SHU (Õw, Σῶς, Sow)
Divinità cosmica egiziana, personificazione dell'aria (il cui nome in realtà significa "vuoto"). Nella teologia heliopolitana costituisce con la sorella e sposa Tefnut la prima coppia di divinità generate dal dio primordiale Atum e dalla quale discenderanno Nut e Geb (il cielo e la terra), genitori a loro volta di Osiris, Isis, Seth e Nephthys. La sua posizione intermedia tra il cielo e la terra ne fa una divinità non solo dell'aria e del vento, ma anche della luce e del sole; la nebbia e le nuvole fanno parte del suo corpo e vengono chiamate "ossa" e "mura" di Shu.
Nati secondo il mito più antico dalla autofecondazione di Atum, in una più tarda versione S. e Tefnut vengono generati attraverso il pensiero e la parola creatrice e appaiono rispettivamente come personificazioni della vita e dell'ordine cosmico. Nel culto funerario le funzioni di S. sono assai ampie: nei Testi dei Sarcofagi egli appare come dio dell'aria, della luce, del sole, del principio vitale ed ha funzioni di divinità creatrice; il morto si trasforma in "anima di Shu". Molte leggende hanno S. come protagonista, ma le principali sono quelle che riguardano l'occhio del cielo o di Rē῾. In alcuni testi S. e Tefnut vengono identificati con i due occhi dell'antico dio del cielo, rispettivamente il sole e la luna. In un altro mito S. ricerca l'occhio di Rē῾, che si era allontanato e, dopo lunghe ricerche, lo riporta al dio. Affine a questa è la leggenda della dea lontana che godette molto favore in epoca tarda e di cui restano parecchie versioni. Anche qui S. riporta in Egitto la dea ribelle (talvolta identificata con Tefnut) rifugiatasi in Nubia. In queste funzioni viene assimilato a Onuris ('inw-hrt = colui che riporta la lontana) e con Arsenuphis ('iry)-ḥms nfr = il buon compagno).
Con l'identificazione di Atum e Rē῾, S. diventa figlio di Rē῾ e suo difensore, lo accompagna nella sua barca e lo difende da Apophis. In questo aspetto guerriero viene, assieme a Tefnut, sincretisticamente assimilato alla coppia di leoni (Ruti) venerata a Leontopolis e acquista una testa leonina.
Nel corso del tempo S. venne identificato con molte altre divinità, come Horus, il dio falco Soped, Onuris, Arsenuphis. In tardi testi tebani è identificato con Khonsu, il dio tebano della luna figlio di Amon e di Mut.
Le rappresentazioni di S. sono assai frequenti ed in genere il dio ha aspetto totalmente umano, talvolta identificabile attraverso una piuma di struzzo (il segno geroglifico che esprime il suo nome) sul capo. Le più comuni lo raffigurano nelle sue funzioni di portatore del cielo in aspetto umano, stante, con le braccia alzate che sorreggono il corpo di Nut (la dea del cielo, nel suo aspetto di donna o di vacca), separandola dallo sposo Geb (il dio della terra, in aspetto umano) che giace ai suoi piedi. Tale caratteristica funzione fece sì che i Greci lo assimilassero ad Eracle.
In qualche caso S. viene rappresentato, come dio dell'aria e del vento, presso le finestre degli edifici, con le ali aperte e i segni della vita e dell'aria nelle mani. L'identificazione della coppia di Leontopolis dà talora a S. una testa leonina e, così, le assimilazioni con varie divinità modificano il suo aspetto o aggiungendogli gli attributi di altre divinità (così Onuris-S. porta sul capo le quattro piume diritte caratteristiche di Onuris) oppure donandogli del tutto l'aspetto del dio col quale è assimilato (così Khonsu-S., Soped-S., Harpokrates-S. - fanciullo con corona di Onuris). Rappresentazioni più rare si hanno, ad esempio, ad Esna, dove un Horus-S. ha la testa di falco, o sul papiro Salt, dove il dio ha, al posto del capo, un grande occhio solitario ricoperto da una lunga parrucca, con una piuma che pende in giù e, sopra, le quattro penne di Onuris.
Bibl.: G. Daressy, Statues de divinités (Cat. Gén. Caire), Il Cairo, 1906, nn. 38107-38123, p. 36-40, tav. 8; Roeder, in Roscher, IV, 1909-15, c. 565-578, s. v. Schow; Höfer, ibid., c. 1218, s. v. Sos; A. de Buck, Plaats en betekenis van Sjoe in de Egyptische Theologie (Mededeelingen der Koninklijke Nederlandsche Akademie van Wetenschappen, Deel 10, n. 9), 1947, p. 215-249; H. Bonnet, Reallexikon d. aegyptischen Religionsgeschichte, Berlino 1953, s. v.; J. Vandier, Le dieu Shou dans le Papyrus Jumihac, in Mitt. Deuts. Inst. ägypt. Altertumskunde in Kairo, XV, 1957, pp. 268-74.