PIOLA, Silvio
PIOLA, Silvio. – Nacque a Robbio Lomellina (Pavia) il 29 settembre 1913 da Giuseppe e da Emilia Cavanna, commercianti in tessuti di Vercelli.
L’anno successivo la famiglia tornò a Vercelli e lì Silvio crebbe, insieme al fratello maggiore, Serafino, mettendosi in luce nelle ‘giovanili’ di calcio della Società Ginnastica Pro Vercelli. La madre era la sorella del portiere della Pro Vercelli, Giuseppe Cavanna, che agevolò il passaggio di Piola in prima squadra. L’allenatore ungherese Jozsef Nagy lo fece esordire in serie A il 16 maggio 1930, sul campo del Bologna. Quell’estate, in un’amichevole con il Red Star di Parigi, Piola segnò le prime due di una serie di 51 reti ufficiali in casacca bianca. Promosso centravanti titolare, nei campionati 1930-34 entrò nei tabellini dei più prolifici attaccanti italiani, e il suo nome guadagnò credito presso la critica specializzata. Lo notò presto il giornalista de La Gazzetta dello Sport Bruno Roghi, che ne descriveva ai lettori la «classe sicura». Il 28 ottobre 1933, in una partita contro la Fiorentina, il ventenne Piola segnò sei reti, record per i tornei a girone unico, eguagliato da Omar Sivori nel 1961.
Pressata dalle più ‘blasonate’ società, nella primavera del 1934 la Pro Vercelli cedette alla tentazione di vendere il suo gioiello. Piola era stato da tempo promesso all’Ambrosiana-Inter, ma fu la Società sportiva Lazio, grazie all’interessamento di due gerarchi fascisti tifosi dei biancocelesti – il presidente della FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) Giorgio Vaccaro e il segretario amministrativo del PNF (Partito Nazionale Fascista) Giovanni Marinelli – ad avere la meglio; era la Lazio contro la quale Piola, ad appena 17 anni, il 2 novembre 1930, aveva realizzato la sua segnatura d’esordio in serie A.
La Lazio ne acquisì il cartellino per 250.000 lire. Il trasferimento destò scalpore e non piacque a Piola, che temeva, giocando per una capitolina, di alienarsi le simpatie del commissario tecnico della Nazionale, Vittorio Pozzo, il quale preferiva convocare elementi di club del Nord. Nelle file laziali, al servizio dei tecnici danubiani Walter Alt, Jozsef Viola, Gesa Kertez e Aleksandr Popovich, Piola visse la parte migliore della sua carriera, giostrando da centrattacco o da mezzala. In due occasioni, nel 1936-37 e nel 1942-43, fu capocannoniere della serie A con ventuno reti. Nel 1937 portò le ‘aquile’ al secondo posto in campionato e a disputare una finale di Mitropa Cup contro il Ferencvaros Budapest. Non riuscì tuttavia a vincere lo scudetto, sogno che rimase l’unica delusione di un superlativo ruolino agonistico.
Sul fronte azzurro, immense furono le soddisfazioni. Pozzo lo schierò per la prima volta nella rappresentativa nazionale maggiore il 24 marzo 1935, contro l’Austria al Prater di Vienna. Piola realizzò la ‘doppietta’ che consentì la vittoria nella ‘tana’ del Wunderteam. Da quel momento Piola formò, assieme a Giuseppe Meazza, l’attaccante-regista dell’Inter, una formidabile coppia di fuoriclasse. Nel 1938, ai campionati del mondo in Francia, con cinque reti contribuì alla conquista del secondo titolo italiano consecutivo. I più noti specialisti – i giornalisti francesi Gabriel Hanot e Maurice Pefferkorn, l’allenatore inglese Tom Whittaker – ne lodarono le qualità tecniche e fisiche.
