OLIVIERI, Silvino
OLIVIERI, Silvino. – Nacque a Caramanico, all’epoca provincia di Chieti, il 24 gennaio 1828, terzo dei cinque figli maschi di Raffaele e di Pulcheria dei marchesi Crognale.
La madre proveniva da una casata di recenti fortune di Castel Frentano, nobilitata nel 1854 da Ferdinando II, mentre il padre, di principi liberali, apparteneva alla nobile famiglia piemontese dei conti Olivieri, un cui ramo si era trasferito nel Settecento nel Regno delle Due Sicilie. Dopo aver soggiornato in Puglia e nel Napoletano i suoi discendenti si stabilirono definitivamente a Chieti, città in cui ricoprirono importanti uffici e dove consolidarono il loro potere con l’acquisto di numerosi poderi nella vicina Caramanico.
Educato inizialmente da precettori privati, Silvino entrò poi con i fratelli maggiori nel Collegio reale di Chieti e proseguì gli studi a Napoli presso la scuola militare Nunziatella, da cui uscì con il grado di sottotenente. Negli anni giovanili si affiliò probabilmente alla carboneria, tanto che il 31 gennaio 1848, giunta a Chieti la notizia della concessione della costituzione da parte del re, i fratelli Olivieri furono i primi a passare all’azione inneggiando al tricolore e capeggiando manifestazioni di piazza. Il 29 marzo furono fra i 200 volontari diretti verso i campi di battaglia lombardi che si imbarcarono a Napoli sul piroscafo Virgilio noleggiato da Cristina Trivulzio di Belgioioso.
Scrivendo al padre da Milano, Olivieri esaltava con impeto romantico i valori del patriottismo giovanile e, dopo un forte richiamo a una mobilitazione in senso risorgimentale delle donne, invitava il genitore a una radicalizzazione politica degli ideali di famiglia di fronte a un’«epoca che deciderà il futuro» (Morelli, 2005, p. 134).
Disgregatasi rapidamente la colonna Belgioioso, Olivieri si unì prima ai volontari di Luciano Manara e successivamente ai ‘disertori’ napoletani di Guglielmo Pepe. In seguito all’armistizio Salasco, accorse in difesa della rivoluzione siciliana combattendo valorosamente col grado di capitano contro la riconquista dell’isola operata da Ferdinando II. Al termine di queste sfortunate campagne militari, dopo aver vagato in cerca di riparo fra la Francia e il mondo tedesco, si riunì a Londra al fratello maggiore Fileno che aveva partecipato a sua volta alla difesa di Brescia e di Venezia.
A causa della normalizzazione temporaneamente imposta al quadro europeo dalla seconda Restaurazione, e dietro la suggestione dell’esempio ormai popolarissimo di Giuseppe Garibaldi, Silvino e il fratello decisero di consacrare l’esperienza dell’esilio all’esportazione internazionale della causa patriottica e repubblicana, optando per l’America latina. Nel 1851 sbarcarono a Montevideo, da quasi un decennio assediata dall’azione congiunta di Manuel Oribe e del caudillo argentino Juan Manuel Rosas, partecipando alla difesa della libertà di quella Repubblica orientale dell’Uruguay per la quale aveva combattuto a lungo Garibaldi. Dopo la fine dell’assedio e all’indomani della decisiva battaglia di Caseros del febbraio 1852, Olivieri, al pari di altri italiani e di molti esuli argentini, approfittò del nuovo clima politico liberale apertosi con la sconfitta del tiranno Rosas per trasferirsi a Buenos Aires. Qui si trovò però coinvolto nella guerra rapidamente scoppiata fra provinciales e porteños, scatenata da un ritorno di fiamma del caudillismo impersonato da Justo José Urquiza, governatore di Entre Rios. Grazie anche all’aiuto di un conoscitore del panorama politico latinoamericano come Giovanni Battista Cuneo, già ispiratore dell’azione di Garibaldi e autorevole agitatore della Giovine Italia, costituì e comandò una legione italiana che, per il prestigio acquisito tra il 1852 e il 1853 nella difesa di Buenos Aires, si vide ufficialmente riconoscere il titolo di valiente e al suo capo quello di coronel (colonnello).
Ormai pienamente integrato nelle reti cospirative mazziniane, nel settembre 1853, decise di tornare in Italia sotto falso nome, e passando da Londra incontrò direttamente Giuseppe Mazzini con il quale si accordò per capitanare un’insurrezione per bande che dallo Stato pontificio si estendesse alla parte continentale del Regno delle Due Sicilie. Fermato in dicembre a Roma, fu condannato con l’accusa di alto tradimento a 15 anni di carcere.
