SILVESTRO da Rossano
SILVESTRO da Rossano (al secolo Nicola di Adamo). – Nicola, figlio di Adamo di Franco e di Margherita Greca, nacque a Rossano Calabro (Cosenza) nel 1528.
Nel 1547 prese l’abito nella provincia cappuccina di Reggio Calabria con il nome di religione Silvestro. A partire dal 1565 fu ministro provinciale di sei province tra cui Reggio Calabria e Cosenza. Nel 1570 predicò a Piacenza, chiamato dall’arcivescovo della città, il cardinale Paolo Burali, insegnando contestualmente teologia sacramentaria al seminario locale della città. Nel 1571 partecipò, come elemosiniere, alla battaglia di Lepanto: fu uno dei trenta cappellani cappuccini invitati da papa Pio V a unirsi alla flotta romana.
Durante la predicazione quaresimale tenuta dal 19 febbraio al 6 aprile 1572 nella basilica di S. Lorenzo a Firenze, in particolare nel corso di una predica sul sangue di Cristo tenuta il venerdì santo, propose per la prima volta al suo uditorio fiorentino di fondare una compagnia in onore del Preziosissimo sangue di Gesù Cristo. Il 27 marzo 1573 tornò a Firenze per inaugurare la congregazione alla quale si iscrissero subito una quarantina di nobili fiorentini. Nel 1573 predicò anche a Fermo, istituendo anche lì una Confraternita del Preziosissimo sangue di Gesù Cristo, approvata dall’allora vescovo di Fermo, Felice Peretti, con breve del 3 aprile 1573. La Confraternita venne infine eretta canonicamente il 27 novembre 1578 da papa Gregorio XIII.
Nella quaresima del 1574, dietro suggerimento del cardinale Giulio Antonio Santori, predicò a Venezia in almeno due chiese. La domenica delle palme predicò in S. Marco alla presenza della Signoria della città. Da quell’esperienza veneziana, dietro specifica sollecitazione delle suore benedettine di S. Lorenzo, nacque un trattato sulla meditazione intitolato Modo come la persona spirituale che ora si habbia a disporre nella oratione verso Iddio et li suoi santi: per tutti li giorni della settimana tanto la mattina come la sera detta Consonantia spirituale (Venezia 1574).
La prima parte del trattato, sottotitolata Ammaestramento spirituale, spiega la natura e la qualità dell’orazione; la seconda offre degli spunti di meditazione per ciascun giorno della settimana, con un orientamento affettivo e una evidente influenza della devotio moderna. L’autore analizza le «ragioni che ci inducono all’oratione [...] frequente sollecita et fervente», e riflette sugli «effetti dell’oratione». La definizione di «orazione giusta» che offre in queste pagine è una formula che racchiude in sé il segreto per comportarsi come un devoto ideale: «[l’orazione giusta è quella] che dà a ciascheduno quello che ti conviene; come a dire a Dio honore, ai santi imitatione, al mondo disprezzo, ai demonii resistenza, alla carne afflittioni, ai superiori obedienza; a gli eguali pace, a gl’inferiori buoni essempii, ai poveri aiuto, a gli amici perseveranza nell’amicitia, et agli inimici perdono» (p. 84). Silvestro da Rossano riprendeva in questo testo le più aspre critiche rivolte dal versante protestante alle forme di devozione cattolica, sensibile, curiosa, superstiziosa e vanagloriosa. Avvertiva il fedele che «la divotione si perde facilmente per la disperatione de gli essercitii, et oficii, et per li molti et varii negotii», ma lo faceva indicando come unico rimedio possibile la cattolica pratica della «santa confessione, e comunione» (p. 57).
Durante la quaresima del 1575 predicò ad Ascoli. Nel 1578 fu nuovamente a Fermo per la predicazione quaresimale. In questa occasione fece stampare un breve opuscolo intitolato Devota meditatione sopra la Salutatione angelica (Fermo 1578), fervente parafrasi dell’Ave Maria. Nel 1581 venne eletto definitore generale dell’Ordine cappuccino, di cui fu anche procuratore generale negli anni 1583-84. Stando a un noto cronachista cappuccino del Seicento, Gregorio XIII gli offrì il vescovato di Mileto che egli rifiutò (Boverio, 1639, p. 583).
In occasione della sua proposta di fondare una Confraternita del Preziosissimo sangue di Gesù Cristo, Silvestro da Rossano nel 1573 diede alle stampe a Firenze un’operetta spirituale intitolata Modo di contemplare et dire la devotione del preciosissimo sangue del nostro Signor Giesù Christo, sparso pietosamente per noi (l’opera fu poi ristampata nel 1574 e nel 1575 a Venezia), la quale fu oggetto di una singolare vicenda censoria. Il titolo, ovvero il delicato argomento trattato, toccarono evidentemente i nervi scoperti di una ancor viva suscettibilità antiprotestante delle autorità inquisitoriali romane. Il testo fu inserito nelle liste locali di libri proibiti allora circolanti. Nel giugno 1576 l’opuscolo fu condannato dal S. Uffizio e inserito nell’Indice di Giovanni di Dio (1576) e pochi anni dopo nell’Indice di Parma (1580). Nell’ottobre 1594, nel corso di una riunione della congregazione dell’Indice, fu letta una censura preparata contro questo testo ma la vicenda non ebbe alcun seguito. Probabilmente tranquillizzati in merito all’ortodossia dei contenuti e rassicurati sull’affidabilità dell’autore, i cardinali membri dell’Indice non mostrarono più particolare attenzione nei confronti dell’opera che non comparve nei successivi Indici dei libri proibiti.
