Sight and Sound
Rivista mensile di critica cinematografica, fondata a Londra nel 1932 sotto gli auspici del British Institute of Adult Education.Trimestrale fino all'aprile 1991, S. and s. si presentò come moderno sussidio per la conoscenza del cinema in uno scenario editoriale povero di periodici specializzati. L'impostazione critica dei primi numeri andò consolidandosi nel corso degli anni Trenta, con particolare riferimento alla distinzione tra opere 'di divertimento' e opere 'educative', segnalando in quest'ultima categoria, a firma di C.A. Lejeune, film europei come Westfront 1918, Vier von der Infanterie (1930; Westfront) di Georg Wilhelm Pabst, o À nous la liberté (1931; A me la libertà) di René Clair, scelti nella convinzione della superiore capacità del cinema prodotto in Europa di esprimere valori morali rispetto a quello hollywoodiano, cui marginalmente si concessero rilievi meramente tecnici. L'interesse per una ricerca circa le ricadute etiche e le influenze sul comportamento sociale della nuova arte coinvolse pure la televisione, considerata anch'essa strumento educativo. La rivista fu promotrice del British Film Institute (BFI), di cui divenne a partire dalla fondazione (1933) il periodico ufficiale.Gli anni Trenta e i primi anni Quaranta furono l'epoca degli interventi di Rudolph Arnheim, Elizabeth Bowen, Alistair Cooke, Graham Greene e Robert Herring, dei documentaristi John Grierson e Paul Rotha, in una serie di articoli nei quali si confermò la valutazione negativa del cinema statunitense, considerato un'industria per il solo divertimento delle masse, e apparve, durante gli anni del secondo conflitto mondiale, una critica all'incapacità del cinema britannico di chiamare alle armi. Di interesse più storico-sociale che prettamente critico, i saggi di quegli anni inclusero qualche incursione nell'estetica e riflessioni sulle finalità della critica cinematografica. Il dopoguerra si configurò spartiacque rispetto all'immediato passato: una nuova identità di S. and s. prese progressivamente forma, caratterizzata sia da una sempre più marcata ricognizione nel cinema d'autore (con supplementi dedicati a David W. Griffith, Fritz Lang, Erich von Stroheim e con un vivo interesse per il realismo), sia dall'affermarsi di una nuova generazione di critici. Transfughi dalla rivista oxoniense "Sequence", poi pubblicata a Londra, nel 1949 approdarono in redazione Gavin Lambert, in qualità di direttore editoriale, e Penelope Houston come sua assistente. Secondo la volontà di Denis Forman, nuovo direttore del BFI che contava tra i suoi obiettivi una maggiore diffusione del periodico, Lambert attuò compiutamente il nuovo disegno editoriale, che modificò in profondità la rivista. L'impressione suscitata dal Neorealismo italiano portò la redazione di S. and s. a interrogarsi sulle capacità del cinema di rivelare gli aspetti più intimamente umani dei fatti sociali; al tempo stesso l'entusiasmo per il cinema di Cesare Zavattini, Vittorio De Sica, Roberto Rossellini condusse nel 1952 a indicare Ladri di biciclette (1948) di De Sica come migliore film di tutti i tempi. Al contempo, insieme a elogi per Jean Renoir, si riconobbe nel cinema hollywoodiano un incisivo spaccato della vita moderna. Nelle pagine di Ken Tynan ebbero particolare risalto attori come James Cagney, Gracie Fields, Greta Garbo, mentre John Ford incontrò gli apprezzamenti di Lindsay Anderson. In generale, la nuova schiera di critici proveniente da "Sequence", tra cui spiccavano i nomi anche di Karel Reisz e Tony Richardson, seppe trasmettere al pubblico la passione di una riflessione sul cinema.Nel 1958, in occasione dei venticinque anni di collaborazione con il BFI, ma anche di direzione di P. Houston, S. and s. aprì un dibattito sulla critica cinematografica, con interventi di Basil Wright, P. Rotha, P. Houston e L. Anderson, nel corso del quale Wright propose il modello di un giornale anarchico, metaforicamente simile a un fuoco d'artificio nel suo spandersi indeterminato in ogni direzione. Un'immagine, questa, che suona quasi come giustificazione preventiva rispetto alle critiche, mosse alla rivista da più parti negli anni Sessanta, circa la mancanza di una precisa e identificabile linea editoriale. Incurante di tali sollecitazioni, S. and s. manifestò la sua vocazione di rivista di dibattito, aperta (anche in quanto organo del BFI) a prospettive il più possibile ampie sul cinema e in grado di contenere contributi diversi per genesi e sensibilità. L'emergere nel decennio Settanta di nuovi approcci disciplinari al cinema, con suggestioni provenienti da ambiti diversi, per es. dalla psicoanalisi, non aggiunse novità notevoli a S. and s., che, pur tenendo in dovuto conto la sopravvenuta maggiore complessità culturale del cinema, si mantenne fedele ai gusti dei suoi lettori. Con una tiratura assestata intorno alle trentamila copie, rimase inalterata la tradizionale curiosità a tutto campo per il fatto filmico, come l'interesse per la televisione.
Nel 1991 la rivista si è fusa con il "Monthly film bulletin" per dar vita a un nuovo mensile di critica cinematografica, il cui primo numero, uscito nel maggio dello stesso anno, si è aperto con un editoriale significativamente intitolato No turning back, il cui punto di partenza non è la nostalgia per il cinema del passato ma l'indagine serrata sulle novità del mondo cinematografico. A più di dieci anni dalla nascita del nuovo mensile, la tiratura si è assestata su circa venticinquemila copie.
Sight and sound: a fiftieth anniversary selection, ed. D. Wilson, London 1982.