SFORZANI
(o Parolari). – Famiglia di metallurghi, orefici e orologiai di Reggio Emilia, attiva tra il Quattro e il Cinquecento, residente nella vicinìa di San Prospero di Castello (Malaguzzi Valeri, 1892, p. 35). Il cognome Parolari, con cui è altrimenti nota, è forse riconducibile a una precedente produzione di paioli, verosimilmente all’origine dell’esperienza della famiglia nella lavorazione dei metalli.
Le prime tracce dell’attività degli Sforzani sono le opere di Giacomo, specializzato nella fusione di campane, tutte databili alla seconda metà del Quattrocento. Nel 1478 gli Anziani di Reggio gli commissionarono le campane di porta S. Croce. Nel 1482 Giacomo fece la campana della torre comunale di Reggio recante l’iscrizione dedicatoria e la firma «Iacobus de Regio me fecit» (Siliprandi, 1915), e nel 1491 realizzò quella della chiesa di S. Maria della Fossa a Novellara, firmata come la precedente (Venturi, 1883; Malaguzzi Valeri, 1892, p. 35; Ciroldi, 2000). In un anno non precisato, chiese un sussidio per le figlie (Malaguzzi Valeri, 1892, pp. 35 s.).
Battista, orefice e fonditore reggiano, ebbe quattro figli, Francesco, Cherubino, Benedetto e Girolamo, annoverabili tra i maggiori orologiai e metallurghi italiani del Cinquecento (p. 35; Id., 1894, p. 332). Intorno al 1486 Battista promise alla Zecca reggiana di coniare «bagattini» (monetine di rame corrispondenti al denaro o alla dodicesima parte del soldo) e di migliorarne la qualità rispetto al passato (p. 185). Nel 1497 e nel 1513 gli Anziani di Reggio accolsero la sua richiesta di procedere con lavori di ristrutturazione presso la sua abitazione (Id., 1892, p. 35). Battista fu rettore dell’università degli artisti nello studio di Bologna per l’anno 1506-1507, fatto che attesta il prestigio raggiunto dalla famiglia nel contesto artistico emiliano (Malagola, 1888; Malaguzzi Valeri, 1894, p. 332). Nel 1508 il Comune di Reggio gli commissionò pesi e misure campione (Id., 1892, p. 35). Per lo stesso Comune nel 1517 realizzò le campane della torre di guardia di porta S. Stefano, e nel 1525 altre tre destinate a porte diverse della città (Id., 1894, p. 332).
Francesco, orafo, nacque nel 1487 (Id., 1892, p. 42; Id., 1894, p. 333). In occasione della visita reggiana del governatore papale Giuliano de’ Medici (1515) eseguì due preziosi piatti d’argento come dono per l’ospite (Id., 1892, p. 42; Id., 1894, p. 333). Poco dopo entrò alla Zecca reggiana, dove è documentato dal 1523 per la produzione di «bagattini» (Id., 1892, p. 42), iniziando come saggiatore (dal 1545 al 1548: p. 45; Id., 1894, p. 212), per essere poi promosso a sovrastante (nel 1551; p. 333). Nel 1533, in collaborazione col fratello Benedetto, fuse alcune campane per il Comune (Id., 1892, p. 42) (nel 1565 lo stesso Benedetto rifuse la campana «della Morte» del duomo di Reggio, occupandosi di realizzare quella nuova, che tuttavia ebbe problemi di gestazione, e fu da lui ultimata nel 1568; Monducci - Nironi, 1984, p. 126). Nel 1536 s’impegnò in lavori di doratura per l’orologio pubblico opera dei Raineri (Malaguzzi Valeri, 1892, pp. 42 s.), e lo stesso anno, in occasione dell’arrivo a Reggio del duca Ercole II, approntò un’elaborata coppa d’oro, con coperchio e piede d’argento, collocata in una cassetta rivestita di seta e velluto, ornata con passamanerie, bottoni e fiocchi (p. 44). Ai personaggi al seguito del duca furono regalate tazze d’argento, anch’esse prodotte dall’orefice (ibid.). Negli anni successivi, conseguentemente ai lavori per i doni destinati a Ercole II, Francesco è documentato come aurifex (ibid.). Nel 1538 ripeté due analoghi vasi d’argento: uno destinato al segretario ducale Alessandro Guarino, l’altro richiesto dal Consiglio generale della città di Reggio (ibid.; Id., 1894, p. 333). Nel 1539 il Comune decise di rifare il gonfalone della città, affidando a Girolamo Maineri le parti pittoriche e a Francesco l’asta dorata e i pomelli (Id., 1892, p. 44). Dal 1539 fino alla metà degli anni Quaranta, Francesco non risulta più a Reggio, poiché forse si trasferì a Roma per rispondere a migliori offerte di lavoro, verosimilmente procurate dal fratello Cherubino (p. 45). Data la fama raggiunta, nel 1553 fu celebrato con una medaglia di Pastorino de’ Pastorini, attivo alla Zecca reggiana per un anno. La medaglia, firmata e datata «P. 1553», e recante l’iscrizione «Francisco Parolaro A. A. LXVI», consente di determinare la data di nascita dell’artista (pp. 34, 42, 45; Id., 1894, p. 333). Francesco fece testamento il 9 luglio 1557, anno in cui risulta corpore languens (Id., 1892, p. 45). Poiché non ebbe figli, lasciò erede la moglie Giovanna Galingani, disponendo che alla di lei morte le proprietà passassero al Monte di Pietà di Reggio. Lasciò i propri utensili a Domenico di Nicola Maioli, forse suo allievo (pp. 45 s.). Francesco dovette essere anche orologiaio, ma su questo aspetto i documenti non sono inequivocabili (Campori, 1877, p. 9; Malaguzzi Valeri, 1892, p. 46).
