sibilanti
I suoni sibilanti sono una sottoclasse di ➔ consonanti (➔ fricative), suoni rumorosi e intensi, articolati mediante un forte restringimento del condotto orale.
La differenza tra fricative sibilanti (ingl. grooved fricatives) e fricative non sibilanti (ingl. slit fricatives) è dovuta alla posizione assunta dalla lingua e, conseguentemente, a una diversa forma del canale epilaringeo. Le fricative non sibilanti, tipicamente /ɸ β/ /f v/ /θ δ/, sono articolate con la lingua piatta e distesa; il condotto orale da cui fuoriesce l’aria è relativamente ampio, e di conseguenza l’effetto di frizione è piuttosto debole (fig. 1).
Le fricative sibilanti, tipicamente /s z/, /ʃ ʒ/ (queste ultime chiamate anche scibilanti), e le retroflesse, /ʂ ʐ/ (non presenti in italiano) sono articolate con un caratteristico incurvamento della lingua; questa conformazione, definita anche articolazione con lingua solcata, determina un significativo restringimento del canale fonatorio (fig. 2). Da questa fessura l’aria fuoriesce con turbolenza generando suoni di frizione molto rumorosi (cfr. Ladefoged & Maddieson 1996; Johnson 20032).
Nei suoni fricativi, sibilanti o non sibilanti, la distribuzione del segnale aperiodico dipende dal punto in cui avviene la costrizione del flusso d’aria (➔ fonetica acustica, nozioni e termini di). Tra la lunghezza della cavità anteriore alla stretta diaframmatica e la frequenza di risonanza della fricativa vi è infatti una correlazione positiva: la concentrazione spettrografica del rumore fricativo diminuisce progressivamente con l’aumentare del grado di posteriorità del suono. Più lunga è la cavità di risonanza, più bassa sarà la frequenza generata (cfr. Stevens, 1999; Ball & Rahilly 1999). Per questo motivo, nei suoni sibilanti la zona di maggiore intensità spettrografica è al di sotto di 10 Khz, contrariamente a quelli non sibilanti il cui rumore si distribuisce in modo pressoché uniforme lungo tutto il range frequenziale; più nel dettaglio, per l’italiano, la massima concentrazione di energia si rileva al di sopra di 4000 Hz per /s/, mentre per /ʃ/ è compresa tra 2000 e 4000 Hz. Oltre alla distribuzione, anche l’intensità del rumore fricativo concorre a differenziare i suoni sibilanti da quelli non sibilanti. Da un lato si collocano /p/ /f/ e /θ/, le fricative meno intense, dall’altro /s/ e /ʃ/, i cui valori di intensità sono elevati (cfr. Sorianello 2003).
Le fricative sibilanti della lingua italiana sono le alveolari /s z/ e la postalveolare /ʃ/; il fonema /ʒ/ è assente, dato che si rileva solo in alcuni ➔ prestiti: abat-jour, garage, ecc.
Emblematico è il comportamento della coppia fonematica /s z/ il cui rendimento funzionale, tutt’altro che elevato, subisce forti restrizioni. L’opposizione tra /s/ e /z/ vige infatti solo in posizione intervocalica: per es. [ˈkjɛːse] (passato remoto del verbo chiedere) ~ [ˈkjɛːze] (plur. di chiesa), e solo sul territorio toscano. Nel resto d’Italia si ha una vera scissione di esiti: nelle varietà settentrionali si ha solo /z/, in gran parte del Centro-Sud solo /s/. Questa opposizione è talmente limitata da essere considerata «piuttosto che dello standard, una peculiarità dell’italiano regionale toscano» (Mioni 2001: 166). Ciononostante, negli ultimi anni la pronuncia con la sibilante sonora /z/ è in progressiva espansione, soprattutto tra le generazioni giovani.
