SHEIKH al-ISLĀM
. In arabo "capo dell'islamismo", titolo onorifico che, a partire dallo scorcio del sec. X d. C., è dato spesso, nei paesi musulmani fuori dell'Africa settentrionale a occidente dell'Egitto, a grandi dottori in scienze giuridiche e religiose. Nell'Impero Ottomano, a partire dalla prima metà del sec. XVI, divenne titolo ufficiale del muftī di Costantinopoli, di nomina del sultano, al quale furono attribuite le funzioni di sommo consulente teologico-giuridico dell'impero (con diritto di veto a progetti di legge ch'egli giudicasse in contrasto con i buoni principî dell'islamismo), la sorveglianza su quanto avesse attinenza stretta con la religione musulmana (quindi nomina dei professori delle scuole teologiche e dei giudici dei tribunali sciaraitici, placet alle nomine dei capi supremi di confraternite religiose, vigilanza sui waqf o fondazioni pie), la direzione dell'ufficio incaricato di emettere fetwà (responsi teologici e giuridici) anche a richiesta di privati. Nel linguaggio francese della diplomazia l'insieme dei suoi uffici era detto cheïkh ul-islamat. Fu abolito con la legge di laicizzamento del 3 marzo 1924.
In Tunisia, sotto l'influenza dell'alto dominio ottomano, fu chiamato con quel nome il gran muftī di Tunisi di scuola ḥanafita, mentre il gran muftī di scuola mālikita era detto soltanto bāsh-muftī; ma con decreto beylicale del 28 maggio 1932 anche a quest'ultimo venne attribuito il titolo ufficiale di sheikh al-islām.