SHURUPPAK
Città di origine preistorica della bassa Mesopotamia, i cui resti sorgono, 20 km a S dell'antica Nippur, presso la moderna località irachena di Tell el-Fārah.
Nell'aprile del 1906 lo Hilprecht, dell'Università. di Pennsylvania, visitò il luogo, rinvenendovi tavolette con iscrizioni, mattoni pre-sargonici, urne funerarie ed altri oggetti. Gli scavi regolari del tell, di forma ovale, furono iniziati da R. Koldewey nel giugno 1902 e continuarono fino al marzo 1903, sotto gli auspici della Deutsche Orient-Gesellschaft di Berlino. I ritrovamenti più importanti di S. sono opera della missione tedesca, ma per la stratigrafia del sito furono fondamentali i successivi scavi americani dello Schmidt (epigrafista S. N. Kramer) della Università di Pennsylvania (febbraio-aprile 1931).
Sulla storia di S. che la tradizione mesopotamica considera una delle città anteriori al diluvio e patria di Utnapishtim, l'unico uomo sopravvissuto all'alluvione, i testi cuneiformi rinvenuti in situ (da notare che furono scoperte anche altre tavolette con segni ancora vicini alla pittografia) gettano scarsissima luce: tranne la notizia fornita da una tavoletta che menziona un "Khaladda governatore di Sukurru" e che servì all'identificazione di Fārah con S., solo le sequenze archeologiche fanno intravvedere la lunga fioritura della città, dal periodo di Gemdet Nasr fino alla III dinastia di Ur (2800-2050 a. C.).
Nel periodo sumerico antico (strato II) la città dovette essere particolarmente fiorente. Le case private rinvenute dalla missione tedesca mostrano una pianta già evoluta, con una fronte priva di decorazioni e di finestre, una stretta porta aprentesi sulla strada, un grande cortile aperto centrale, approssimativamente quadrato, intorno al quale si dispongono una stanza di soggiorno (sul lato S, per evitare il rigore del sole), un bagno bitumato, una camera da letto, un lavatoio ed una stanza per cuocere il pane. Altre costruzioni a pianta ellittica o circolare, con un diametro variante da m 2 a m 6,50, formate di mattoni cotti piano-convessi, disposti alternatamente di dorso e di piatto, debbono presumibilmente interpretarsi come dei silos; uno di questi granai fu successivamente adattato a sepoltura comune e lo Schmidt vi rinvenne otto scheletri inumati a. m 4,50 di profondità; accanto vi era della ceramica, fra cui un vaso a forma di barca, ed alcune figurine-placchette che tuttavia non devono considerarsi come offerte funerarie, ma come un'infiltrazione di uno strato superiore (III) nei silos che risalgono invece allo strato II.
Lo Schmidt ha distinto tre fasi nella stratigrafia del tell. Lo strato III è contemporaneo alla III dinastia di Ur (fine del III millennio a. C.): gli scarsi oggetti, per lo più figurine-placchette in argilla, furono tutti raccolti nei silos ché risalgono allo strato II. Questo secondo strato, che si estende, secondo lo Schmidt, dal periodo sumerico antico fino all'avvento di Sargon, intorno al 2300 a. C., parte dalla superficie ed è profondo tre metri: essendo stato questo il periodo di maggiore importanza per la città, non stupisce la grande quantità di reperti: vasi di pietra e di ceramica, 85 tavolette cuneiformi contenenti per lo più inventarî di derrate e di animali domestici, e molte sepolture, nelle quali i corpi dei defunti sono avvolti in stuoie o collocati in sarcofagi di argilla ovoidali.
Lo strato I o periodo di Gemdet Nasr, è separato dal precedente da una coltre sterile di argilla e di sabbia, alla profondità di 4-5 m (lo Schmidt vi ha visto le tracce del diluvio, come ad Ur e a Kish); sotto questo strato di fango, fra i m 5 e i 6,50 appare della ceramica dipinta, con decorazione monocroma, bicroma e tricroma per lo più geometrica, ma non mancano alcune figure animali; vi sono inoltre pochi sigilli a cilindro e a stampo, due tombe con un piccolo vaso posto accanto a ciascuno dei due scheletri, giacenti sul fianco destro, ma nessuna tavoletta iscritta. Fra i m 6,50 e i m 6,75 appare il suolo vergine, ma alcune analogie fra le forme ceramiche dello strato I e quelle del periodo al-῾Ubaid lasciano supporre l'esistenza a S. di una più antica fase di stanziamento, appunto nel periodo al-῾Ubaid, fase peraltro non attestata da alcun reperto.
I più importanti rinvenimenti di S. sono costituiti da mille impronte di sigilli, con più di cinquecento scene diverse, risalenti al periodo "Early Dynastic II", cioè alla prima metà del III millennio.
Bibl.: E. Heinrich, Fara. Ergebnisse der Ausgrabungen der Deutschen Orient-Gesellschaft in Fara und Abu Hatab, 1902-03, Berlino 1931, pp. 1-136, tavv. I-LXXII; E. F. Schmidt, Excavations at Fara, 1931, in Pennsylvania University. The Museum Journal, XXII, 1931, pp. 193-245; V. Christian, Altertumskunde des Zweistromlandes, I, Lipsia 1940, pp. 58-60; A. Parrot, Archéologie mésopotamienne, I, Les étapes, Parigi 1946, pp. 204-06; 329-31; A. L. Perkins, The Comparative Archaeology of Early Mesopotamia, Chicago 19593, passim; S. A. Pallis, The Antiquity of Iraq, Copenaghen 1956; pp. 365-6; 638. Sulle tavolette cuneiformi: A. Deimel, Die Inschriften von Fara, I-III (= Wissenschaftliche Veröffentlichungen der Deutschen Orient-Gesellschaft, XL, XLIII, XLV, Lipsia 1922-24; R. Jestin, Tablettes sumériennes de Èuruppak, conservées au Musée de Stamboul, Parigi 1937; id., Nouvelles tablettes sumériennes de Èuruppak..., Parigi 1957. Sulla glittica in particolare: G. Offner, Les grandes écoles de glyptique à l'époque archaïque (d'Uruk IV à la 1er dynastie d'Ur), in Revue d'Assyriologie, XL, 1945-46, pp. 174-78, tavv. XXI-XXVI; P. Amiet, La glyptique mésopotamienne archaïque, Parigi 1961, pp. 54-57.