Vedi SFINGE dell'anno: 1966 - 1973
SFINGE
Già dall'epoca arcaica il re d'Egitto viene paragonato a un leone e come tale rappresentato. Alla IV dinastia, per mostrare il carattere metaforico di tale figurazione, si è data una testa umana alla belva: con un processo inverso a quello per cui, verso la stessa epoca, alle divinità teriomorfe si è lasciato il capo belluino, fornendole invece di corpo umano. Monumento singolarmente illustre di questo momento è la S. di Gīzah (v.), colossale immagine ricavata da un nucleo roccioso naturale, che raffigura Khephren presso il suo stesso tempio funerario. Da allora la S. ufficialmente è raffigurata col capo del sovrano regnante e un tipico copricapo come attributo della regalità. Solo nel Medio Regno un gruppo di s. regali in granito nero, di singolare realismo nei tratti del volto (Amenemḥēt III), presentano la criniera leonina a cornice della faccia: tratto che sarà riecheggiato all'inizio della XVIII dinastia come allusione culturale.
Se le s. a tutto tondo sono fino a quest'epoca rappresentate accovacciate e con lo sguardo volto in avanti, nei rilievi già dell'Antico Regno la S. appare eretta sulle zampe, e che calpesta sotto gli artigli i nemici vinti. Tale motivo non passa mai nelle statue a tutto tondo, che invece nel tardo Regno Nuovo (in pratica dall'epoca ramesside in poi) trova un più ricco partito compositivo fornendo la s. di mani e braccia umane, tese a tenere un vaso d'offerta. Ne è compromessa l'austerità della composizione a favore di una più frivola aneddoticità cara al gusto dei tempo. A queste personificazioni regali si deve se, in alcuni casi, la s. assume aspetto femminile, ove si tratti di una regina: così un rilievo rappresenta Tiy (la moglie di Amenophis III) come s. che calpesta gli Asiatici, e così le sfingi di Ḥashepsowe possono portare una testa con acconciatura hathorica. Ma si può dire, in genere, che queste sono eccezioni per le quali è possibile ogni volta trovare una specifica causa determinante. Alla funzione di immagine regia, che non è mai andata dimenticata, la s. aggiunge presto un più preciso valore divino: può esser considerata divinità solare, e perciò assimilabile a Rē ῾Harakhte. In ambiente tebano, legandosi ad Amori (-Rē῾) potrà assumere testa di ariete (l'animale del dio) e altrove capo di falco (l'animale di Harakhte): sono varianti note dal Nuovo Regno e forse anche da prima (in quanto la figura della s. alata - grifone - può aver diversa origine). Da questo connubio con il falco, la s. può anche derivare le ali. Il carattere divino della s. si manifesta infine nell'uso di porla davanti ad edifici a custodia delle porte. Le coppie di S. si hanno già nell'Antico Regno, e si sviluppano nel Nuovo nei viali di accesso ai templi fiancheggiati da s., dei quali l'esempio più illustre è quello che unisce a Tebe il tempio di Luxor con quello di Karnak.
Dall'Egitto la figura della s. si è diffusa per il mondo orientale. In Grecia appare già in un ambiente minoico e miceneo: ma il fatto che la s. si presenti qui alata e femminile mostra che il paradigma egiziano è arrivato attraverso intermediarî siriani, che hanno volentieri sviluppato questi elementi che in Egitto erano eccezionali. Femminile ed alata resta in genere la s. greca, rappresentata non più completamente accovacciata, ma seduta sulle zampe posteriori ed eretta su quelle anteriori. In questo aspetto è frequente nella ceramica orientalizzante e nella metallurgia arcaica. Attraverso prodotti artigiani di quest'epoca, questo tipo si diffonde anche in Occidente (Etruria e genericamente Italia). Anche nelle rappresentazioni a tutto tondo questo schema viene mantenuto: la s. dei Nassî a Delfi (sec. VI), affine a modelli ionici asiatici, è appunto rappresentata seduta sulle zampe posteriori, con ali rialzate e ricurve in avanti, e volto femminile incorniciato da treccioline. Tale schema si mantiene fino ad epoca assai più tarda: con ben altri atteggiamenti sentimentali e letterari la s. di Egina (circa 460 a. C.) è ancora costruita su questo modulo. Con petto femminile appare la s. fidiaca del trono dello Zeus, e perdura in seguito. Il peso assunto nel mito, e in particolare i tratti funerarî che la s. assume, ne rendono piuttosto frequente la figurazione in certi ambienti. In epoca ellenistica ne troviamo due in un celebre sarcofago di Sidone, raffigurate dorso a dorso e che uniscono le alte ali a riempire lo spazio intermedio. In epoca romana la s. è frequente su sarcofagi. E anche in Egitto comincia, sotto l'influsso del mondo classico, a prendere i tratti occidentali: ali rialzate, aspetto femminile, zampe anteriori diritte o ripiegate. Il motivo iconografico ha così compiuto tutto il suo ciclo.
Bibl.: Roeder e Ilberg, in Roscher, IV, 1909-15, c. 1298-1408, s. v. Sphinx; B. Schweitzer, Löse und Sphinx im alten Aegypten, in Aegyptologische Forschungen, XV, Amburgo 1948.