SIBERIA (XXXI, p. 630; App. II, 11, p. 819; III, 11, p. 728)
La vastissima parte della Repubblica Russa, oltre gli Urali e fino all'Oceano Pacifico, al confine con la Cina e la Mongolia e con le repubbliche federali dell'Asia Centrale, ha conosciuto, specie nella zona meridionale, un notevole sviluppo nel corso dell'ultimo trentennio, sia per l'aumento della popolazione, sia per l'infittirsi delle vie di comunicazione e per l'intensificarsi dei trasporti, sia per l'impianto di industrie e la crescita delle città. La formazione, già al tempo del primo Piano quinquennale (1923-27), del kombinat Ural-Kuzbass e il successivo trasferimento verso Est di diversi impianti industriali dalle regioni europee, per gli eventi della seconda guerra mondiale, segnano importanti tappe di un'evoluzione economica, che diventa molto più rapida negli ultimi trent'anni.
Un intenso flusso immigratorio proveniente da Ovest, fa sì che la popolazione della S. superi i 21 milioni di ab. nel 1958, stanziati per la maggior parte a S del 58° parallelo, dove più fervono le attività e dove il clima è meno severo. In seguito il fenomeno immigratorio si è molto attenuato e in alcuni casi invertito: le grandi distanze, il clima rigido e altri fattori negativi hanno segnato un limite allo sviluppo, alla valorizzazione delle risorse e al popolamento. Attualmente la popolazione si aggira sui 27 milioni di persone e si addensa soprattutto nella parte centro-occidentale e nell'Estremo Oriente: si accentra per oltre i due terzi nelle città, di cui alcune (Omsk, Krasnojarsk, Novokuzneck, Habarovsk, Irkutsk, Barnaul, Vladivostok, Kemerovo) si avvicinano o superano i 500.000 ab. e una (Novosibirsk) supera il milione. Il peso delle grandi città si deduce anche dal fatto che circa un terzo della popolazione urbana vive in esse.
Le trasformazioni del suolo sono marginali e riguardano soprattutto la S. centro-occidentale, che è una delle principali regioni cerealicole dell'Unione Sovietica, e il bacino dell'Amur. A parte la cerealicoltura e l'allevamento del bestiame delle regioni steppiche sud-occidentale e sud-orientale, dove nelle aree suburbane compaiono anche patate e ortaggi, la S. rimane il dominio della taiga e della tundra, entro il quale l'agricoltura assume carattere oasistico (serre) al servizio esclusivo dei pochi centri urbani sorti per lo sfruttamento delle risorse minerarie.
La maggior parte degl'investimenti ha riguardato lo sfruttamento e l'utilizzazione delle materie prime e delle fonti energetiche, non solo per sostenere l'espansione dell'industria locale, ma anche per rifornire le aree industriali europee. L'aumentata produzione di carbone del Kuzbass (39 milioni di t nel 1950,110 nel 1969,146 nel 1977, pari a un quinto del totale sovietico) alimenta, oltre alla regione degli Urali e del Volga, la siderurgia locale, che, ampliatasi con i nuovi impianti di Novokuzneck nel 1964, dà quasi un decimo dell'acciaio sovietico. Al giacimento di Čeremhovo sono legati i complessi siderurgici e le industrie meccaniche e chimiche di Irkutsk e della Trans-baikalia, mentre dalle ligniti sono alimentati grandi centrali termoelettriche nell'area di Krasnojarsk. Del pari intensivo è stato negli anni sessanta lo sfruttamento del vasto potenziale idroelettrico mediante imponenti opere d'ingegneria: le potenti centrali idroelettriche di Novosibirsk, Angarsk, Krasnojarsk e Bratsk riforniscono di energia le numerose città della S. centro-occidentale e le loro industrie (alluminio, cellulosa) e ne inviano a distanza. In particolare la centrale di Bratsk è legata al lago artificiale (5400 km2 e 180 miliardi di m3) retto da una colossale diga alta 130 m e larga 1 km; essa ha raggiunto la potenza di 4,5 milioni di kW e alimenta la più grande fabbrica di cellulosa del mondo, destinata a lavorare oltre 7 milioni di m3 di legname all'anno. Le opere sono state realizzate grazie a condizioni particolarmente vantaggiose per i lavoratori, quasi tutti giovanissimi. Nell'ultimo decennio ha assunto crescente importanza la produzione di petrolio (31 milioni di t nel 1970, 215 nel 1977), nella media valle dell'Ob e del Tobol, e di gas naturale, di cui enormi riserve sono state valutate nel basso bacino dell'Ob. Grandi oleodotti e gasdotti trasportano petrolio e gas naturale verso le aree industrializzate della S. centro-occidentale e degli Urali e, inoltre, nel bacino del Volga per essere immessi nella rete europea.
Lo sviluppo economico è stato favorito da nuove vie di comunicazione. Dopo la sistemazione della Transiberiana e della Sudsiberiana, che è penetrata nella regione montuosa dei Sajani, l'attenzione è stata rivolta alle terre più settentrionali e orientali. Nel 1974 ha inizio la costruzione della linea tra Lena e Amur, la Bajkal-Amur (BAM), che continua i tratti già esistenti tra Komsomolsk-Sovjetskaja Gavan e tra Tajšet-Bratsk-Ust'-Kut. Dal 1966 è in costruzione la Nord-siberiana (Sevsib), che ha richiesto l'impiego di parecchie migliaia di uomini e di imponenti macchine. È già in funzione tra Tjumen-Surgut-Nišnevartovsk e sarà prolungata fino a Urengoi nei prossimi anni. Le ferrovie hanno un'importanza preminente per i trasporti di merci nella S., a causa delle grandi distanze e delle sfavorevoli condizioni climatiche, mentre le strade rotabili hanno interesse locale e regionale. Esse trasportano annualmente enormi quantità di merci; tra Urali e Kuzbass oltre 50 milioni di t e quantità non troppo inferiori tra Novosibirsk e Irkutsk. Nel settentrione sono stati valorizzati parecchi scali portuali e aeroportuali con l'intensificarsi della navigazione nel Mar Glaciale Artico e lungo i fiumi, e con lo sviluppo dei trasporti aerei nelle rotte ad alta latitudine.
La S. è dunque interessata da una notevole valorizzazione, tuttavia limitata dalle difficili condizioni ambientali e soprattutto dalla stazionarietà demografica, dovuta all'arresto dell'immigrazione e al calo della natalità; essa fornisce enormi quantità di materie prime e di fonti energetiche alle regioni più favorite e contribuisce all'espansione della potenza economica sovietica.
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