SIGUALDO
– Patriarca di Aquileia dal 756/757, le sue origini familiari e l’epoca della nascita non sono note, sebbene una tarda cronaca dei patriarchi, conservata in un manoscritto cividalese trecentesco, lo voglia discendente del re Grimoaldo (J.F.B.M. De Rubeis, Monumenta..., 1740, p. 8) e una ancor più recente iscrizione (sec. XVI), posta nel palazzo episcopale di Udine, lo leghi a parentela con il re Desiderio (Giannoni, 1896, p. 5). Pio Paschini, pur segnalandole, diffidava a ragione di entrambe le notizie (1912b, p. 277), che sembrano inventate per conferire un’aura di nobiltà a un personaggio tanto cospicuo, quanto oscuro.
Il nome, comunque, riconduce Sigualdo all’etnia longobarda, verosimilmente anche a un gruppo famigliare di spicco. I pochissimi dati sparsi che lo riguardano sembrano suggerire una personalità capace di destreggiarsi in un periodo cruciale per la storia del Regno italico e della Chiesa aquileiese, che segnò il transito verso il dominio franco.
Egli fu il successore del patriarca Callisto, lui sì di famiglia aristocratica: Paolo Diacono ne scrisse a proposito del trasferimento della residenza patriarcale dal castrum di Cormòns alla città di Cividale (e dei contrasti col duca Pemmone, prima di giungere a un accordo di convivenza e collaborazione), e di lui rimangono illustri tracce artistiche, come il battistero ancora visibile nel duomo cividalese. Si tratta di un periodo nel quale i vescovi cominciarono ad assumere un ruolo importante nelle dinamiche del potere e le sedi maggiori, com’era quella aquileiese, nonostante un periodo di appannamento, divenivano ambite per le aristocrazie del Regno.
Sigualdo salì sulla cattedra aquileiese quasi in concomitanza con l’ascesa sul trono longobardo di Desiderio, dopo due sovrani, Ratchis e Astolfo, che erano prima stati duchi del Friuli. Non è escluso che partecipasse in qualche modo ai conflitti che segnarono i rapporti tra il re e la stirpe ducale cividalese, anche se tale ipotesi significa cedere alla tentazione di unire con un unico filo le ridotte tessere di mosaico superstiti, dando a esse una coerenza che molto probabilmente non ebbero nella realtà.
Fra i pochissimi documenti coevi che lo nominano, c’è la celebre dotazione del monastero di S. Maria di Sesto al Reghena (Pordenone; 762), nella quale Sigualdo, in quanto patriarca di Aquileia, è chiamato a fungere da garante della regolarità della vita monastica e difensore dei monaci da qualunque violenza.
La citazione si ferma qui, ma è presumibilmente indizio dell’autorevolezza del prelato e della consuetudine che aveva con le famiglie aristocratiche radicate nel territorio friulano, a loro volta partecipi di relazioni e tensioni che le connettevano all’intero Regno, dato che il monastero sestense si collocava in una rete che si estendeva ai cenobi di S. Silvestro di Nonantola e di S. Salvatore di Monte Amiata.
A qualche anno dopo (768-771) risalgono le notizie, tramandate da una corrispondenza intercorsa tra il patriarca di Grado, Giovanni, e il papa Stefano IV, circa l’espansionismo longobardo in Istria, anche a danno dei diritti metropolitici della sede lagunare. Giovanni lamentava che i suoi suffraganei non gli mostravano la dovuta obbedienza e addossava la responsabilità alla nequizia dei Longobardi e del loro re Desiderio. Sigualdo non viene citato, ma è difficile pensare che ignorasse o si opponesse a un’azione che si configurava come un tentativo di incrementare e ricomporre l’antica autorità della Chiesa d’Aquileia e che era in continuità con la politica aggressiva del predecessore Callisto.
Negli atti del Concilio di Mantova (827) resta un riverbero di tale conflitto, laddove il patriarca aquileiese Massenzio assicurava di aver reperito un decreto del clero e popolo di Pola, che chiedeva al patriarca Sigualdo, «qui usque ad Francorum tempora vixit», di ordinare come metropolita il vescovo eletto (Concilia aevi Karolini, a cura di A. Werminghoff, I, 2, p. 58).
Il fatto che Sigualdo sia rimasto alla guida del patriarcato aquileiese anche dopo l’avvento di Carlo, nel 774, e la sconfitta dell’ultimo sussulto di ribellione guidato dal duca forogiuliese, nel 776, parrebbe rafforzare l’idea che egli fu tra i fautori del re franco, in opposizione a Desiderio.
