SILVESTRO III
Una conseguenza dei disordini che avevano portato, nel settembre 1044, alla cacciata di Benedetto IX fu l'ascesa alla Sede apostolica del vescovo di Sabina Giovanni, che nel gennaio 1045 (le fonti non consentono di dire con sicurezza se il 13 o il 20 del mese) fu consacrato con il nome di Silvestro III. Di lui non si conoscono le origini familiari né si hanno informazioni riguardo al luogo e alla data di nascita. Doveva comunque essere esponente della fazione che faceva capo alla famiglia dei Crescenzi, che proprio in Sabina aveva la base originaria del proprio potere. Anche l'elezione di S. deve quindi essere inquadrata nella ormai più che decennale lotta per la supremazia cittadina che combattevano a Roma i Crescenzi e i Tuscolani. Alla luce di ciò pare superflua, oltre che di ardua verifica, l'accusa di simonia che, stando ad alcune fonti, gli sarebbe stata mossa in seguito. La reazione di Benedetto IX e dei suoi sostenitori non si fece comunque attendere. Tornato a Roma, l'esponente dei Tuscolani scomunicò infatti S., e lo cacciò dalla città nel marzo dello stesso anno. S. fece ritorno alla propria sede vescovile in Sabina, dove poté riprendere a esercitare le relative funzioni diocesane, continuando nel contempo ad avanzare caute pretese sulla cattedra di Pietro, grazie anche al continuo appoggio dei Crescenzi. Fu probabilmente in conseguenza di una serie di accordi tra le due fazioni che Benedetto IX decise di rinunciare alla dignità papale. Da ciò, almeno in linea di principio, S. non avrebbe dovuto trarre alcun vantaggio, dato che il compromesso prevedeva l'entrata in scena di un altro personaggio, Giovanni Graziano, che avrebbe preso il nome di Gregorio VI. Tuttavia, stando almeno alla (isolata) testimonianza di Lupo Protospatario, attivo sul principio del XII secolo, al momento della discesa in Italia di Enrico III, nel 1046, tutti e tre i personaggi rivendicavano ancora ognuno la propria legittimità (cfr. Lupi Protospatarii Chronica, in M.G.H., Scriptores, V, a cura di G.H. Pertz, 1844, p. 59). Secondo il cronista, S. risultava infatti insediato al Vaticano, mentre Gregorio VI controllava il Laterano e Benedetto IX era ancora acquartierato nei domini familiari nelle vicinanze di Roma. Fu proprio grazie all'intervento imperiale che la questione fu risolta, in via definitiva almeno per Silvestro III. Il 20 dicembre del 1046, nel corso di un sinodo convocato a Sutri, egli fu infatti posto di fronte all'accusa di avere invaso la Sede apostolica, cioè di avere indebitamente occupato la cattedra di Pietro. Da alcune fonti, in particolare il Liber ad amicum del vescovo di Sutri Bonizone, risulterebbe che S. sarebbe stato privato della dignità vescovile nonché degli ordini sacri, e costretto a ritirarsi in un monastero ove avrebbe trascorso la propria esistenza fino alla morte. Tuttavia, se appare certo che da questo momento in poi egli dovette rinunciare a qualunque velleità di recuperare a sé e ai propri sostenitori il controllo della Sede apostolica, non sembra affatto che abbia concluso i suoi giorni in monastero. S., che aveva riassunto il nome di Giovanni, tornò infatti a sedere sulla cattedra vescovile di Sabina, probabilmente per almeno altri quindici anni. Una volta riprese, almeno dal marzo 1047, le proprie funzioni diocesane, egli compare infatti in alcuni atti farfensi. Risulta in particolare autore di un Libellum reclamationis - presentato, tra il 1049 e il 1053, a papa Leone IX - con cui, in qualità di presule di Sabina, accusava l'abate farfense Berardo di avere usurpato i diritti vescovili sulla chiesa di S. Michele in Tancia, e di una serie di violenze anche contro la sua stessa persona. Giovanni di Sabina compare per l'ultima volta nel 1062. La menzione di un suo successore alla cattedra vescovile nell'ottobre 1063 indica che, a quella data, egli doveva essere morto. Fonti e Bibl.: Regesta Pontificum Romanorum, a cura di Ph. Jaffé-G. Wattenbach-S. Loewenfeld-F. Kaltenbrunner-P. Ewald, I, Lipsiae 1885, pp. 523-25; Il Regesto di Farfa compilato da Gregorio di Catino, a cura di I. Giorgi-U. Balzani, IV, Roma 1888, p. 279; Bonizone, Liber ad amicum, a cura di E. Dümmler, in M.G.H., Libelli de lite imperatorum et pontificum saec. XI et XII conscripti, I, a cura di Id.-L. von Heinemann-F. Thaner, 1891; Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, II, Paris 1892, p. 270; Annales Romani, ibid., pp. 331-32; H. Zimmermann, Papstabsetzungen des Mittelalters, Graz-Wien-Köln 1968, pp. 121-34. P. Brezzi, Roma e l'Impero medioevale, Bologna 1947, pp. 207, 211; K.-J. Herrmann, Das Tuskulanerpapsttum, 1012-1046, Stuttgart 1973, p. 152; P. Toubert, Les structures du Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du IXe à la fin du XIIe siècle, Roma 1973, pp. 911 n. 2, 1277, 1279-80 n. 3; H. Wolter, Die Synoden im Reichsgebiet und Reichsitalien von 916 bis 1056, Paderborn 1988, p. 373. J.N.D. Kelly, The Oxford Dictionary of Popes, Oxford-New York 1986, s.v.; Dizionario storico del Papato, a cura di Ph. Levillain, II, Milano 1996, s.v., p. 1384.