FASULO, Silvano
Nacque a Roma il 30 sett. 1878 da Gaetano, di famiglia napoletana, pastore evangelico, e da Teresa Cappuccini. Trasferitasi la famiglia a Napoli, vi compi gli studi liceali, coadiuvò il padre nel ministero pastorale e, conosciuti Gino Alfani e Arturo Labriola, aderì al socialismo fin dal 1895. All'università (si laureò in giurisprudenza) fece parte del gruppo universitario socialista e nel 1896 partecipò alla fondazione dell'associazione universitaria socialista Gioventù studiosa (su ricalco della Gioventù operosa, costituita anni addietro dal Labriola). Già noto alla polizia, risultava nel 1896 membro della federazione socialista napoletana in rappresentanza del Vomero; in quegli anni subì varie condanne (nel 1895 col Labriola) per reati connessi con l'attività di agitatore e propagandista.
Nel 1902 entrò nella redazione de La Propaganda (il vivace periodico del Labriola che nel 1901 aveva contribuito con polemiche e denunce alla crisi dell'amministrazione comunale di Napoli) e vi rimase quasi ininterrottamente, dal 1905 con la responsabilità di redattore capo, fino al 1913. Attraverso La Propaganda e la milizia nell'Unione socialista napoletana (nella quale la forte influenza della massoneria si associava ad una politica amministrativa che comportava l'alleanza con radicali, democratici e repubblicani), della quale di fatto il giornale era l'organo, il F. svolse un ruolo non secondario nella lotta politica a Napoli fino alla guerra.
Nel 1908 fu tra i militanti di area sindacalista favorevoli alla partecipazione al congresso socialista di Firenze, posizione condivisa anche dal Labriola. Impostasi però la fuoruscita dal partito, il F. non seguì il Labriola e si dimise dalla direzione della Propaganda, preferendo svolgere un ruolo di mediazione tra la direzione del PSI (Partito Socialista Italiano) e le spinte localistiche presenti dell'Unione socialista napoletana e ritagliarsi una posizione di "socialista rivoluzionario" (collaborò in questo periodo al settimanale milanese Il Viandante diretto da Paolo Monicelli).
Tornato alla Propaganda nel 1910, nel 1911 avversò l'impresa libica con una sostenuta campagna (che a lui e a Gioacchino Martini [pseudonimo Sylva Viviani] costò un rinvio a giudizio per vilipendio alle istituzioni e istigazione alla diserzione: v. l'atto d'accusa in La Propaganda, 30-31 dic. 1911; cfr. inoltre S. Viviani-S. Fasulo, La guerra di Tripoli avanti ai giurati e avanti alla storia, Napoli 1912), mentre nel XIII congresso socialista (Reggio Emilia, luglio 1912) alimentò la polemica contro il gruppo parlamentare del partito, arrendevole verso le pretese belliciste del governo, delineando quell'alleanza con Benito Mussolini che avrebbe caratterizzato gli ulteriori anni della milizia politica del Fasulo. Non ruppe comunque i rapporti col Labriola: nel 1913 perorò presso la direzione del partito il sostegno, a Napoli, della sua candidatura alla Camera (il Labriola fu di fatto l'unico "libico" appoggiato dal partito), ma nell'ottobre 1913 si dimise dalla Propaganda, per divenire corrispondente napoletano dell'Avanti!, diretto da Mussolini (motivava però le dimissioni in modo diverso sulla Propaganda [4-5 ott. 1913] e sull'Avanti! [15 ottobre], ove affermava di non condividere la politica elettorale dell'Unione socialista napoletana).
Nel XIV congresso socialista (Ancona, aprile 1914) fu relatore con Claudio Treves sugli armamenti e i rapporti internazionali tra i partiti socialisti (anche in vista del prossimo convegno internazionale di Vienna); nella relazione si perorava l'uso dello sciopero generale in caso di dichiarazione di guerra.
Ancora in bilico fra Labriola e Mussolini, svolse un ruolo rilevante nel crogiolo che fra il 1914 e il 1915 investì il socialismo napoletano: la Sinistra, formata da intransigenti, mussoliniani (in un primo periodo) e dal circolo Carlo Marx guidato da Amadeo Bordiga, si costituì in sezione socialista, tentando di emarginare l'Unione socialista e contestandone la politica amministrativa "bloccarda". In un primo tempo il F. si schierò (febbraio 1914) con questi contro Labriola, il quale sosteneva un blocco socialista-radicale per le elezioni amministrative, poi, persuaso alla linea unitaria, insieme con Corso Bovio polemizzò (maggio) contro gli intransigenti, partecipando alla competizione elettorale (i cui esiti furono peraltro favorevoli per il blocco) e risultando eletto nel Consiglio provinciale. Era una posizione incongrua per uno che aveva sposato la strategia rivoluzionaria, ma appare comprensibile se si tiene conto che la frattura principale che si andava profilando non era già più fra riformisti e rivoluzionari, bensì fra interventisti e antinterventisti; mentre la sezione socialista sosteneva la linea del disfattismo rivoluzionario, ben più disponibile alle sollecitazioni interventiste appariva l'Unione socialista, e il F., divenuto acceso interventista fin dalla fine del 1914 (il 21 nov. 1914 La Propaganda pubblicò le sue felicitazioni a Mussolini per la fondazione del Popolo d'Italia), nel febbraio 1915 partecipò con Labriola, Napoleone Colajanni e altri alla fondazione del fascio interventista.