In questi anni viene usualmente datata una lettera di «Sigwaldus humilis episcopus Aquileiae», al sovrano carolingio, «perpetuus triumphator» (Epistolae variorum..., a cura di E. Duemmler, 1895, n. 8, p. 505). Il testo, pur frammentario, implorava di tutelare i beni della Chiesa da ogni manomissione dei nuovi dominatori, che si erano distinti per ampie confische. Non si conosce la risposta di Carlo, ma forse Sigualdo era consapevole dei riguardi che il re manifestava in quegli anni verso le chiese e i prelati ‘longobardi’, con l’intenzione di estendere a loro le già collaudate prassi di collaborazione nella gestione del potere.
In tal senso sono stati interpretati provvedimenti come la Notitia Italica, datata fra il 776 e il 781, che salvaguardava gli interessi ecclesiastici nella revisione dei passaggi di proprietà avvenuti con prezzi inadeguati durante la guerra, o il capitolare di Mantova, del 781, che offriva la collaborazione degli ufficiali regi ai vescovi impegnati nel governo delle proprie diocesi.
Frutto di questa temperie sembrerebbero essere il documento del 778, con il quale il duca Masselio (presumibilmente il primo duca franco di Cividale) donava ai monaci di Sesto la villa di Forni in Carnia, col beneplacito di Carlo Magno, e quello del 781, con il quale il medesimo re confermava al monastero le donazioni del longobardo Adelchi e altri beni. Sigualdo non viene mai citato e il silenzio è stato interpretato come un segno di emarginazione, che sembrerebbe confermata dalle reiterate manifestazioni di benevolenza che Carlo riservò invece a Paolino, quando divenne patriarca d’Aquileia.
Un’attestazione dell’attività di Sigualdo è la lastra marmorea, che in origine doveva comporre un altare dedicato a s. Giovanni Battista («Hoc tibi restituit Siguald Baptesta Iohannes»), attualmente inserita nel parapetto del battistero di Callisto, a Cividale. La sicura attribuzione della committenza e il pregio intrinseco del manufatto ne fanno una preziosa testimonianza degli sviluppi artistici della tarda epoca longobarda.
Sigualdo morì tra il 785 e il 786 e il suo successore fu Paolino d’Aquileia.
Fonti e Bibl.: J.F.B.M. De Rubeis, Monumenta Ecclesiae Aquileiensis, Argentinae 1740, Appendix, pp. 8 s.; Epistolae variorum Carolo Magno regnante scriptae, in MGH Epistolarum, IV, 2, Epistolae Karolini aevi, a cura di E. Duemmler, Berolini 1895, n. 8, p. 505; Concilia aevi Karolini, a cura di A. Werminghoff, in MGH, Concilia, I, 2, Hannoverae et Lipsiae 1908, n. 47, p. 58; Codice diplomatico longobardo, a cura di L. Schiaparelli, II, Roma 1933, n. 162.
C. Giannoni, Paulinus II. Patriarch von Aquileia: ein Beitrag zur Kirchengeschichte Österreichs in Zeitalter Karls des Grosse, Wien 1896, p. 5; P. Paschini, Note storiche su uomini ed avvenimenti del Friuli in sul cadere del regno longobardo, in Memorie storiche forogiuliesi, VIII (1912a), pp. 11-15; Id., Le vicende politiche e religiose del territorio friulano da Costantino a Carlo Magno (secc. IV-VIII), ibid., VIII (1912b) pp. 277 s.; IX (1913), pp. 2-5; Id., Storia del Friuli, Udine 1975, pp. 136-148; P. Cammarosano, L’alto medioevo: verso la formazione regionale, in Storia della società friulana. Il medioevo, a cura di P. Cammarosano, Tavagnacco 1988, pp. 42-47; C.G. Mor, San Paolino e Carlo Magno, in Aquileia e le Venezie nell’alto medioevo, in Antichità altoadriatiche, XXXII (1988), pp. 70, 74; G. Spinelli, Origine e primi sviluppi della fondazione monastica sestense (762-967), in L’abbazia di Santa Maria di Sesto fra archeologia e storia, a cura di G.C. Menis - A. Tilatti, Fiume Veneto 1999, pp. 99, 104; S. Lusuardi Siena - P. Piva, Scultura decorativa e arredo liturgico a Cividale e in Friuli tra VIII e IX secolo, in Paolo Diacono e il Friuli altomedievale (secc. VI-X), in Atti del XIV Congresso..., Cividale del Friuli-Bottenicco di Moimacco... 1999, Spoleto 2001, pp. 493-594; L. Villa, S., patriarca di Aquileia, in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei Friulani, I, Il medioevo, a cura di C. Scalon, Udine 2006, pp. 789-791.