Nell’estate del 1599 però il procuratore generale dell’Ordine cappuccino consegnò ai membri della congregazione una nuova accurata censura del libro. Agli atti della congregazione dell’Indice compare una precedente lettera di Silvestro da Rossano, il quale evidentemente avvertito delle preoccupazioni dei cardinali censori si era premurato di far sapere loro che sebbene «gli heretici si gloriano del sangue de Christo», e «impiamente, irriverentemente, erroneamente, infidelmente [...] nominano il sangue precioso de Christo», non per questo però «si deve levare questa devotione». Era necessario riappropriarsi di un culto che era stato indebitamente monopolizzato dai nemici protestanti: non per questo, scriveva, «noi catholici non lo dobbiamo nominare, contemplare e di questo parlare catholicamente piamente devotamente fruttuosamente» (lettera non datata al segretario della congregazione dell’Indice, Paolo Pico, Città del Vaticano, Archivio della congregazione per la Dottrina della Fede, Indice, Protocolli, M, c. 47rv). In gran parte i rilievi sollevati dall’anonimo censore non avrebbero però riguardato affatto il tema del sangue di Cristo come lui aveva pensato, ma sarebbero stati di carattere liturgico. Non riguardavano tanto il contenuto specifico delle orazioni e delle litanie quanto l’ordine e l’«elezione» seguiti dall’autore nella loro disposizione. Si iscrivevano cioè nell’ambito di un più vasto progetto di uniformazione dell’apparato liturgico a cui tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento le gerarchie ecclesiastiche si dedicarono con particolare cura, a cominciare dalla questione del messale e delle indulgenze. Su questo punto Silvestro da Rossano si era premurato di fare sapere, prima ancora che la congregazione formulasse le sue censure, che sarebbe stato disposto a mutare l’ordine e l’elezione delle sue orazioni «secondo l’ordine di santa Chiesa» (Protocolli, T, c. 509r).
Morì a Montalto Uffugo (Cosenza) il 30 aprile 1596.
Fonti e Bibl.: Z. Boverio, Annalium seu Sacrarum historiarum ordinis Minorum S. Francisci qui Capucini nuncupantur, II, Lugduni 1639, pp. 581-584; Bernardus a Bononia, Bibliotheca scriptorum Ordinis Minorum Sancti Francisci Capuccinorum, Venetiis 1747, pp. 231 s.; Leggendario cappuccino, V, Faenza 1788, pp. 41-46; Francesco da Vicenza, Gli scrittori cappuccini calabresi, Catanzaro 1914, pp. 102 s.; Imerio de Castellanza, I cappuccini a Lepanto, in L’Italia francescana, VIII (1933), pp. 274 s.; Melchior a Pobladura, Historia generalis Ordinis Fratrum Minorum Capuccinorum, I, Romae 1947, pp. 181, 193, 266, 270 s.; Lexicon capuccinum, Romae 1951, coll. 1597-1598; Salvatore da Sasso Marconi, La provincia cappuccina di Bologna e i suoi ministri provinciali 1535-1957, Faenza 1957, pp. 29-31; Optatus a Veghel, Scriptores ascetici et mystici Ordinis Capuccinorum, in Laurentianum, I (1960), p. 116; F. Russo, I frati minori cappuccini della provincia di Cosenza dalle origini ai nostri giorni, Napoli 1965, pp. 88-101; Metodio da Nembro, Quattrocento scrittori spirituali, Roma 1972, pp. 42 s.; G. Leone, Necrologio dei frati minori cappuccini di Cosenza, Milano 1980, p. 122; Giocondo Leone da Moiano Calabro, Un santo senza altare. P. Silvestro di Franco da Rossano Calabro, Cosenza 1988; I frati cappuccini. Documenti e testimonianze del primo secolo, a cura di C. Cargnoni, II, Roma 1988, pp. 371 s.; Isidoro da Villapadierna, Silvestre de Rossano, in Dictionnaire de spiritualité ascétique et mystique, XIV, Paris 1990, pp. 862 s.; G. Carlini, Silvestro Di Franco da Rossano Calabro (1530-1596), vicario provinciale in Toscana, in Fra noi, XIII (1996), pp. 5-33; C. Cargnoni, La devozione al sangue di Cristo in un opuscolo censurato e finora ignorato di S. da R., in Collectanea franciscana, LXIX (1999), pp. 573-628; Salvatore Vacca da Isnello, S. da R.: un cappuccino del primo secolo, in Laurentianum, XLII (2001), pp. 3-51; G. Caravale, Forbidden prayer. Church censorship and devotional literature in Renaissance Italy, Farnham 2011, pp. 92-96, 157-161.