BERLUSCONI, Silvio
Imprenditore e uomo politico, nato a Milano il 29 settembre 1936. Laureato in giurisprudenza, aveva iniziato l’attività imprenditoriale nel settore dell’edilizia, realizzando alle porte di Milano il grande quartiere residenziale di Milano 2. Cominciò poi a interessarsi al settore televisivo commerciale creando rapidamente, tra il 1979 e il 1984, un grande gruppo nazionale basato su tre reti: Canale 5, Italia 1 e Rete 4. Grazie alla carente normativa sulla distribuzione delle frequenze televisive (e ai determinanti appoggi politici, in particolare da parte del leader socialista e presidente del Consiglio Bettino Craxi nel 1984), poté rafforzare la sua presenza nel settore, in concorrenza, ma in duopolio di fatto, con la RAI (RAdiotelevisione Italiana). B. ampliò progressivamente le sue iniziative imprenditoriali riunendole nella Fininvest (fondata nel 1978). Agli inizi degli anni Novanta Fininvest era presente, oltre che nel settore televisivo (con Mediaset), in quello editoriale (con le case editrici Mondadori ed Einaudi), pubblicitario (con Publitalia ’80), cinematografico (con la Medusa film), assicurativo e finanziario (con Mediolanum). Dal 1986 B. era anche presidente del Milan, la più forte squadra italiana di calcio dei primi anni Novanta.
Nel gennaio 1994, poco prima delle elezioni politiche in cui si sarebbe votato con il sistema maggioritario, B. fondò il movimento politico Forza Italia – un vero e proprio ‘partito personale’ – annunciando, in un discorso televisivo trasmesso sulle sue reti il 26 gennaio, la decisione «di scendere in campo» e di occuparsi della cosa pubblica al fine di contrastare le vecchie forze politiche e soprattutto l’alleanza di sinistra che, dopo Tangentopoli, appariva la più probabile vincitrice della tornata elettorale. La coalizione elettorale di centrodestra raccolta intorno a lui (il Polo delle libertà con la Lega Nord nel Settentrione e il Polo del buon governo con Alleanza nazionale nel Centro-Sud) vinse le elezioni politiche del marzo 1994 e Forza Italia, con il 21% dei voti, si affermò come primo partito. La notorietà di gran de e innovativo imprenditore, l’apparente diversità di B. rispetto al mondo politico tradizionale, la grande disponibilità di mezzi, l’appoggio delle sue televisioni, la novità di un messaggio che faceva leva, con toni populistici, sulla diffusa aspettativa di cambiamento e sul radicato anticomunismo dell’elettorato di centro – orfano della Democrazia cristiana crollata in seguito alla crisi di Tangentopoli – apparvero tra i fattori dell’imprevisto risultato elettorale.
Da allora B. sarebbe rimasto, per un ventennio, al centro della vita pubblica italiana come leader inattaccabile del centrodestra, caratterizzato da un inalterato protagonismo, espressione di una dilagante personalizzazione della politica, suscitatrice di larghi consensi ma che lasciava in secondo piano i suoi alleati. Il suo primo governo, formato nel maggio 1994, durò solo fino al dicembre successivo per l’uscita della Lega dalla maggioranza. Le successive elezioni politiche del 1996 videro invece la sconfitta dell’alleanza di centrodestra guidata da B., la cui immagine appariva indebolita dal conflitto di interessi fra il ruolo del politico e quello del proprietario di reti televisive nazionali e dalle numerose inchieste giudiziarie sui presunti illeciti legati alle sue attività imprenditoriali. La coalizione di centrodestra ottenne un vistoso successo nelle elezioni del 2001 e di nuovo, in un’alternanza quasi perfetta con Romano Prodi, nel 2008 (ma con margini più ristretti) dopo le dimissioni anticipate del governo di centrosinistra. B. rimase presidente del Consiglio dei ministri dal giugno 2001 al maggio 2006 e, di nuovo, dal maggio 2008 al novembre 2011.
Negli otto anni di governo gli originari enunciati liberali e liberisti furono presto trascurati anche per le obiettive difficoltà legate alla situazione economica e finanziaria del Paese. Trovava invece rapida attuazione una serie di leggi (note anche come leggi ad personam, tre delle quali cassate perché incostituzionali), votate da una maggioranza parlamentare tanto ampia quanto succube, per tutelare le sue televisioni (mentre l’anomalia del conflitto di interessi più volte affrontata non fu mai risolta neppure dai governi di centrosinistra) ma destinate soprattutto ad alleggerire la posizione di inquisito di B., che, da parte sua, manteneva costante un conflitto istituzionale con la magistratura. Alla ricerca di un riconoscimento internazionale, fornì un deciso sostegno alle scelte del presidente americano George W. Bush, distinguendosi da altri grandi Paesi europei come Francia e Germania, con l’invio di un contingente militare italiano in ῾Irāq nel 2003. Cercò anche di stabilire rapporti privilegiati con il leader russo Vladimir V. Putin, mentre con il passare degli anni la sua figura di politico appariva sempre meno convincente soprattutto ai maggiori partner europei. Pesavano, da un lato, l’incapacità di portare a termine i programmi più volte enunciati, dal-l’altro, una serie ricorrente di comportamenti nella sfera privata (sia negli anni di governo sia in quelli di opposizione) che suscitavano riserve e sdegno in una parte rilevante dell’opinione pubblica. L’atteggiarsi a grande seduttore e la frequentazione di giovani donne, talora premiate con incarichi pubblici, erano sottoposti allo scrutinio dell’opposizione politica, della stampa e del Paese, suscitando pesanti critiche e divenendo oggetto, in un’occasione, anche della denuncia pubblica da parte della moglie.
Logorato dalle non più risolvibili difficoltà politiche ed economiche nonché dalle tensioni interne al suo partito, il Popolo della libertà (PDL, nato nel 2009 dalla fusione di Forza Italia e Alleanza nazionale), B. fu costretto alle dimissioni per lasciare spazio al governo di Mario Monti (v.) sostenuto da tutti i maggiori partiti, compreso il PDL. Rimaneva tuttavia aperto il fronte giudiziario: se B. risultava spesso assolto o non punibile, per avvenuta prescrizione, in molti procedimenti a suo carico, nell’agosto 2013 fu tuttavia condannato definitivamente per frode fiscale (pena scontata con l’affidamento in prova ai servizi sociali), decadendo da senatore nel novembre 2013. Fu invece assolto con sentenza definitiva, nel marzo 2015, dalla più imbarazzante delle imputazioni, quella di favoreggiamento della prostituzione minorile (e di concussione di pubblico ufficiale, vicenda nota come il ‘caso Ruby’).
L’uscita dal Senato e la condanna non impedirono a B. di mantenere la sua presenza nella vita politica nazionale come leader della rinata formazione Forza Italia (2013), grazie anche al cosiddetto patto del Nazareno (dal soprannome della sede nazionale del PD) con il nuovo segretario del Partito democratico Matteo Renzi (v.) nella prospettiva di portare a termine una serie di riforme istituzionali e varare una nuova legge elettorale. Nella primavera del 2015 B. sembrava tuttavia, per la prima volta, non più in grado di controllare il proprio partito, minato da dissidi interni e dai tentativi di diaspora di una parte dei suoi seguaci, timorosi che la sua graduale uscita di scena coinvolgesse anche la presa di Forza Italia sull’elettorato di centrodestra e le carriere politiche costruite all’ombra dei passati successi berlusconiani.