cava dei Tirreni, s.l. né d. (ma 1872), p. 20; Id., Synopsis hist.-dipl. monasterii et tabularii Cavensis, in Cod. dipl. Cavensis, Napoli 1873, pp. VII-LXXIX; P. Guillaume, Essai hist. sur l'abbaye de Cava..., Cava dei Tirreni 1877, pp. CXX, 315-316; F. Guerrieri, L'abbate S. B. grammatico e lessicografo Pugliese del sec. XVII, in Scienza e diletto (Cerignola), 12, 19, 26 nov. 1899; 10, 24 dic. 1899; C. Trabalza, Storia della gramm. Ital., Milano 1908, p. 355.