siero
Parte non corpuscolata del sangue che si separa da questo dopo la coagulazione. È un liquido di colore variabile dal giallo pallido al giallo oro che, in definitiva, si può considerare come plasma sanguigno privato del fibrinogeno (che, trasformatosi in fibrina, passa a far parte del coagulo). Poiché, a differenza del plasma, per ottenerlo non è necessario l’impiego di sostanze anticoagulanti (la cui presenza modifica la composizione e interferisce sullo svolgimento di alcune reazioni chimiche) il s. rappresenta il materiale di elezione per tutte le determinazioni chimiche e fisiche che non si eseguono sul sangue totale e quello esclusivamente impiegato nelle ricerche sierologiche.
Il s. naturale contiene una frazione, il complemento, formata da numerose componenti e indispensabile allo svolgimento di particolari reazioni antigene-anticorpo. Poiché l’esecuzione di alcune ricerche sierologiche è condizionata o dall’assenza o, come quelle basate sulla tecnica della fissazione del complemento, dalla presenza di una determinata e uniforme attività complementare (attività variabile da s. a s. e in uno stesso individuo secondo le condizioni), in tali casi è necessario procedere innanzi tutto a distruggere il complemento del s. in esame, cioè a inattivarlo; cosa che si ottiene riscaldando per 30 minuti il s. in bagnomaria alla temperatura di 56 °C.
I s. autoimmuni contenengono anticorpi di nuova formazione, cioè ottenuti inoculando animali, per lo più cavalli, con dosi crescenti di tossine (s. antitossici) o di batteri, e sono destinati alla prevenzione o alla cura di malattie infettive oppure a scopi sperimentali. Allo scopo di limitare, se non proprio di escludere, l’insorgenza, durante il loro impiego, di complicazioni anafilattiche, i s. immuni vengono sottoposti a particolari procedimenti: il loro impiego è oggi sostanzialmente limitato a casi del tutto particolari. In Italia, per es., esiste un siero antivipera che comprende antitossine iperdepurate ricavate dal siero di sangue di cavalli immunizzati contro i veleni delle vipere che si trovano in area europea. Per quanto riguarda l’impiego di sieri in terapia e profilassi si debbono distinguere quelli eterologhi (cioè ottenuti immunizzando animali) dai sieri omologhi. Poiché l’utilizzo di sieri umani, per es. ottenuti da soggetti convalescenti per una data malattia infettiva, comporta un rischio di trasmettere alcune patologie, oggi si ricorre all’uso di immunoglobuline ottenute con estrazione alcolica a freddo che consente di eliminare i virus dell’epatite B e dell’AIDS.
Sindrome anafilattica che si può verificare nel corso della sieroterapia: di solito ha decorso benigno e si risolve nel giro di pochi giorni. Si può manifestare a intervallo di tempo variabilissimo dall’inizio del trattamento sierico, dopo 1÷2 giorni come dopo 15÷17 giorni; tanto dopo una sola iniezione (malattia da s. da prima iniezione), quanto dopo la seconda iniezione (malattia da s. da seconda iniezione). La prima forma, fatta eccezione per soggetti già ipersensibili alla somministrazione di sostanze eterologhe a struttura proteica, ha una sintomatologia modesta, rappresentata da un’eruzione esantematica localizzata al punto di iniezione o più o meno diffusa a tutto il corpo. Nella seconda forma si può verificare un vero e proprio shock anafilattico. Le due forme hanno patogenesi comune: si tratta sempre di una reazione indotta da formazione di complessi immuni.
È la particolare proprietà che in alcune condizioni (per es., in corso di epatopatie gravi) può acquisire il s. di sangue durante il processo di inattivazione, per effetto del riscaldamento, a seguito del quale il s. stesso diviene capace di inibire il complemento successivamente addizionato al sistema antigene-s. in esame, per consentire lo svolgimento della reazione dell’antigene con gli eventuali anticorpi specifici.