CHELLA, Silvio
Nato a Valeriano (La Spezia) il 1º maggio 1880 da Clemente e Maria Vigo, studiò a Pisa dove frequentò l'università come allievo esterno della Scuola normale superiore. Laureatosi nel 1904, fu assistente di A. Battelli, direttore dell'istituto di fisica, incaricato, nell'università, del corso di fisica per agraria, veterinaria e farmacia. Nello stesso istituto effettuò fra il 1905 e il 1914 ricerche e pubblicazioni.
Tra queste, un suo lavoro del 1906 riguarda lo studio del coefficiente di attrito interno dell'aria nell'intervallo compreso tra le basse e le bassissime temperature, fino a -145ºC (Misura del coefficiente di attrito interno dell'aria a basse temperature, in Rend. della R. Accad. dei Lincei, classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 5, XV [1906], pp. 119-125). Per questo studio il C. si avvalse di un apparecchio di sua invenzione che, munito di un apparato oscillante a forma di campana cilindrica, consentiva di ovviare ad alcune cause d'errore dovute agli effetti di bordo del classico disco oscillante del metodo di Coulomb per la misura assoluta della viscosità dei fluidi (Su di un apparecchio per la misura assoluta del coefficiente di attrito interno dei gas,ibid., XIV [1905], pp. 23-30). Pure del 1906 è un altro lavoro, effettuato in collaborazione con A. Battelli e A. R. Occhialini, sulla radioattività di acque e gas sorgivi (Studi di radioattività,ibid., XV [1906], pp. 262-271). Insieme con Battelli e Occhialini vinse il premio della Fondazione Cagnola per il 1907 con una voluminosa memoria sulla radioattività che, completamente rimaneggiata e ampliata per includervi le ricerche più recenti, fu stampata a Bari nel 1909 presso l'editore Laterza col titolo La radioattività. L'opera, che fu premiata dal R. Istituto lombardo di scienze e lettere, raccoglie quanto di fondamentale si conosceva all'epoca sui fenomeni radioattivi e, apprezzata anche all'estero, fu tradotta in francese (Paris 1910) e tedesco (Leipzig 1910).
Il C. partecipò alla prima guerra mondiale come ufficiale di collegamento del comando di artiglieria alleata. Sposatosi nel 1919, entrò nell'insegnamento medio, prima a Fano, poi a Lucca, quindi a Grosseto. Nel 1924 entrò nei ruoli della scuola media superiore, come docente presso l'istituto tecnico superiore "A. Pacinotti" di Pisa fino al 1952, anno in cui andò in pensione. In questo stesso periodo ebbe come libero docente incarichi di insegnamento nell'università presso l'istituto di fisica, diretto da L. Puccianti. Ivi ebbe contatti con celebri allievi come Fermi, Rossi, Pontecorvo, G. Occhialini e fu amico del matematico L. Tonelli.
Negli ultimi anni si occupò di relatività, ma non pubblicò nulla.
Il C. morì a Pisa il 19 nov. 1965.
Del secondo periodo dell'attività pisana del C. è di interesse più propriamente teorico una breve nota dedicata a questioni di elettromagnetismo, Le azioni elettromagnetiche e il principio di simmetria (in Il NuovoCimento, n. s., IV [1927], pp. 238-240), dove, riallacciandosi alle ricerche di De Haas e di Einstein (1916), dimostrò mediante semplici considerazioni basate sul principio di simmetria per riflessione che la nozione di polo magnetico come massa magnetica agente - sia pure come ente fittizio introdotto per comodità di calcolo - è incompatibile con quella di corrente elettrica come moto di cariche.
Altre ricerche del C. furono quelle sulle proprietà ottiche delle lamine di acqua saponata nella zona denominata spazio nero di Newton (Proprietà ottiche delle lamine liquide nello spazio nero di Newton,ibid., V [1928], pp. 416-431). Attraverso una complessa disposizione interferometrica, in cui fece uso di un sistema di trecento lamine liquide, il C. trovò, contrariamente a quanto ammesso da Drude, che la dispersione delle lamine era di gran lunga maggiore di quella dell'acqua e di ogni altro liquido conosciuto, e che tutte le loro proprietà ottiche divenivano profondamente diverse da quelle del liquido di provenienza quando esse raggiungevano il minimo spessore. Egli trovò inoltre che lo stesso sistema di lamine presentava una banda d'assorbimento assai marcata in corrispondenza a 2.300 ångström, che non era spiegabile né con l'assorbimento dell'acqua, né con l'assorbimento dell'acido oleico: la spiegazione del fenomeno era da ricercarsi, secondo il C., nell'"influenza che ha la distribuzione dell'energia per quanta sulle fasi" (p. 431).
Fonti e Bibl.: G. Polvani, Fisica, in Un secolo di progresso scientifico ital. (1839-1939), Roma 1939, I, pp. 569, 588, 646, 675 s.