SIGNORINI, Fulvio detto il Ninno
– Nacque a Siena nel 1563 da Antonio di Signorino, pittore e orafo soprannominato lo Scatolaio.
Del 1573 è la cresima di Fulvio e della sorella Silvia, celebrata dal vescovo di Montalcino Francesco Piccolomini (Romagnoli, ante 1835, 1976, VIII, p. 430).
Nulla sappiamo della sua formazione, che presumibilmente avvenne nell’orbita paterna, ma secondo le fonti (Ugurgieri Azzolini, 1649) il giovane scultore ebbe modo di entrare in contatto con Prospero Antichi, detto il Bresciano, presente a Siena dal 1574 fino a circa il 1580 con un attivo ruolo nella cerchia attorno a Ippolito Agostini, quell’‘accademia privata’ tesa a rivitalizzare le glorie artistiche cittadine all’insegna dell’eleganza beccafumiana (Bagnoli, 1980). Scarsissime anche le informazioni sulla sua prima attività: secondo Isidoro Ugurgieri Azzolini avrebbe lavorato a Roma nella Sala Regia in Vaticano ed è stato ipotizzato che fosse al seguito del Bresciano, autore intorno al 1580-81 delle statue che sorreggono lo stemma di Gregorio XIII (Ugurgieri Azzolini, 1649; Bruschettini, 1980, p. 268). Avrebbe collaborato con il maestro anche alla realizzazione della grande statua di Mosè destinata alla parte centrale della mostra dell’Acqua Felice a Termini, della quale Antichi era stato incaricato sotto Sisto V (Ugurgieri Azzolini, 1649, ripreso da Baldinucci, 1688; Della Valle, 1786; Romagnoli, ante 1835, 1976, VIII, p. 430, che ne dà per scontata la presenza a Roma per questo motivo nel 1586). In realtà un acconto della statua fu pagato nel 1588 al Bresciano e allo scultore ligure Leonardo Sormani che la portò a termine: un eventuale intervento di Signorini sarà dunque da ridursi a una marginale collaborazione, dato il ridimensionamento della stessa responsabilità di Antichi emerso dalle ricerche archivistiche (Ostrow, 2006).
Nel 1594 lo scultore firmò la statua bronzea del Cristo risorto (Siena, Museo dell’Opera del duomo) commissionatagli dal rettore dell’Opera del duomo Giugurta Tommasi e pagatagli in diverse soluzioni a partire dal 1592 (E. Carli, in Landi, 1655, 1992, p. 102 nota 17), da collocarsi sull’altare maggiore della cattedrale dalla domenica in Albis fino all’Ascensione e nella libreria Piccolomini nel restante periodo dell’anno.
La prossimità dell’opera con il crocifisso realizzato nel 1586-88 per l’oratorio senese della Ss. Trinità da Prospero Bresciano (fuso da Alessandro Vannini) ribadisce la dipendenza di Signorini da Antichi, sebbene le corrispondenze nel modellato e nel carattere del volto rivelino poi un più modesto sviluppo nella figura tozza e anatomicamente poco bilanciata.
Nel 1597 Signorini si trovava a Roma, dove fu sentito dai magistrati nelle carceri di Tor di Nona in un processo tenutosi nel mese di luglio a seguito del ferimento di Alessandro del Rio, detto lo Spagnolo, in una rissa in cui l’artista era rimasto coinvolto assieme a un «Pier Francesco pittore milanese» e a Giacomo Galli, detto Spadarino, fratello del più celebre Giovanni Antonio. Dalle carte si ricava che abitava al tempo assieme al primo, quasi unanimemente identificato in Morazzone (a partire da M. Gregori, in Il Morazzone, 1962, ma si veda Lafranconi, 2002; Stoppa, 2003, pp. 30 s. nota 39), nella cosiddetta contrada dei bergamaschi, ovverosia nell’attuale via delle Carrozze e dintorni (Bertolotti, 1881; documentazione recuperata nella sua moderna collocazione da Cristina Terzaghi e in parte trascritta in Stoppa, 2003, pp. 285 s., n. 3).
