silogizzare
È termine tecnico (grecoσ υλλογίζεσθαι, latino syllogizare) che designa l'operazione logica grazie alla quale si costruisce il sillogismo (v.); vale perciò " argomentare in forma di sillogismo " o senz'altro " formare un sillogismo ", cioè costituire un sillogismo nel rispetto delle regole che lo rendono valido, la più importante delle quali prescrive che i termini occorrenti siano solo tre, ciascuno ripetuto due volte in modo da ottenere le tre proposizioni (due premesse, maggiore e minore, e la conclusione) di cui risulta il sillogismo.
In Pd X 138 D. usa s. in un contesto in cui si allude alla vicenda umana di Sigieri di Brabante: questi, dice D., leggendo nel Vico de li Strami, / silogizzò invidïosi veri.
Alcuni commentatori antichi (Lana e Ottimo) spiegano il passo ricordando che Sigieri, maestro nelle arti a Parigi, leggeva gli Elenchi sofistici di Aristotele (nei quali si discute dei sillogismi apparenti e non veri) e perciò trattava di sillogismi che " hanno invidia al vero " in quanto mostrano una verità non posseduta. Benvenuto ha: " sillogizzò, idest, disputavit, invidiosi veri, idest, felices veritates relinquens fallacias logicales; invidiosus enim est ille cui invidetur propter suam felicitatem "; Benvenuto quindi ritiene di dover intendere che Sigieri, tralasciando sofismi (v.) e paralogismi (‛ fallaciae '), abbia sostenuto verità argomentando in favore di esse (" disputavit ") con procedimento deduttivo (il ‛ silogizare '). Il Buti, infine, riassume i vari elementi ricordati dagli altri interpreti: " Sillogizzò, cioè, leggendo gli Elenchi d'Aristotele, fece certi sillogismi a provare alquante verità sì bene ed artificialmente, che gliene fu portata invidia " (si noti che ‛ artificialmente ' vale quanto " in conformità alle regole dell'arte " della logica). Per le implicazioni di natura dottrinale, v. SIGIERI DI BRABANTE.
In Pd XXIV 77, nel contesto dell'esame sulla fede al quale è sottoposto da s. Pietro, D. afferma che dalla credenza, cioè dagli articoli di fede, convene / silogizzar, cioè procedere deduttivamente verso le conclusioni che costituiscono l'oggetto della teologia, senza poter usufruire di elementi più propriamente conoscitivi (v. INTENZA). In Cv IV XV 15 si afferma che la terza infermità, della mente (v.) è la levitade (v.) per la quale molti... in tutte le loro ragioni transvanno, e anzi che silogizzino hanno conchiuso, cioè giungono alla conclusione senza avere argomentato adeguatamente secondo le regole del sillogismo, di modo che, pur passando poi dalla conclusione ad altre conclusioni, in realtà non procedono da alcun principio e quindi non giungono ad alcuna conclusione (v. anche IMAGINARE).
Il termine occorre inoltre nella Monarchia quando si discute del procedimento sillogistico, che è considerato valido da un punto di vista materiale (‛ materia ' del sillogismo) quando si procede da principi veri, e da un punto di vista formale (‛ forma ' del sillogismo) quando si procede nel pieno rispetto delle regole sillogistiche. Così in I IX 2 si vere sillogizatum est, vale " se si è proceduto mediante argomentazioni sillogistiche valide ". In III IV 4 ‛ non sillogizzare ' (che occorre due volte) sta per " non procedere secondo la forma del sillogismo " (cfr. § 5 ostendendo formam sillogisticam non esse servatam; v. PARMENIDE); alla stessa situazione d'insufficienza formale dell'argomentazione ci si riferisce in VII 2 (e cfr. § 3 arguitur in quatuor terminis [in luogo dei tre prescritti], in quibus forma sillogistica non salvatur). Si veda ancora VIII 3 e X 3.