Stazza e forza da nordico (1,80 m per 80 kg), ottimo palleggio con entrambi i piedi, tiro potente e preciso, capacità acrobatiche nel colpo di testa e nella rovesciata a bicicletta – una delle sue giocate più caratteristiche –, esplosività nello scatto da fermo e intelligenza nei movimenti in area. Solo un difetto: una certa facilità a ‘buttarsi’ per guadagnare punizioni e rigori. L’astuzia di Piola fu evidente in un episodio che accadde allo stadio San Siro di Milano il 13 maggio 1939, in un test-match Italia-Inghilterra. Segnò il gol del pareggio fingendo una rovesciata, ma in realtà indirizzando con la mano la palla verso la porta. Confessò la colpa per la prima volta nel 1944 sul settimanale Il Calcio illustrato. Nel frattempo, il gol era rimasto indelebile nella memoria dei tifosi come ‘la manina di Piola’.
A conclusione della stagione 1942-43, dopo 243 presenze e 159 reti, delle quali 142 in campionato, Piola lasciò la Lazio per trasferirsi al Nord. Con l’Italia spaccata in due a seguito dell’armistizio (8 settembre 1943), disputò nelle file del Torino FIAT il campionato di guerra Alta Italia. Per qualche mese, nel 1945, si diffuse la falsa notizia che fosse morto in un bombardamento aereo a Milano. Si ripresentò, invece, a tutti i calciofili italiani nel campionato 1945-46, ‘centravanti manovriero’ della Juventus. Militò per due stagioni in bianconero e nel 1947 passò al Novara.
L’anno successivo sposò Alda Ghiano, dalla quale ebbe due figli: Dario (1949-2011), stopper della Pro Vercelli, poi avvocato e politico, e Paola (1952), psicologa.
Con gli azzurri novaresi Piola visse una seconda giovinezza, che garantì alla sua squadra il ritorno in serie A. La vita morigerata da antidivo, la passione spensierata per la caccia e la pesca, un fisico integro, gli consentirono di andare a segno contro tutte le più forti squadre. Meazza, da responsabile tecnico della Nazionale, lo richiamò per la sfida all’Inghilterra del 18 maggio 1952 a Firenze. Piola ebbe così il vanto di disputare la trentaquattresima gara per l’Italia, con un bottino finale di trenta reti. Aveva valicato i quarant’anni e il suo primato di più anziano azzurro di tutti i tempi sarebbe stato battuto solo da Dino Zoff tre decadi dopo. Anche nelle file del Novara, come aveva fatto con la Pro Vercelli e la Lazio, si guadagnò il titolo di capocannoniere all-time. Segnò l’ultima volta in serie A il 7 febbraio 1954, al Milan. Quell’anno attaccò gli scarpini al chiodo. Al suo attivo 390 reti nei campionati di massima serie (374 in quelli a girone unico), record a tutt’oggi insuperato.
Senza atout fu la carriera di tecnico, con una conduzione a singhiozzo del Cagliari negli anni 1954-57 e una collaborazione con la Nazionale, iniziata nel 1953 quando ancora giocava, chiamato da Lajos Czeizler come aiutante di campo. Al Centro tecnico federale di Coverciano svolse per oltre un decennio un lavoro di osservatore e istruttore dei corsi per allenatori.
Malato di Alzheimer, morì in una casa di cura di Gattinara, presso Vercelli, il 4 ottobre 1996.
Nel 1997 gli furono intitolati gli stadi comunali di Novara e Vercelli. Nel 2013, in quanto membro della Hall of Fame, Piola è stato omaggiato dalla FIGC nel centenario della sua nascita.
Fonti e Bibl.: B. Slawitz, I campioni del giorno. P., Milano 1952; A. Ghirelli, Storia del calcio in Italia, Torino 1954, ad ind.; V. Pozzo, Campioni del mondo. Quarant’anni di storia del calcio italiano, Torino 1960, ad ind.; M. Pennacchia, Storia della Lazio, Roma 1969, pp. 199-203; S. Ciotti, P. S., in Una Lazio per tutte le stagioni, Milano 1974, ad ind.; G. Brera, Storia critica del calcio italiano, Milano 1975, ad ind.; S. P., in Dizionario del calcio, Milano 1990, p. 140; M. Barberis, S. P.: storia e mito, Vercelli 2001; S. Bocchio - G. Tosco, S. P., in Dizionario della grande Lazio, Roma 2001, pp. 151-154; L. Proverbio, S. P.: il senso del gol, Vercelli 2006; J. Foot, Calcio, a history of italian football, London 2007, ad ind. Cfr. inoltre www.laziowiki.org.