SILANION (Σιλανίων, Σειλανίων, Silanion)
Bronzista ateniese vissuto nel IV sec. a. C., celebre come ritrattista.
1. - L'origine ateniese di S. è nota da Pausania (vi, 4, 5; 14, 11) ed è confermata dalla circostanza che le prime opere di cui si abbia notizia sono legate all'ambiente attico; l'etnico tuttavia non compare in nessuna delle firme dell'artista e il patronimico è sconosciuto. Per il nome si è anche pensato che S. fosse di famiglia megarese (Preuner).
Plinio dà l'acmé dello scultore agli anni 328-325 a. C. (Olimp. cxiii; Nat. hist., xxxiv, 51). Il Michaelis proponeva per il ritratto di Platone (v.) una data fra 387 e 363, che generalmente è stata poi arrotondata, per supposte ragioni stilistiche, al 360. A tale età si è riferito ipoteticamente anche il Teseo (Plut., Thes., 4). Attribuendo all'attività giovanile dello scultore ritratti del tipo del Socrate Farnese, del Lisia e del Sofocle di III tipo da datarsi al decennio 380-370 a. C., si dovrebbe porre la nascita di S. quasi all'inizio del secolo, facendone un contemporaneo di Euphranor e di Lisippo. Ma forse la sua attività va spostata più in basso in armonia con l'indicazione di Plinio, poiché la datazione del Platone rimane incerta, e le altre attribuzioni sono ipotetiche. Il presunto Iperide del discepolo Zeuxiades si data alla fine del secolo.
Per quel che si può ricostruire dalle fonti, mancano nel catalogo di S. immagini di divinità, ma vi sono oltre ai ritratti di viventi, personaggi eroici, mitici e della storia letteraria, eseguiti per committenti diversi anche fuori di Atene. La statua di Platone fu dedicata nell'Accademia dal persiano Mitridate figlio di Orontobates, forse il principe di Kios nella Propontide morto dopo il 363 a. C. La dedica alle Muse trascritta da Diogene Laerzio (iii, 25) ha fatto pensare ad un monumento diverso da quello funerario del quale parla Pausania "non lontano dall'Accademia" (Paus., i, 31, 1), ma il tenore dell'iscrizione, in considerazione delle consuetudini relative al ritratto onorario, autorizza anche a pensare che la statua fosse stata posta poco dopo il 347, anno della morte di Platone. Nello stesso ambito dell'Accademia è nato il ritratto di Apollodoros, il discepolo di Socrate, morto attorno al 360 a. C., scultore perennemente scontento della propria opera (v. apollodoros, 3°), nel quale S. aveva rappresentato lo stato d'animo dell'insanus o μανικός (nec hominem ex aere fecit, sed iracundiam; Plin., Nat. hist., xxxiv, 81); e forse anche un'opera di ricostruzione erudita, la statua di Saffo (Tatian., Adv. Graec., 52) che Platone stesso aveva definito la decima Musa (Anth. Gr., ix, 506). Un epigramma diceva opera di S. anche una Saffo di bronzo sottratta da Verre al Prytaneion di Siracusa (Cic., in Verr., iv, 57, 126). Il monumento, in memoria dell'esilio siciliano della poetessa, poteva essere una rielaborazione dello stesso S. forse da mettere in relazione col viaggio di Platone in Sicilia, successiva dunque al 361 a. C. e certamente anteriore al bando di Dionisio II (356 a. C.): in seguito le condizioni politiche della città rendevano improbabile la commissione allo scultore ateniese e si sa che Timoleone era stato costretto a fondere le statue di bronzo di Siracusa per farne monete. Ad Atene si trovava il Teseo, ricordato da Plutarco insieme alla pittura di Parrasio dello stesso soggetto che era nella stoà Basìleios: qui, con il Teseo dipinto da Euphranor, può darsi che si trovasse anche la statua di S. (Reinach), ma certo i luoghi di culto dell'eroe erano più d'uno nella stessa Agorà (The Athenian Agora, iii, Princeton 1957, p. 113 ss.) e si ha notizia della base di un Teseo di provenienza diversa (P. Graindor, in Bull. Corr. Hell., li, 1927, p. 279). Plutarco parla insieme degli onori resi dagli Ateniesi a Konnidas, maestro di atletica (ἐπιστάτης) e pedagogo di Teseo, il che permetterebbe di dare un nome all'epistaten exercentem athletas attribuito da Plinio a S. (Nat. hist., xxxiv, 82). Ad un monumento coregico apparteneva forse la locasta morente di cui parla Plutarco per confrontarla al Filottete dipinto da Aristophon (Moral., 674 e) e per lodare la tecnica dell'artista che nel viso aveva mescolato argento alla lega del bronzo per rendere il pallore della morte (Quaest. conv., v, 1, 2). L'opera si può anche attribuire ad un periodo di attività in Beozia, forse anteriore alla rovinosa campagna di Alessandro contro Tebe (335 a. C.), al quale risale la Corinna (Tatian., loc. cit.). A Tanagra, la patria della poetessa, Pausania ricorda infatti insieme alla pittura che la riproduceva nel Ginnasio, un celebrato monumento (μνῆμα ἐν περιϕανεῖ τῆς πόλεως, Paus., ix, 22, 3) che poteva essere il bronzo stesso di Silanion. Ad Olimpia era il ritratto di Satyros di Elide, personaggio dominante nel mondo agonistico del IV sec., discendente della famiglia sacerdotale degli Iamìdai, vincitore nel pugilato cinque volte, cioè per sedici anni consecutivi a Nemea, due volte a Delfi e due ad Olimpia (Paus., vi, 4, 5) ricordato anche ad Oropos come vincitore dei giochi di Anfiarao in una lista del 335-4 a. C. (I. G., vii, 414); di altre statue celebrative eseguite da S. in Olimpia per Damaretos e Telestas di Messene, vincitori nel pugilato dei giovani (Paus., vi, 14, 4; 14, 11) la cronologia è incerta: L. Moretti (v. anche la voce statua, ai nn. 69 e 72 dell'elenco dei vincitori olimpici) proprone dubitativamente gli anni 344-340; in ogni caso le vittorie atletiche ad Olimpia sarebbero sempre avvenute dopo la ricostituzione dello stato messenico.
Delle iscrizioni col nome di S., due sono sicuramente trascrizioni ellenistiche, l'una da Efeso con la forma Σειλανίων (J. Keil, in Osterr. Jahresh., xv, 1912, Beibl., c. 208 s.), l'altra rinvenuta sull'acropoli di Pergamo, nell'area del santuario di Atena (Σιλανίων[ν... ἐξ ᾿Ωρέου; M. Fränkel, Inschriften v. Pergamon, i, p. 41, n. 5o). Quest'ultima, di grande interesse anche per proporre una diversa spiegazione della presenza della Saffo di S. a Siracusa, si riferiva ad un bronzo di piccole dimensioni eseguito ad Oreos in Beozia, che era stato portato a Pergamo come bottino di guerra nel 200 a. C., quando i Romani con Attalo I avevano preso Oreos per restituirla al re alleato (Liv., xxxi, 46). Al tempo di Alessandro risale l'unica firma di S. che può essere considerata contemporanea all'autore, dal teatro di Mileto (Σιλανίων ἐπόησε: Th. Wiegand, in Arch. Anz., xix, 1904, p. 5, fig. 3) anche se non sono mancate datazioni generiche all'età ellenistica (Preuner) o alla fine del III sec. a. C. (Kirchner): la presenza dello scultore in Asia Minore non sorprenderebbe durante la fioritura di opere pubbliche promossa da Alessandro, e si potrebbe mettere in relazione con il culto di Achille ristabilito in Ilion una delle statue di S. più celebrate da Plinio, Achillem nobilem (Nat. hist., xxxiv, 82).
2. - Alla vastità della produzione di S. risponde solo parzialmente la restituzione moderna delle opere: dopo le prime ricerche filologiche (Brunn, Winter) l'unico tentativo sistematico si deve a E. Schmidt che, partendo da alcune osservazioni del Furtwängler e con il medesimo metodo, ne ha proposto l'identificazione quasi esaustiva (Jahrbuch, xlvii 1932, pp. 239-303; xlix, 1934, pp. 180-204). Ma il punto di partenza dello Schmidt, il Platone di Holkham Hall, non è ritenuto ora il più vicino al monumento dell'Accademia e la testa di pugile in bronzo da Olimpia, nella quale si voleva riconoscere il Satyros di Elide e quasi l'estrema maturità dell'artista, viene data con maggior fondamento alla scuola di Lisippo: sicché l'ardita costruzione ha perso molta della sua attendibilità.