La distribuzione di /s z/ è lacunosa anche in altri contesti: in posizione iniziale di parola compare solo /s/ (per es. [s]ale, [s]ignore, [s]ereno), come pure dopo un’altra consonante (per es. bor[s]a, sal[s]a, p[s]iche); in posizione preconsonantica riguarda solo ➔ allofoni contestuali in distribuzione complementare, poiché soggetti a un’➔assimilazione regressiva rispetto al tratto di sonorità. Per questo motivo /s/ è presente davanti a consonante sorda (per es. [s]filare, a[s]ta), laddove /z/ ricorre prima di consonante sonora (ad es. [z]vitare, a[z]ma).
Le sibilanti dell’italiano hanno un comportamento non omogeneo anche per quanto concerne il tratto di lunghezza (➔ quantità fonologica); l’opposizione di durata vige solo per il fonema /s/: leso ~ lesso, mese ~ messe; il fonema /z/ ha solo variante breve, mentre /ʃ/ ha uno statuto intrinsecamente lungo sia all’interno che al confine di parola: miscela → [miˈʃːɛːla], la scena → [laˈʃɛːna].
In Toscana e nell’Italia centrale, oltre al fonema /ʃ/ si rinviene la variante [ʃ], allofono derivato dalla ➔ spirantizzazione dell’affricata /ʧ/: per es. noce → [ˈnoːʃe]. Pur tuttavia, i due suoni non si equivalgono, la sovrapposizione percettiva è evitata grazie a una diversa lunghezza temporale: il suono primario /ʃ/ è rafforzato (per es. fasciare → [faˈʃːaːre]), mentre l’allofono è breve (per es. baciare → [baˈʃaːre]); quest’ultimo inoltre ha minore grado di intensità e di arrotondamento labiale.
In Toscana e nell’Italia centro-meridionale /s/ subisce affricazione in contesto postconsonantico (per es. persona > [perˈʦoːna], polso > [ˈpolʦo]); nel molisano, nel pugliese e nel calabrese l’esito allofonico è anche sonorizzato, (per es. pensare > [penˈʣaːre]).
Il fonema /s/ è spesso palatalizzato prima di occlusiva o di /m/: ciò avviene nelle Marche e nell’Abruzzo occidentale come pure nel Lazio meridionale e in Campania (per es. aspettare > [aʃpeˈtːaːre], sbattere > [ˈʒbatːere]). Lo stesso fenomeno si ha in Salento dinanzi a /k/ e a /ɖ/. Altra forma di palatalizzazione si rinviene nelle varietà emiliane e romagnole, dove /s z/ diventano [ʃ ʒ] davanti a vocale (casa → [ˈkaːʒa], con concomitante sonorizzazione) e meno frequentemente davanti a consonante (cfr. Rohlfs 1966; Maiden & Parry 1997).
Per quanto concerne la ➔ sillaba, /s/ e /ʃ/ mostrano un comportamento peculiare, che induce una palese contraddizione tra i principi di sillabazione fonetica e quelli convenzionalmente in uso nell’ortografia. Il fonema /ʃ/, suono rafforzato, rende chiusa la sillaba alla stregua di una consonante geminata, per cui si avrà pesce → [peʃ.ʃe] sul piano fonetico, ma pesce → pe.sce sul piano ortografico. Diversa la situazione di /s/: in contesto preconsonantico, la sequenza /s/+ C (consonante) è eterosillabica, i due segmenti appartengono cioè a sillabe diverse. La sibilante chiude la sillaba, poiché rende breve la vocale che la precede e pertanto funge da coda, laddove l’altra consonante costituisce l’attacco della sillaba seguente. L’eterosillabicità di /s/ preconsonantica si apprezza sia all’interno di parola (rospo → ros.po, astro → as.tro, esca → es.ca), che in posizione iniziale (lo sposo > los.po.so); in ambedue i casi la sillabazione diverge da quella ortografica che assegna a una stessa sillaba l’intera sequenza /s/+ C (ro.spo).
