SIGILARIA
Con tal nome si designavano presso i Romani gli ultimi dei sette giorni in cui si celebravano le solenni e caratteristiche feste dei Saturnali (17-23 dicembre). Il nome derivava dalle statuette, per lo più di argilla, e dai fantocci, detti sigilla (sigillum è il diminutivo di signum "statua"), riproducenti forme umane o di animali. In quei giorni di lieto generale tripudio si solevano invitare reciprocamente parenti e amici a succolenti banchetti, che erano occasione di scambî di donativi.
In fondo i Sigillaria erano una forma larvata di sacrificio. In luogo di vittime umane, in specie di fanciulli vivi, che si diceva avessero offerto a Saturno i prisci Latini, si usò donare, in modo particolare ai fanciulli, piccole immagini di divinità di terracotta, di bronzo, e più tardi perfino d'argento e d'oro, quali pacifici equivalenti dei crudeli sacrifici primitivi. Si distribuivano anche in dono candele di cera dipinte a varî colori (cerei) e focacce di varia forma fatte di farina di frumento, anice e miele. Si comperavano i sigilla insieme ai quali erano posti in vendita svariati oggetti, anche artistici, nella via Sigillaria e nei due mercati particolari, l'uno nel Campo Marzio, l'altro sull'Esquilino. Anche gli imperatori si uniformavano al costume generale.