Non sembra dubbia la restituzione del Platone (v.) dopo la conoscenza della copia di Ginevra (Böhringer, Schefold) della prima età imperiale, che avvicina all'archetipo senza la spiritualizzazione delle repliche neoplatoniche e senza il sospetto di una rilavorazione moderna avanzato per la testa di Holkham Hall (Sieveking). Il ritratto ha in comune l'impostazione frontale, la simmetrica disposizione della capigliatura e la larga campitura dei piani del volto, con il Lisia ed il cosiddetto Sofocle del III tipo, per i quali è stata proposta l'attribuzione a S. (Winter), ma se ne differenzia per l'intenzione di puntualizzare l'età del personaggio, attorno ai sessant'anni, e per un più morbido trattamento delle superfici. Rispetto alla maschera silenica del Socrate Farnese, almeno di un decennio precedente e per il quale l'attribuzione a S. è più incerta (Schefold) le notazioni fisionomiche sono però molto contenute e lo scultore rivela una consapevole adesione al modello classico nella pettinatura policletea e nel severo panneggio della figura seduta, noto dalla piccola replica (perduta) di Kiel. Ciò distinguerebbe l'arte di S. anche dal verismo di Demetrios di Alopece, e tanto più difficile sembra il tentativo di riferire la presunta Lysimache, sulla quale si fonda soprattutto la nostra conoscenza di questo ritrattista (v. demetrios, 1°, fig. 97) a S. per qualche somiglianza iconografica con la dubbia Iocasta di Budapest (Picard).
L'identificazione dell'Apollodoros con il cosiddetto Iuba o Annibale del Museo Nazionale di Napoli, è insostenibile per il patetismo francamente "barocco" della testa e per il profondo chiaroscuro della capigliatura, così come l'attribuzione a S. del Teseo di Ince Blundell Hall (Furtwängler, Schmidt) è sospetta per l'eclettismo della copia. Ma per il Teseo altri elementi sono venuti dalle varianti ellenistiche e romane del tipo eroico con la clamide sulla spalla e sul braccio sinistro, tra le quali il bronzo di Anticitera, la statua di Berlino firmata da Antiphanes di Paro (v. antiphanes, 2°, fig. 597) e la statua dalle terme di Leptis Magna (Lippold, Adriani). È incerta la pertinenza all'originale degli elementi lisippei più o meno accentuati nelle repliche, mentre la forte insistenza sulla gamba portante e la rotazione del torso fanno pensare che S. si sia ispirato ad una ponderazione del tipo dell'Ares Borghese e del Diomede: che in particolare vi fosse un'opera di Kresilas dietro la creazione di S. si può postulare dopo la restituzione del Teseo di Copenaghen. Ad un esplicito allineamento al canone lisippeo porterebbe l'identificazione dell'epistàtes-Konnidas con una figura giovanile col piede sollevato (Lippold), ma si è nel campo delle pure ipotesi, come già lo era l'attribuzione a S. di una statuetta di proprietà privata a Berlino (Brückner): si è proposto invece di verificare la diffusione della figura di agonoteta ammantato nelle anfore panatenaiche del IV sec. (Picard). Nessuna identificazione è stata finora avanzata per l'Achille, benché sia l'unica statua di questo soggetto di cui le fonti conservino il nome dell'autore: né è stato valorizzato l'indizio offerto dallo stesso Plinio che chiama "achillee" le statue giovanili nude con l'asta (Nat. hist., xxxiv, 18).
La Musa acefala di Efeso ha fornito per la Saffo un persuasivo studio di ponderazione legato alla tradizione del V sec. e forse indipendente da Lisippo (Süsserot); la testa restituita dal busto panneggiato di Leningrado e dalla Musa Lichtenstein, non è però anteriore al decennio 340-330 a. C. e rivela anche nella capigliatura l'influenza prassitelica. La ricostruzione dello Schmidt darebbe dunque un tipo rielaborato dall'originaria creazione di S., che invece sarebbe meglio riconoscibile nel busto dalla Villa dei Pisoni. Questo, che gode della tradizionale denominazione di Saffo, conserva in realtà la copia abbastanza fedele di un bronzo della metà del IV sec. a. C. (Schefold): il panneggio visibile è simile allo schema di quello della Musa, ma ricorda più da vicino nel modellato quello plastico ed essenziale del Platone. Anche l'identificazione della Corinna nel tipo Astor-Berlino è stata messa in dubbio e la testa datata all'inizio del IV sec. (Adriani); tuttavia il più antico documento della caratteristica pettinatura a scriminature parallele, melonenfrisur, sembra una moneta di Orthagoria attorno alla metà del secolo, e nella piccola copia da Compiègne, iscritta col nome della poetessa, la testa è associata ad un panneggio non estraneo a quello della Saffo (v. corinna, vol. ii, fig. 1099). Si tratta forse anche qui di una semplificazione piuttosto recente, come appare dalla notevole altezza della vita, tale da giustificare una datazione al 330 a. C. (Bieber). La cronologia della presunta testa di Satyros al Museo Nazionale di Atene ha subito molte oscillazioni: dal V sec. (Kekulé) agli inizî del IV (Schrader) e al III (Hyde, Wolters), in parte giustificate dalla limitata possibilità di confronto con originali di bronzo. Le datazioni più alte sono però escluse dalla forte caratterizzazione del personaggio, e quella in età ellenistica dall'osservazione che i mezzi di cui si serve l'artista sono schiettamente plastici e grafici, anche nella pittoresca pettinatura analizzata a secche ciocche, mancando ogni gioco cromatico delle superfici. Questi elementi autorizzano la cronologia normalmente accettata dagli autori che attribuiscono la testa a S., attorno al 335 a. C. (Schefold, Lippold, Picard), ma possono anche servire a negare il bronzo all'autore del Platone e della trascolorante Iocasta, per riferirlo alla scuola lisippea (Johnson) e in particolare al fratello di Lisippo, il ritrattista Lysistratos (Bieber).
