FOSCHI, Sigismondo
Non si conosce l'anno esatto di nascita di questo pittore faentino che fu probabilmente allievo di G.A. Sogliani. La data è comunque successiva al 1495 dato che il F. era ancora minorenne quando, il 16 maggio 1520, venne assistito dal padre nella stipula del contratto di commissione per una pala da collocarsi nella cappella fatta erigere dal frate Matteo Calderoni nella chiesa di S. Francesco a Faenza.
Il padre Antonio, figlio di Bettino di ser Fosco, originario di Castel Raniero, era orafo e argentiere: della sua attività, svolta a Faenza presso la bottega tenuta insieme con il fratello Nicola, si hanno notizie dal 1494 al 1523.
La pala per la chiesa di S. Francesco, ricordata dal Giordani (1835) nella collezione Hortolani di Bologna, è andata perduta. Dal contratto, pubblicato dal Grigioni (1935, pp. 493 s.), risulta che il F. doveva dipingere una Madonna con Bambino fra i santi Giovanni Evangelista e Francesco, mentre gli era lasciata libera la scelta delle figure da rappresentare nella lunetta; la consegna dell'opera era prevista entro la successiva festa di s. Francesco, quindi entro venti settimane; il compenso sarebbe stato di trenta ducati d'oro larghi.
La seconda opera nota del F. è l'Assunzionedella Vergine, realizzata nel 1522 (firma e data - riportate dal Valgimigli, 1869, p. 45 - non sono però più leggibili) per la chiesa di S. Maria della Terra a Solarolo. Nel 1527 dipinse, per la chiesa di S. Bartolomeo a Faenza, la Madonna col Bambino e santi (Milano, Pinacoteca di Brera), opera anticamente assegnata a Frà Bartolomeo prima che si rinvenissero firma e data apposte dal Foschi.
Al fianco della Vergine e del Bambino si trovano i santi Giovanni Battista e Bartolomeo, mentre in secondo piano si vedono due teste di santi barbati non chiaramente identificabili; all'interno dell'abside dipinta, che risulta impostata non in modo corretto sotto il profilo prospettico, si individuano sei angeli cantori. Nella tavola i colori sono crudi e si nota un certo abuso dei cangiantismi, ma l'elemento più caratteristico è una certa sproporzione delle teste che risultano di dimensioni eccessive, il che denota nel F. una certa difficoltà nella resa proporzionale delle composizioni.
Analoghi toni freddi si riscontrano in un'opera, cronologicamente vicina alla precedente, come la Madonna col Bambino tra i ss. Caterina, Paolo, Giovanni Battista, Benedetto [?], Sebastiano e Apollonia (Faenza, Pinacoteca civica). Di incerta datazione è invece il Cristo portacroce (ibid.), proveniente dalla chiesa di S. Maria ad Nives.
Alla mano del F. è ricondotta, forse impropriamente, anche l'Incredulità di s. Tommaso (Faenza, chiesa del Suffragio), opera dai caratteri maldestramente raffaelleschi. Al pittore è inoltre attribuita una Madonna, che si trova dal 1778 nella chiesa di S. Maria dell'Angelo, dipinta secondo lo schema di un'antica e miracolosa icona mariana.
L'ultima notizia relativa a un'opera del F. riguarda una sua Adorazione dei magi, probabilmente perduta, dipinta per lo scultore Pietro Barilotti, che, con un atto del 12 genn. 1532, sollecitava la consegna della tavola avendo già egli eseguito il portale di pietra d'Istria che doveva andare in cambio al F. secondo gli accordi presi in precedenza.
Il F. compare ancora in un documento del 30 ott. 1532, mentre risulta già morto in un atto del 1536 (Valgimigli, 1869).
Lo stile del F. appare fortemente influenzato da modelli fiorentini, in modo particolare da quelli di Andrea del Sarto e Frà Bartolomeo, ma in modo più evidente si evince l'influsso della pittura devota del suo probabile maestro G.A. Sogliani, seguace di Lorenzo di Credi, anche se restano indubbiamente ancora da precisare i termini storici di questo alunnato.
Anche i fratelli del F., Benedetto e Giuliano, furono pittori; le scarne notizie che ci sono pervenute definiscono solo la loro qualifica professionale: il primo, ricordato in alcuni documenti degli anni Trenta, morì tra il 1552 e il 1556 (ibid., 1869, p. 47), mentre Giuliano è noto solo grazie a un atto del 1524 in cui compare accanto al F. e in cui i due fratelli vengono definiti "Pictores et quidem egregis" (ibid.).
Fonti e Bibl.: G. Giordani, Lettera al signor Giuseppe Ignazio Montanari…, in Poesie e prose inedite o rare di italiani viventi, II, Bologna 1835, pp. 259-279 passim; G.M. Valgimigli, Dei pittori e degli artisti faentini de' secoli XV e XVI, Faenza 1869, pp. 42-49; A. Messeri - A. Calzi, Faenza nella storia e nell'arte, Faenza 1909, ad Ind.; C. Grigioni, La pittura faentina dalle origini alla metà del Cinquecento, Faenza 1935, pp. 486-497; A. Corbara, Una Madonna di S. F., in Melozzo da Forlì, n. 3, 1938, p. 151; C.G. Bulgari, Argentieri gemmari e orafi d'Italia, III, Roma 1969, p. 287 (per il padre Antonio); A. Corbara, Gli artisti. La città. Studi sull'arte faentina, Bologna 1986, pp. 175 ss.; A.C. Ferretti, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Milano 1988, p. 720 (con bibl.); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XII, p. 236.