shaka
Popolazioni delle pianure a Nord del Mar Nero e del Caspio, che i persiani indicarono con il nome di s. (come fu osservato da Erodoto) e i greci con il nome di sciti. Di fatto gli sciti furono solo un ramo del vasto gruppo etnico s., e l’uso del nome sciti in un senso assai più vasto da parte dei greci fu certo dovuto al maggiore contatto che ebbero con essi. Analogamente si spiega il fatto che nella redazione babilonese delle iscrizioni di Dario I al nome s. della redazione persiana corrisponde gimirri (cimmeri). Nelle iscrizioni di Dario I a Naqsh-i Rustam gli s. sono distinti in tre raggruppamenti: s. amirgi (haumavarga, chiamati da Erodoto amurgioi), s. dall’elmo a punta (tigrakhauda) e s. d’oltremare (saka tyai[y pa]radraya). I primi dovettero abitare a oriente e a nord della Sogdiana, i secondi nella zona a nord del Caspio e del Caucaso e gli ultimi sulle sponde settentrionali del Mar Nero. Nell’iscrizione di Dario I a Bisutun gli s. sono menzionati due volte come ribelli. In Erodoto si ha notizia della foggia degli abiti e dell’armamento degli s. amirgi; il loro tipico copricapo trova riscontro in quello dei guerrieri s. nei bassorilievi di Persepoli. Intorno al 130 a.C. gli s. entrarono nel regno greco di Battriana, stabilendosi poi in Drangiana (od. India orientale), satrapia achemenide alla quale diedero il loro nome (Sakastene, od. Sistan). Da questa sede si spinsero ancora, verso la fine del 2° sec. a.C., verso est e verso sud occupando i territori dell’odierno Afghanistan e del Belucistan e la regione dell’Indo sino al Rajasthan (➔ ). Il dominio degli s. su questo vasto territorio, forse sotto la guida di principi parti, si mantenne sino al regno di Azes II. In questo periodo essi assolsero la funzione di contenere a nord la pressione degli yuezhi e non mancarono di avere una certa influenza sul regno partico, com’è provato dal loro intervento nell’assunzione al trono di Sanatruce (77 a.C.). Nell’età sasanide, come sudditi del rinnovato impero persiano, ebbero una parte non trascurabile, tanto che alcuni principi reali ebbero il titolo di sakanshah, «re degli s.», mentre notevole fu il contributo che le tradizioni indigene diedero alla formazione dell’epopea nazionale iranica. Nel Sud-Est, a contatto con la civiltà indiana, gli s. modificarono il loro patrimonio culturale accogliendone molti elementi. Come Stato indipendente essi cessarono di esistere con l’invasione e il dominio degli yuezhi. Fra i manoscritti iranici ritrovati in Asia centrale ve ne sono alcuni redatti in una lingua che è sicuramente quella degli s. della zona indiana. Si tratta di testi in caratteri brahmi contenenti frammenti di traduzione d’opere buddhistiche e altri documenti, la cui lingua, fortemente penetrata di elementi indiani nel lessico, si rivela come un dialetto iranico nella fonetica e nella morfologia.