Lo scenario non è tuttavia esente da problemi; cruciale è l’interpretazione dello statuto sillabico della sibilante nelle parole che, pur inizianti con un nesso /s/+ C, sono prodotte in isolamento. Ciò avviene di frequente all’inizio di un turno dialogico, quando il lessema è preceduto da una pausa o da una parola terminante per consonante: per es. con sforzo. In quest’ultimo caso, la sillabazione eterosillabica determinerebbe una coda biconsonantica, condizione strutturale fortemente marcata in italiano, presente solo in alcuni prestiti (sport, film). Diverse le ipotesi avanzate, in ambito fonologico: per coerenza interpretativa, si assegna a /s/ uno statuto speciale, definito extrametrico (cfr. Marotta 1995), o in alternativa, più di recente, si riconosce al fonema una natura sillabica ‘indeterminata’ (cfr. Bertinetto 2004).
Un altro fenomeno fonosintattico che merita di essere citato riguarda il raddoppiamento fonosintattico (➔ raddoppiamento sintattico). Nelle aree geografiche interessate, il raddoppiamento fonosintattico non coinvolge /ʃ/, già lungo per posizione (è sciocco → è [ʃː]occo), e neppure i nessi consonantici di tipo /s/+ C; l’attivazione del processo, in quest’ultimo contesto segmentale, è bloccata, in quanto esso produrrebbe sequenze consonantiche inaccettabili: per es. è stato → *è [sː]tato, ma è salito → è [sː]alito.
I fonemi /s/ e /z/ sono entrambi resi nell’➔ortografia dal grafema ‹s›; per questo motivo la pronuncia della sibilante intervocalica, secondo le norme dell’italiano standard, può sollevare dubbi e perplessità, soprattutto da parte di parlanti di area non toscana. L’uso di un solo grafema ha di certo contribuito a rendere la pronuncia di questi suoni poco trasparente, ragione per cui /s z/ mostrano precipui condizionamenti geografici.
La fricativa /ʃ/ è resa nella grafia dal digramma ‹sc›: scena, nascita; se il fonema è seguito da una vocale non anteriore, la notazione ortografica prevede anche l’inserimento della vocale diacritica ‹i›, al fine di differenziare la pronuncia della fricativa postalveolare da quella della sequenza -sc-: per es. liscia/lisca, sciame/scala, sciupare/miscuglio. Il quadro non è perfettamente regolare: infatti in alcuni lessemi, tipicamente quelli di origine latina, la vocale diacritica ‹i› è presente anche quando il digramma ‹sc› è seguito da un timbro anteriore: per es. scienza < scientia, coscienza < conscientia.
Ball, Martin J. & Rahilly, Joan (1999), Phonetics. The science of speech, London, Arnold.
Bertinetto, Pier Marco (2004), On the undecidable syllabification of /sC/ clusters in Italian. Converging experimental evidence, «Italian journal of linguistics» 16, pp. 349-372.
Johnson, Keith (20032), Acoustic and auditory phonetics, Malden (Mass.) - Oxford, Blackwell (1a ed. 1997).
Ladefoged, Peter & Maddieson, Ian (1996), The sounds of the world’s languages, Oxford, Blackwell.
Maiden, Martin & Parry, Mair (edited by) (1997), The dialects of Italy, London - New York, Routledge.
Marotta, Giovanna (1995), La sibilante preconsonantica in italiano: questioni teoriche ed analisi sperimentale, in Scritti linguistici e filologici in onore di Tristano Bolelli, a cura di R. Ajello & S. Sani, Pisa, Pacini, pp. 393-437.
Mioni, Alberto M. (2001), Elementi di fonetica, Padova, Unipress.
Rohlfs, Gerhard (1966), Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Torino, Einaudi, 3 voll., vol. 1° (Fonetica) (ed. orig. Historische Grammatik der italienischen Sprache und ihrer Mundarten, Bern, Francke, 1949-1954, 3 voll., vol. 1°, Lautlehre).
Sorianello, Patrizia (2003), Spectral characteristics of voiceless fricative consonants in Florentine Italian, in Proceedings of the XVth international congress of phonetic sciences (Barcelona, August 4-9 2003), edited by M.J. Solé, D. Recasens & J. Romero, Barcelona, Universitat Autònoma de Barcelona, 3 voll., vol. 3°, pp. 3081-3084.
Stevens, Kenneth N. (1999), Acoustic phonetics, Cambridge (Mass.), The MIT Press.