Nulla sappiamo dell’operato dell’artista in questa fase anche se è ragionevole ipotizzare una sua presenza in uno dei tanti cantieri romani allora aperti, sia come scultore sia, forse, come restauratore, attività documentata da una lettera del 1603 nella quale Ippolito Agostini indicava a Teofilo Gallaccini un Fulvio scultore chiamato a «risarcire» i suoi frammenti di marmi antichi (Pezzo, 1999).
Nel 1600 Signorini fu nuovamente in carcere a Roma, sospettato del ferimento di un tal Domenico Decapeis: il non meglio identificato Valentino Bontino da Verona, scultore in «Borgonovo», risulta il 17 giugno di quell’anno suo fideiussore affinché possa riottenere la libertà (Bertolotti, 1884).
A questo stesso periodo Ettore Romagnoli (ante 1835, 1976, VIII, p. 435) fa risalire la decorazione dell’altare della famiglia Capacci, dedicato a S. Giacinto, nella chiesa di S. Domenico a Siena, attribuzione sconfessata da Wolfgang Loseries che non vi ravvisa le necessarie argomentazioni storiche, né sufficienti affinità stilistiche (in Die Kirchen von Siena..., 1992, 1.2, p. 665).
Fra il 1602 e il 1603 Signorini, nuovamente a Siena, avrebbe eseguito la decorazione dell’altare (con alcuni angioletti, poi sostituiti nel secolo successivo da altri riferibili a Jacomo Franchini) disegnato da Gallaccini e realizzato da Flaminio del Turco, del cosiddetto chiesino di S. Salvatore nell’Onda (Romagnoli, ante 1835, 1976, VIII, p. 436). La notizia ribadisce ulteriormente il legame dello scultore con la cerchia di Agostini.
Si rinnovò inoltre la collaborazione con Flaminio del Turco, artefice dell’altare maggiore di S. Agostino fatto erigere da Cristofano Chigi nel 1608, per cui scolpì, secondo Ugurgieri, le figure della Religione e della Carità (Ugurgieri Azzolini, 1649; M. Butzek, in Die Kirchen von Siena..., 1985).
Firmata e datata 1609 è la statua in marmo di papa Paolo V Borghese (per la quale fu pagato in più volte insieme a Flaminio del Turco, che eseguì la nicchia destinata a ospitarla), inizialmente parte di un ciclo di monumenti dedicati ai pontefici di origine senese per la cattedrale. Esclusa in seguito dal progetto di risistemazione di queste statue voluto da Alessandro VII per essere «malissima fatta» (Butzek, 1980, p. 33), e non accordandosi con le altre per le dimensioni, la scultura fu rimossa nel 1661 dalla sua collocazione in prossimità della vecchia porta del Perdono. Solo alla fine del Settecento fu acquistata da Galgano Saracini, che la collocò nel cortile di palazzo Chigi Saracini intitolandola, senza farvi apportare cambiamenti, a Giulio III per ragioni di ascendenza familiare (Butzek, 1980).
Vanno infine ricordate le statue bronzee con S. Caterina da Siena e S. Bernardino originariamente poste sull’altare dell’Immacolata Concezione nella chiesa di S. Francesco a Siena. Furono alienate alla fine dell’Ottocento e acquistate nel 1934 dal Metropolitan Museum of Art di New York come opere dello scultore spagnolo Alonso Cano per essere poi ricondotte a Signorini nel 1938 da Ulrich Middeldorf che le identificò con la coppia di statue costantemente ricordata dalle fonti locali a partire da Fabio Chigi (1939, p. 318).
Difficilmente inquadrabili dal punto di vista cronologico, ma forse un poco successive al Cristo risorto del 1594, le sculture appaiono tra i migliori esiti dell’artista, che qui pare giustificare una certa durezza di modellato facendosi interprete di una sorta di arcaismo neoquattrocentesco grazie al quale riesce a evitare alle figure quel carattere tozzo spesso rimproveratogli dalla critica.