3. - Un profilo critico di S. non è stato tentato, nè sarà possibile darlo in una forma che presuma di essere definitiva, finché resti l'incertezza nell'identificazione di quasi tutte le opere. Tuttavia gli elementi essenziali della biografia trasmessa dalle fonti, l'indipendenza dai grandi maestri del IV sec. (Silanion in hoc mirabile quod nullo doctore nobilis fuit, Plin., Nat. hist., xxxiv, 51) ed i rapporti con l'ambiente dell'Accademia, sono suscettibili di interpretazione alla luce delle nuove acquisizioni sulla posizione conservatrice di Platone (v. platone e aristotele). Anche a giudicare dalle figure dei committenti, nella superstite aristocrazia greca ed orientale e tra le città della Beozia in clima di restaurazione oligarchica, la personalità di S. si configura come quella di un tradizionalista: almeno per quel che riguarda le opere giovanili, i monumenti confermano la programmatica adesione al modello classico e la controllata rinuncia alle nuove possibilità spaziali. Che si voglia o no dare a S. i ritratti di Lisia e di Sofocle è evidente anche nelle parsimoniose notazioni fisionomiche del Platone la fedeltà ad una visione idealizzante: posizione che non appare di assoluto isolamento quando si pensi alla chrestographia contemporanea, ma particolarmente responsabile in un ritrattista che vedeva verificato l'umanesimo della sofistica nel realismo di Demetrios di Alopece (v. platone; ritratto).
Plinio vedeva il massimo raggiungimento dell'arte di S. nell'Apollodoros, quasi la sostituzione nella plastica della ricerca di pàthos all'estetica dell'éthos; ma non sembra che con il ritratto di carattere (iracundia) S. sia andato più in là dello psicologismo di Teofrasto. L'indicazione di Plutarco sul colorismo illusionistico della Iocasta rivela una certa partecipazione alle ricerche della pittura attorno alla metà del IV sec. a. C., ma non necessariamente il superamento dell'estetica dell'Accademia. Ad una posizione aristotelica sembra infatti legata la scelta del soggetto tragico, che è all'inizio di una lunga tradizione di ispirazione al teatro nella scultura greca: Plutarco ne lodava la piacevolezza in funzione catartica, per la drammaticità raggiunta nell'espressione della sofferenza e della morte.
Quale fosse la portata del canone elaborato nel trattato di S. (de Symmetriis, Vitr., vii, praef., 14) ed a quale momento della sua produzione sia legato, è incerto. Ma se esso si rifaceva al tipo di ponderazione esemplificato nel V sec. dall'Ares Borghese, dal Diomede e dal Teseo di Kresilas, al quale era di fatto mancata una teorizzazione e che sembra invece continuato dal Teseo o Achille se non anche dalla Saffo, si aprirebbe la possibilità di riconoscere un filone di ricerca ben radicato nella cultura del V sec. ed autenticamente indipendente dai maggiori maestri del IV sec., necessario soprattutto a giustificare certe rievocazioni neoclassiche apparentemente isolate dell'ultimo ellenismo, in Attica e nella scuola di Paro, che non trovano i modelli in Prassitele e Lisippo.