Cherubino fu tra i più celebri e raffinati orologiai del Cinquecento italiano. Nacque a Reggio Emilia intorno al 1490 (Morpurgo, 1970, p. 111), e verosimilmente, dopo aver acquisito in famiglia le tecniche della lavorazione dei metalli, apprese il proprio mestiere nella città natale, forse dai Raineri di Parma, abitanti a Reggio fin dalla seconda metà del Quattrocento (Campori, 1877, p. 8; Zanetti, 2017, p. 278). Attivo a Roma dal 1523, quando venne incaricato di sovrintendere alla fonderia dei cannoni,Cherubino ricevette il consenso a vivere nella città papale, ottenendo diversi incarichi e benefici (Morpurgo, 1970, p. 111; Cellini, 1558-62 circa, 1996, p. 477), e divenendo canonico e protonotario apostolico (nel 1556 ottenne l’arcipresbiterato di Carpi) (Campori, 1877, p. 8; Malaguzzi Valeri, 1892, p. 41; Morpurgo, 1974, p. 157). Il 20 giugno 1518 fu pagato dal ducato estense per un orologio destinato ad Alfonso I, e, nel maggio del 1524, eseguì un esemplare d’argento con le armi papali per Clemente VII, il quale teneva in grande considerazione i lavori di Cherubino (Campori, 1877, p. 8; Bertolotti, 1882; Müntz, 1888a, p. 22; 1888b, pp. 39 s.; 1888c, p. 71; Morpurgo, 1970, p. 111). Tra il 1530 e il 1531 risulta in corrispondenza con i duchi di Mantova, per la costruzione di orologi nuovi e congegnati secondo certi meccanismi e suonerie, e per il progetto di recarsi alla loro corte (Malaguzzi Valeri, 1892, pp. 39 s.). Tra le opere descritte nel carteggio è un orologio ottagonale, analogo a un esemplare che l’artista aveva già consegnato all’ambasciatore di Giovanni III re di Portogallo (p. 39). Nel 1535 Cherubino è documentato a Roma (p. 40), città in cui svolse l’attività lavorativa più importante, e dove acquisì fama e prestigio. Benvenuto Cellini cita Cherubino nella propria autobiografia, definendolo «maestro di oriuoli eccellentissimo […] molto mio amico» (Cellini, 1558-62 circa, 1996, p. 472). Nel 1540 i due artisti condivisero un viaggio da Roma a Firenze, durante il quale, giunti presso Siena, in un alterco lo scultore fiorentino uccise un maestro delle poste con un colpo partito dal suo archibugio accidentalmente (a suo dire), ricevendo perciò da Cherubino il suggerimento di allontanarsi al più presto e di non tentare più la fortuna (pp. 477-481; Campori, 1877, p. 8). A quel tempo Cherubino era al servizio della corte papale, per la cifra di quattro ducati al mese, che comprendeva la regolazione dell’orologio del palazzo apostolico (forse opera sua) (Malaguzzi Valeri, 1892, p. 38; Romano, 1944, p. 36), escluso il prezzo delle opere che realizzava, per le quali percepiva compensi specifici. Sempre a Roma, nel 1540 eseguì per il cardinale Ippolito d’Este due orologi: «A maestro Cherubino da Rezo dalli Orlogii, per due orlogii dorati, videlicet uno tondo che è sveglia et sona l’hore; l’altro a torre, con una cubba [cupola], che sveglia e mostra l’hore» (Campori, 1877, p. 8; Malaguzzi Valeri, 1892, p. 38). Ancora nel 1540 Cherubino risulta a Reggio, nuovamente in contatto con i duchi di Mantova (Bertolotti, 1889, p. 75; Malaguzzi Valeri, 1892, p. 40). Morì intorno al 1560. Il nipote Teofilo commissionò per lui il monumento funebre nel duomo di Reggio Emilia, concluso nel 1566 da Prospero Sogari detto il Clemente, il cui epitaffio ricorda come l’orologiaio fosse stimato da Carlo V (il quale, benché si avvalesse soprattutto del lavoro di Gianello Torriani, ricevette un esemplare di Cherubino; Morpurgo, 1970, p. 111; Bacchi, 2001). Il monumento rappresenta una grande clessidra, sormontata da Cristo risorto e affiancata dalle figure della Chiesa e della Religione (Campori, 1877; Malaguzzi Valeri, 1892, p. 40; Morpurgo, 1974, p. 157; Bacchi, 2001).