Non si conoscono notizie successive al 1609, né è nota la data di morte di Signorini.
Fonti e Bibl.: I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi..., II, Pistoia 1649, p. 382; A. Landi, “Racconto” del Duomo di Siena (1655 circa), a cura di E. Carli, Firenze 1992, pp. 22, 51, 102-103 nota 17, 127-128 nota 38; F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno..., IV, Firenze 1688, pp. 153 s.; G. Della Valle, Lettere sanesi, III, Roma 1786, pp. 429-431; E. Romagnoli, Biografia cronologica de’ bellartisti senesi dal secolo XII a tutto il XVIII (ante 1835), VIII, Firenze 1976, pp. 427-445; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI, XVII. Studi e ricerche negli archivi romani, I, Milano 1881, p. 128; Id., Artisti veneti in Roma nei secoli XV, XVI e XVII. Studi e ricerche negli archivi romani, Venezia 1884, p. 64; U. Middeldorf, Due statue di F. S. in America, in Bullettino senese di storia patria, XLV (1938), pp. 281-294; F. Chigi, L’elenco delle pitture, sculture e architetture di Siena, compilato nel 1625-26, a cura di P. Bacci, in Bullettino senese di storia patria, XLVI (1939), pp. 197-213, 297-337 (in partic. p. 299); Il Morazzone (catal., Varese), a cura di M. Gregori, Milano 1962, p. 4; E. Carli, Il duomo di Siena, Siena 1979, p. 130; A. Bagnoli, Prospero Antichi detto il Bresciano, in L’arte a Siena sotto i Medici 1555-1609 (catal., Siena), a cura di F. Sricchia Santoro, Roma 1980, pp. 259-263 (in partic. p. 259); D. Bruschettini, Fulvio Signorini, ibid., pp. 268-273; M. Butzek, Die Papstmonumente in Dom von Siena, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXIV (1980), pp. 15-78 (in partic. pp. 28, 34 e passim); Die Kirchen von Siena, I, Abbadia all’Arco - S. Biagio, a cura di P.A. Riedl - M. Seidel, München 1985, 1.1, pp. 84-86; Die Kirchen von Siena, II. Oratorio della Carità - S. Domenico, a cura di P.A. Riedl - M. Seidel, München 1992, 1.1, pp. 273, 440, 1.2, pp. 552, 553, 610, 665; D. Bruschettini, in Panis vivus (catal.), a cura di C. Alessi - L. Martini, Siena 1994, p. 67; Il Duomo di Siena al tempo di Alessandro VII. Carteggio e disegni (1658-1667), a cura di M. Butzek, München 1996, p. 19; A. Pezzo, Una rete erudita. La figura di Gallaccini tra rapporti e fortuna, in Siena 1600 circa: dimenticare Firenze. Teofilo Gallaccini (1564-1641) e l’eclisse presunta di una cultura architettonica (catal.), a cura di G. Morolli, Siena 1999, pp. 57-76 (in partic. p. 72); M. Lafranconi, Risarcimento di Giacomo Galli, “misterioso Spadarino”, in Paragone, LIII (2002), 631, pp. 52-64 (in partic. p. 57); J. Stoppa, Il Morazzone, Milano 2003, pp. 7, 24-27, 30 s., 212, 279, 285; S.F. Ostrow, The discourse of failure in Seventeenth-Century Rome: Prospero Bresciano’s “Moses”, in The Art Bulletin, 2006, vol. 88, pp. 267-291 (in partic. pp. 272, 286, 288); A. Leoncini - E. Gambetti, Il Chiesino dell’Onda: vicende, memorie e dotazioni, in La chiesa di San Salvadore e il Chiesino dell’Onda, Siena, a cura di M. Ascheri - A. Cornice, Siena 2015, pp. 29-65; F. Rotundo, Dalla chiesa di San Salvadore al Chiesino: note sull’architettura, ibid., pp. 67-79.