Nella solitudine della prigionia, maturò l’idea di fondare nelle più remote contrade del continente latinoamericano un’Italia nuova pari per virtù all’antica «che fosse di rifugio ai miseri perseguitati dall’ira de’ loro governi» (Bernardi, 1946, p. 44).
Un’efficace campagna di mobilitazione internazionale per la sua liberazione, capeggiata dal governo del Plata, ne consentì nel frattempo la scarcerazione anticipata nel luglio 1855, a patto che facesse immediato ritorno in America.
Le qualità militari dimostrate, le benemerenze acquisite e le recenti persecuzioni dovevano ricordare così da vicino la biografia di Garibaldi, da spingere Mazzini a pensare di farne con un’adeguata propaganda un credibile concorrente dell’eroe dei due mondi, nel momento in cui quest’ultimo era tornato in Italia agli inizi del 1854 con il definitivo annuncio della sua conversione al programma sabaudo. Dopo aver scritto già il 2 gennaio 1854 un articolo su Italia e popolo in cui istituiva un’esplicita similitudine fra la figura del nizzardo e Olivieri, qualche mese più tardi Mazzini cominciò a illustrare ad alcuni fidati corrispondenti, tra cui Nicolao Ferrari, l’auspicio di farne «un giorno il nostro remplaçant di Garibaldi» (Ed. naz. degli scritti di Giuseppe Mazzini, LIII, p. 297 ). Lo stesso Garibaldi, nella sua corrispondenza col Cuneo, non mancò in realtà di entusiasmarsi per le imprese del ‘prode’ Olivieri, parlandone nei termini di una risorsa militare fondamentale per le battaglie che attendevano gli italiani. Nel quadro di questa crescente considerazione, al momento della scarcerazione e dell’obbligata partenza per Buenos Aires nell’ottobre 1855, Mazzini lo incontrò per assegnargli il ruolo di «organizzatore supremo militare per la Repubblica Argentina» del partito d’azione (De Laurentiis, 1900, p. 25).
A prescindere dalla concreta attuabilità di quei disegni, a far tramontare ogni ipotesi in tal senso intervenne il tragico destino di Olivieri. In virtù della sua popolarità e delle sue doti militari il governo di Buenos Aires, combinando il proprio interesse territoriale con i progetti vagheggiati in carcere dal coronel, decise di concedergli grandi appezzamenti da colonizzare nel distretto di Bahía Blanca e la fondazione a tale scopo di un’apposita legione agricolo-militare. Dopo aver sposato Leucadia Cambacérès, appartenente a un’influente famiglia di origini francesi, Olivieri si imbarcò nel gennaio 1856 per la futura colonia denominata con evidente derivazione mazziniana ‘nuova Roma’.
Dopo pochi mesi, ancor prima di veder la nascita della figlia, poi battezzata Silvina, fu vittima di una cospirazione maturata fra le fila dei suoi stessi legionari e culminata nel suo assassinio, avvenuto il 28 settembre 1856 a Bahía Blanca.
Le circostanze oscure in cui avvenne il delitto furono rese ancor più confuse da un processo superficiale e dall’esito contraddittorio che, insieme alle proteste dei familiari, alimentarono molteplici sospetti mai del tutto chiariti sulla sua morte improvvisa.
Fonti e Bibl.: Caramanico, Ufficio anagrafico del Comune, Registri di stato civile; documenti e lettere di S. O. si conservano in: Arch. di Stato di Pescara, Fondo De Felici-Del Giudice; Arch. di Stato di Napoli, Ministero della Polizia Generale, f. 285 Gabinetto di Polizia 1848-60; f. 428 ibid. 1851-54; f. 542 ibid.1854-60; Ed. naz. degli scritti di Giuseppe Mazzini, Indici, II, 2, p. 528; Guida delle fonti per la storia dell’America Latina esistenti in Italia, a cura di E. Lodolini, Roma 1976, pp. 402 s.; Epistolario di Giuseppe Garibaldi, III, Roma 1981, ad ind.; C. De Laurentiis, Il colonnello S. O. e la legione italiana La Valorosa, Chieti 1900; N. Cuneo, Storia dell’emigrazione italiana in Argentina (1810-1870), Milano 1940, ad ind.; G. Bernardi, Un patriota italiano nella Repubblica Argentina, a cura di B. Croce, Bari 1946; V. Morelli, S. O., il ‘Garibaldi abruzzese’, in Bull. della deputazione abruzzese di storia patria, suppl., XII (2005), pp. 133-138; J. O. Frigerio, Epopeya y tragedia del coronel S. O., Buenos Aires 2008.