Girolamo, orologiaio, operò soprattutto per i Gonzaga, e si specializzò in lavori di piccolo formato simili a quelli di Cherubino. Come nel caso di suo fratello, il quale certamente lo superava per fama, i rapporti tra Girolamo e la corte mantovana sono documentati da alcune lettere, che rivelano importanti notizie sulla committenza degli orologi nel Rinascimento, sulle loro caratteristiche e sui tempi di costruzione. Tra il 9 e il 24 settembre 1529 Girolamo scrisse a Federico Gonzaga, promettendogli di concludere entro due mesi un orologio commissionatogli, e di averne un altro finito identico a quello già consegnato al fratello del marchese, il cardinale Ercole Gonzaga. Nella lettera, Girolamo si firma come fratello di Cherubino (Malaguzzi Valeri, 1892, p. 36). Dalla corrispondenza con i marchesi emerge che Giulio Romano disegnava gli ornamenti per i lavori degli Sforzani (specialmente di Cherubino, benché gli stessi signori apprezzassero gli orologi della famiglia anche privi di decori), e che il livello di raffinatezza e ingegno era tale da consentire di inserire un esemplare miniaturizzato in un manico d’occhiale (pp. 36, 38; Morpurgo, 1970, pp. 157 s.; Davolio Marani, 1989, p. 45).
Nel secondo decennio del Cinquecento, gli Sforzani (verosimilmente Cherubino) dovettero realizzare un orologio-occhiale anche per Leone X (Zanetti, 2017, pp. 305 s.). Nel 1530, quando Federico Gonzaga era ormai duca, gli scambi epistolari continuarono circa un orologio da riparare e per altri nuovi (Bertolotti, 1885; Malaguzzi Valeri, 1892, p. 37).
Fonti e Bibl.: B. Cellini, La vita (1558-62 circa), a cura di L. Bellotto, Parma 1996, pp. 472, 477-481; G. Campori, Gli orologieri degli Estensi, Modena 1877, pp. 8 s.; A. Bertolotti, Artisti modenesi, parmensi e della Lunigiana in Roma nei secoli XV, XVI e XVII..., Modena 1882, pp. 69, 107; G.B. Venturi, Notizie di artisti reggiani…, Modena 1883, p. 9; A. Bertolotti, Artisti in relazione coi Gonzaga signori di Mantova..., Modena 1885, pp. 94-96; C. Malagola, Monografie storiche sullo Studio bolognese, Bologna 1888, p. 183; E. Müntz, L’oreficeria a Roma durante il regno di Clemente VII (1523-1534), in Archivio storico dell’arte, I (1888a), pp. 14-23; Id., Documenti. Spese di papa Clemente VII, ibid., II (1888b), pp. 39-41; Id., Documenti. Inventario di Leone X, ibid., III (1888c), pp. 68-74; A. Bertolotti, Le arti minori alla corte di Mantova nei secoli XV, XVI e XVII, Milano 1889, pp. 74 s.; F. Malaguzzi Valeri, I Parolari da Reggio e una medaglia di Pastorino da Siena, in Archivio storico dell’arte, V (1892), pp. 34-46; Id., La zecca di Reggio Emilia, in Rivista italiana di numismatica, VII (1894), pp. 169-228, 329-346, 455-520; O. Siliprandi, Notizie su gli orologi pubblici di Reggio (sec. XIV-XIX), Reggio Emilia 1915, pp. 17, 18 nota 3; F. Malaguzzi Valeri, Arte gaia, Bologna 1926, pp. 82 s.; P. Romano, Orologi di Roma, Roma 1944, pp. 35 s.; E. Morpurgo, Un orologio di Cherubino Sforzani, in Arte illustrata, III (1970), 30-33, pp. 110-113; J.H. Leopold, Die grosse astronomische Tischuhr des Johann Reinhold, Luzern 1974; E. Morpurgo, Dizionario degli orologiai italiani, Milano 1974, pp. 156-158; E. Monducci - V. Nironi, Il duomo di Reggio Emilia, Reggio Emilia 1984, pp. 126, 134; M. Davolio Marani, Ranzani tra Rainieri e Sforzani, in Reggio Storia, n.s., VIII (1985a), 28, pp. 44-47; Id., Sul comodino papa Clemente VII teneva un orologio costruito a Reggio, ibid., 1985b, 29, pp. 51-55; Id., Sforzani: l’orologio in un occhiale..., ibid., XII (1989), 43, pp. 45 s.; S. Ciroldi, S. Maria: il cammino di una comunità. Storia e beni artistici di Santa Maria della Fossa, Fabbrico 2000, p. 94; A. Bacchi, Prospero Clemente. Uno scultore manierista nella Reggio del ’500, Milano 2001, p. 178; C. Zanetti, Janello Torriani and the Spanish empire: a Vitruvian artisan at the dawn of the scientific revolution, Leiden-Boston 2017, pp. 201, 278, 305 s.