Neshat, Shirin
Fotografa e videoartista iraniana, nata a Qazvin il 26 marzo 1957. Trasferitasi nel 1974 negli Stati Uniti per studiare arte, ha frequentato la University of California di Berkeley presso la quale, nel 1983, ha conseguito il Master of Fine Arts, per poi stabilirsi a New York. In quegli stessi anni la rivoluzione khomeinista, compiutasi nel 1979, costringeva all'esilio l'artista che è potuta rientrare in Irān soltanto nel 1990, rimanendo profondamente colpita dai radicali cambiamenti imposti dal regime islamico al suo Paese e in particolare alle donne. Proprio la condizione della donna islamica, il suo rapporto con il mondo maschile e più in generale il rapporto della cultura islamica con quella occidentale sono così diventati i nodi centrali della sua ricerca artistica.
Del 1993 sono i suoi primi lavori Unveiling e Women of Allah, serie fotografiche in bianco e nero, che ritraggono figure femminili, tra cui la stessa artista, ricoperte dal chador: sulle parti del corpo libere dai veli (il volto, le mani e i piedi) sono tracciati, con scrittura calligrafica persiana, versi d'amore di poetesse iraniane.
Autrice di video, video-installazioni e di filmati, N. ha girato alcune delle sue opere in Turchia, in Marocco e a New York. In Anchorage (1996), suo primo video, ha affrontato il tema della segregazione femminile; mentre in The shadow under the web, realizzato nel 1997 per la Biennale di Istanbul, ha esaminato i parallelismi tra il corpo e lo spazio femminili. Tra le sue opere più significative si possono ricordare: Turbulent, Rapture e Fervor, che costituiscono una trilogia di installazioni video sugli aspetti che caratterizzano la vita delle iraniane e i sentimenti che si agitano in esse: conformismo e rivolta, adattamento e protesta, sottomissione e resistenza. Turbulent (1998), che ha una struttura minimalista, prende spunto dal divieto alle donne di cantare in pubblico; Rapture (1999), che è una installazione di due filmati in bianco e nero, proiettati in sincronia su due pareti affrontate, rappresenta un ribaltamento degli stereotipi tradizionali. In un filmato viene raffigurato il mondo maschile in cui cento uomini agiscono all'interno di una fortezza, come imprigionati; nell'altro un uguale numero di donne, sebbene velate, si muovono libere da coercizioni spaziali, rompendo il silenzio con le loro voci, sei di loro prenderanno il largo su una barca ma il loro destino rimane incerto. Fervor (2000) è invece un filmato che affronta il tema dello sguardo velato, prende spunto da un incontro casuale tra un uomo e una donna che, nello scambiarsi occhiate furtive, mostrano un desiderio crescente. Ricordiamo ancora il cortometraggio Soliloquy (1999), primo lavoro a colori di N. di cui è anche protagonista, realizzato in Turchia e negli Stati Uniti, sul senso di disorientamento della donna musulmana in bilico tra due opposte culture. E infine Passage (2001), opera commissionata dal musicista Ph. Glass, la cui narrazione essenziale, che attinge a immagini archetipiche e si serve dei simboli grafici e del linguaggio proverbiale, rivela un'attenta ricerca concettuale sul passaggio tra la vita e la morte.
Protagonista di numerose mostre personali e collettive in tutto il mondo, N. è stata presente alle più importanti manifestazioni internazionali, tra cui si ricodano le biennali di Johannesburg, Istanbul, Venezia, Kwangju, Lione, ottenendo prestigiosi riconoscimenti come il Premio internazionale della Biennale di Venezia nel 1999 e il Gran premio della Biennale di Kwangju nel 2000.
bibliografia
Cataloghi di mostre
Shirin Neshat, a cura di F. Milani, New York, Barbara Gladstone Gallery, Milano 2001.
Shirin Neshat, a cura di G. Verzotti, Rivoli-Torino, Castello di Rivoli, Museo d'arte contemporanea, Milano 2002.
Shirin Neshat: última palabra, a cura di D. Garcia, León, Museo de Arte Contemporáneo de Castilla y León, Milano 2005.