Monumenti considerati. - Per i ritratti citati v. anche i singoli esponenti. - Testa di Platone, Holkham Hall, Londra: R. Böhringer, Platon, Bildnisse u. Nachweise, Breslavia 1935, n. 12, tav. 6o ss. - Testa di Platone, Coll. Böhringer, Ginevra: R. Böhringer, op. cit, p. 28 s., n. 16, tavv. 78-92. - Statuetta iscritta di Platone seduto, già nell'Università di Kiel: L. Budde-R. Nicholls, A Catalogue of the Greek a. Roman Sculpture in the Fitzwilliam Museum, Cambridge 1964, p. 29, n. 53, tav. 15. - Frammento di testa femminile con gli occhi chiusi, cosiddetta Iocasta, Budapest, Museo di Belle Arti: A. Helder, Antiken in Buda Pest, 1929, I, p. 28, n. 18. Un'altra possibilità di identificare la Iocasta è stata avanzata a proposito della testa del monastero di S. Scolastica a Subiaco, rimasta peraltro inedita: F. Winter, in Jahrbuch, V, 1890, p. 167, n. 77. Di nessun aiuto può riuscire invece la pittura di Pompei, Casa del Moralista, ispirata al teatro di Seneca: K. Schefold, Die Wände Pompejis, Berlino 1957, p. 58. - Busto detto di Iuba dalla villa dei Pisoni di Ercolano, Napoli, Museo Nazionale, n. 1138: Arndt-Bruckman, Griech. u. Römische Porträts, n. 615-616. Teseo, Londra, Ince Blundell Hall, n. 43: Einzelaufnahmen, n. 4891. - Bronzo da Anticitera, Atene, Museo Nazionale: R. Lullies-M. Hirmer, La scultura greca, Firenze 1957, p. 81, tavv. 208-209. - Statua eroica delle Terme di Leptis Magna: R. Bartoccini, Le Terme di Leptis, Bergamo 1929, p. 130, fig. 130; R. Bianchi Bandinelli, E. Vergara Caffarelli, G. Caputo, Leptis Magna, Milano 1964, tav. 166, p. 100; altre repliche G. Lippold, Handb., III, I, p. 273, n. 13: cfr. anche l'Atleta firmato da Koblanos (v.) di Afrodisiade, e per il Mercurio Richelieu: Chr. Pinatel, Les statues antiques des jardins de Versailles, Parigi 1963, p. 179. - Supposto Teseo di Kresilas, Copenaghen, Gliptoteca Ny Carlsberg: F. Poulsen, Iconographic Studies from the Coll. of Ny Carlsberg Glypt., III, 1942, p. 86; Ch. Picard, Manuel, IV, 1, p. 786, n. 2. - Figura eroica, presunto Kohnidas, Roma, Museo Capitolino: Brunn-Bruckmann, Denkmäler, n. 387. - Figura giovanile con testa brbata non pertinente, presunto Konnidas, Coll. privata, Berlino: Brückner, in Arch. Anz., XLI, 1926, p. 287. - Musa dalla sala imperiale del Ginnasio di Vedius ad Efeso, Smirne, Museo n. 39; Ch. Picard, Manuel, IV, 1, p. 797, fig. 356: ricostruita con la testa di Vienna. Coll. Liechtenstein; altra replica della testa in bronzo dalla Coll. Stamoulis di Perinto, Atene, Museo Nazionale; Ch. Picard, Manuel, IV, 1, fig 359, 361, p. 800 ss. - Busto detto di Saffo o Artemide, dalla Coll. Golitzin, Leningrado, Ermitage: Ch. Picard, Manuel, IV,1, p. 796 s., figg. 357-358. - Busto di Saffo dalla villa dei Pisoni, Napoli, Museo Nazionale, n. 4896: Ch. Picard, Manuel, IV, 1, p. 803 ss., fig. 362-363. - Corinna: erroneamente s. v. Corinna si attribuisce a Tespie la descrizione di Pausania dei monumenti di Tanagra; solo in una glossa della Suda si parla di Tespie come patria della poetessa, e pertanto non sembra che possa dare alcuna indicazione per la ricostruzione della Corinna la moneta ivi citata di Tespie con una testa di donna ammantata (K. Schefold, op. cit., p. 220, fig 13 a, p. 173); testa da Alessandria, Coll. Schliemann, Berlino, Musei: Ch. Picard, Manuel, IV, 1, p. 810, fig. 366. - Erma della Coll. Astor, Cleveland Hill: Arndt-Bruckmann, Photogr. Einzelaufnahmen, n. 1188-1189. - Moneta di Orthagoria con testa forse di Artemide; M. Bieber, op. cit., fig 123. Per la Melonenfrisur cfr. la Musa in bronzo del Pireo, non lontana dal tipo della Corinna: Archaeol. Reports, 1959, p. 23, fig. 41; P. Reuterswärd, Studien zur Polychromie der Plastik, Griechenland u. Rom, Stoccolma 1960, p. 115, tav. 6. - Testa di pugile, in bronzo, da Olimpia (ipoteticamente identificata con Satyros), Atene, Museo Nazionale: R. Lullies-M. Hirmer, op. cit., p. 85, tavv. 224-225.
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