Volontario (con il grado di tenente) al fronte, dal quale riportò alcune ferite, divenne corrispondente del Popolo d'Italia. Dopo la guerra improntò l'attività politica in senso combattentistico (pubblicò anche il volumetto I socialisti e la guerra, Forlì 1918): nel maggio 1918 fu tra i fondatori dell'Unione socialista italiana (formata da ex sindacalisti rivoluzionari e socialisti interventisti) e ne divenne uno dei segretari, con Alceste De Ambris e Attilio Susi; fra il novembre 1918 e il gennaio 1919 compi un viaggio di propaganda negli Stati Uniti d'America con altri dirigenti dell'Unione (De Ambris, Carlo Bazzi, Adelmo Pedrini). Sempre più distante da una prospettiva socialista, nel 1919 fu candidato, col Labriola, alle elezioni amministrative di Napoli, in una lista comprendente riformisti, repubblicani, radicali, combattenti, ma non i socialisti, con forti tinte massoniche.
Sul piano dell'attività giornalistica, chiusa la redazione romana del Popolo d'Italia, passò per un breve periodo al Giornale del popolo di Giuseppe De Falco (di analoga ispirazione ma ancora di area socialista), quindi divenne l'animatore del quotidiano di Napoli Il Mezzogiorno, diretto dal liberale e nittiano Floriano Del Secolo, testata voluta dal direttore generale e amministratore delegato delle Manifatture cotoniere meridionali (MCM), Bruno Canto, nel maggio 1918. Il fascismo sostenuto dal F. si riallacciava sia alla tradizione sindacalista (da cui ereditava la sostenuta polemica antiparlamentare e l'adesione alle tesi corporative) sia al combattentismo, conservando così un certo qual segno di radicalismo rivoluzionario (con una certa contiguità con le posizioni del leader fascista napoletano Aurelio Padovani) e su questa prospettiva si mosse anche dopo che le Manifatture imposero la sostituzione di Del Secolo con Giovanni Preziosi (agosto 1923).
Emblematica la sua presa di posizione dopo il delitto Matteotti, che segnò anche il suo disimpegno dalla politica attiva. Il F., che faceva parte del direttivo dell'Associazione combattenti (nella quale trovava sede anche una non irrilevante tendenza antifascista), scrisse tra il maggio e il giugno 1924 una serie di articoli contro coloro che avevano soffocato lo spirito innovatore del fascismo (De Bono in primis), attribuendo l'omicidio del dirigente socialista ai "traditori e lestofanti" del movimento (16-17 giugno).
Radiato dallo schedario dei sovversivi nel 1927, visse facendo l'avvocato e conservando con decoro la figura di notabile locale, ingenerando talora qualche sospetto di antifascismo per i rapporti di parentela con il dirigente comunista Giuseppe Berti. Nel dopoguerra tornò nelle file socialiste: fu segretario della sezione del quartiere San Ferdinando, nel 1948 fu eletto consigliere provinciale in una lista unitaria con i comunisti, nel 1949 ridiede vita a un'effimera serie de La Propaganda.
Il F. morì a Napoli il 3 marzo 1955.
L'autobiografia è stata pubblicata postuma: S. Fasulo, Storia vissuta del socialismo napolitano (1896-1951), a cura di G. Aragno, Roma 1991.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 1970, ad nomen; Ibid., Segreteria particolare del duce (carteggio ord.), b. 1463, f. 514922; A. Labriola, In morte di S.F., in Cronache meridionali, II (1955), pp. 212 s.; Ente per la storia del socialismo e del movimento operaio italiano, Bibliografia del socialismo e del movimento operaio ital., I, Periodici, 1-2, Roma-Torino 1956, ad Indicem; II, Libri, 1-4, Milano-Roma 1962-68, ad Indicem; R. Colapietra, Napoli tra dopoguerra e fascismo, Milano 1962, ad Indicem; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino 1965, ad Indicem; M. Fatica, Le origini del fascismo e del comunismo a Napoli (1911-1915), Firenze 1971, ad Indicem; Id., Appunti per una storia di Napoli nell'età del fascismo, in Rivista di storia contemporanea, V (1976), p. 399 e passim; M. Degl'Innocenti, Il socialismoitaliano e la guerra di Libia, Roma 1976, ad Indicem; G. B. Furiozzi, Il sindacalismo rivoluzionario ital., Milano 1977, ad Indicem; G. Aragno, Socialismo e sindacalismo rivoluzionario a Napoli in età giolittiana, Roma 1980, ad Indicem; D. Marucco, Arturo Labriola e il sindacalismo rivoluzionario in Italia, Torino 1981, ad Indicem; A. Andreasi, L'anarco-sindacalismo in Francia, Italia e Spagna, II, Milano 1981, pp. 309-311; F. Pedone, Novant'anni di pensiero e azione socialista attraverso i congressi del PSI, I, [Venezia] 1983, pp. 413, 429, 450, 452; N. De Ianni, Operai e industriali a Napoli tra grande guerra e crisi mondiale: 1915-1929, Genève 1984, ad Indicem; Il movimento operaio italiano. Diz. biogr., a cura di F. Andreucci - T. Detti, II, sub voce. Per ulteriori indicazioni bibliografiche vedi l'Introduzione e le note nell'autobiografia, cit., a cura di G. Aragno.