Shoah
Termine ebraico dal significato di «catastrofe» con cui si indica lo sterminio nazista degli ebrei durante il secondo conflitto mondiale. Fra il 1939 e il 1945 tra i cinque e i sei milioni di ebrei, due terzi ca. degli ebrei europei, furono sistematicamente uccisi dai nazisti del Terzo Reich. Alla base dello sterminio vi fu un’ideologia razzista e specificamente antisemita (➔ antisemitismo) che affondava le sue radici nel 19° sec. e che i nazisti, a partire dal libro Mein Kampf («La mia battaglia») di A. Hitler (1925), posero a fondamento del progetto di edificare un mondo «purificato» da tutto ciò che non fosse «ariano». Alla «soluzione finale» (così i nazisti chiamarono l’operazione di sterminio) si arrivò attraverso un processo di progressiva emarginazione degli ebrei dalla società tedesca. Le leggi di Norimberga del 1935 legittimarono il boicottaggio economico e l’esclusione sociale dei cittadini ebrei; dal 1938, e in particolare dalla cosiddetta «notte dei cristalli» (8/9 nov. 1938, quando in tutta la Germania le sinagoghe furono date alle fiamme e i negozi ebraici devastati) in poi, il processo di segregazione e repressione subì un’accelerazione che sarebbe sfociata nella decisione, presa dai vertici nazisti nella Conferenza di Wannsee (gennaio 1942), di porre fine alla questione ebraica attraverso lo sterminio sistematico. Lo sterminio partì dalla Germania, ma si espanse via via con le conquiste del Terzo Reich, colpendo gli ebrei dei Paesi occupati, vale a dire gli ebrei di quasi tutta Europa. Essi furono in una prima fase «ghettizzati», cioè forzosamente concentrati in appositi quartieri delle città (il principale ghetto europeo, per estensione e numero di abitanti, fu quello di Varsavia), e in seguito deportati nei campi di concentramento e di sterminio, costruiti dai nazisti soprattutto in Europa orientale. Ad Auschwitz, Treblinka, Dachau, Bergen Belsen, Mauthausen (ma furono decine e decine i campi disseminati in Europa, tasselli di un sistema pianificato nei minimi dettagli) giungevano ogni giorno convogli carichi di persone. Dopo la selezione iniziale, che «salvava» temporaneamente coloro che erano in grado di lavorare, una parte veniva inviata direttamente verso la meta cui tutti i deportati erano infine destinati: la camera a gas. I campi di sterminio erano anche luoghi di torture, di folli e inutili esperimenti pseudoscientifici su cavie umane (come gli esperimenti sui gemelli di J. Mengele), di lavori sfiancanti e selezioni quotidiane: di tali atrocità è rimasta testimonianza nelle memorie di coloro che riuscirono a sopravvivere. Vittime dello sterminio furono anche zingari, omosessuali, testimoni di Geova, oppositori politici. In Italia il regime fascista aveva emanato nel 1938 le leggi razziali che, tra l’altro, escludevano gli ebrei dalle scuole, da molte professioni, dalla vita sociale. La deportazione e lo sterminio iniziarono dopo il settembre 1943 quando, in seguito al crollo del regime fascista e all’armistizio, i tedeschi occuparono l’Italia settentrionale. Le autorità della Repubblica sociale italiana collaborarono alla deportazione. Uno dei primi episodi fu il rastrellamento del ghetto di Roma il 16 ott. 1943, nel corso del quale furono catturate oltre mille persone. Il campo di Fossoli, in provincia di Modena, divenne il luogo di transito verso i campi dell’Europa orientale. Nella Risiera di San Sabba, nei pressi di Trieste, molti ebrei vennero trucidati. Furono circa ottomila gli ebrei italiani che trovarono la morte nei campi di sterminio.