SAVELLI, Silvio
– Nacque il 21 luglio 1550 da Camillo, signore di Ariccia, e da Isabella Orsini. Il luogo di nascita fu quasi sicuramente la stessa Ariccia, che già nel 1568 Silvio aiutava il padre a governare.
Conseguita la laurea in utroque iure, egli entrò al servizio della corte pontificia, come gentiluomo di camera di Gregorio XIII, e dal 1578 ebbe il posto di canonico di S. Pietro. Seguì, il 18 gennaio 1582, la nomina ad arcivescovo di Rossano, in Calabria. Tuttavia, non ebbe modo di prendere residenza nella sua sede, poiché fu promosso nunzio a Napoli quasi contemporaneamente.
Le istruzioni consegnategli dalla Segreteria pontificia datano 25 gennaio 1582. Gli veniva in particolare raccomandato di tutelare quanto più possibile l’immunità giurisdizionale degli ecclesiastici, troppo spesso violata sia dagli ufficiali regi, sia dai tribunali feudali. Non avrebbe dovuto comunque usare toni aspri: ci si attendeva prudenza e destrezza nel risolvere i casi che gli si sarebbero quasi certamente presentati. Suo compito era altresì quello di vigilare sui vescovi, affinché effettivamente risiedessero nelle loro diocesi, e sui subcollettori, ovvero sugli ufficiali preposti all’esazione delle rendite beneficiali dei prelati defunti (dette ‘spogli’) e all’amministrazione dei beni delle chiese vacanti.
Arrivò a Napoli il 9 febbraio 1582. Subito si impegnò nella raccolta di fondi necessari per la liberazione di schiavi cristiani nelle mani dei turchi e nella diffusione a Napoli del calendario riformato da papa Boncompagni. Come dispostogli dal segretario pontificio Tolomeo Gallio, impose il silenzio a Giovambattista Della Porta, che muoveva critiche contro il nuovo computo del tempo e appariva intenzionato a pubblicare un suo scritto sul tema. Quindi, all’inizio di novembre, ancora prima che entrasse ufficialmente in carica, Savelli incontrò a Pozzuoli il nuovo viceré, Pedro Girón, duca di Osuna.
Su indicazione della Segreteria pontificia, egli invitava costantemente i vescovi residenti in Napoli ad andare a risiedere nelle loro diocesi, ottenendo buoni risultati. Nell’aprile del 1583, in occasione delle festività pasquali, compì lui stesso la prima visita pastorale della sua arcidiocesi di Rossano, dopo un solenne ingresso. Il clero gli si presentò in condizioni di povertà estrema, come del resto tutta la città.
Rientrato a Napoli, all’inizio dell’estate seguì la richiesta pontificia di avere le galere napoletane disponibili per la difesa del litorale tirrenico, accolta dal re di Spagna Filippo II, ma ancora non mandata a esecuzione. Il problema del banditismo era altresì particolarmente avvertito, in quella congiuntura, a Roma come a Napoli. All’inizio di agosto, Savelli inviò a Roma la sua relazione sui rapporti tra i fuorusciti e gli ecclesiastici del Regno: confermò che di solito essi mediavano tra i banditi e i parenti degli uomini sequestrati, giustificandoli con il fatto che ciò era severamente proibito ai laici e che il loro aiuto era insistentemente richiesto. Il viceré comunque offriva il sostegno delle sue truppe contro i banditi anche all’interno dello Stato ecclesiastico. Per questo, alla fine di ottobre, Savelli gli consegnò un breve di ringraziamento di papa Boncompagni.
Poco dopo scrisse a Roma che la sua nunziatura gli sembrava «poverissima di materie publiche» (lettera a T. Gallio, Napoli, 3 novembre 1583, in Nunziature di Napoli, II, a cura di P. Villani - D. Veneruso, 1969, p. 293). Ma si sbagliava. All’inizio del nuovo anno sorse un duro contrasto giurisdizionale.
A L’Aquila un cursore pontificio aveva citato Margherita d’Austria, figlia naturale di Carlo V e governatrice del capoluogo abruzzese, a comparire a Roma, su istanza della regina vedova di Francia Elisabetta d’Asburgo. Da parte del viceré si lamentava che un exequatur non fosse stato preventivamente richiesto, ma la Segreteria pontificia non lo riteneva necessario per gli atti giudiziari della S. Sede nel Regno di Napoli e aveva motivo di lodare il comportamento del cursore, lamentando anzi che fosse stato trattenuto in prigione per dieci giorni.
Savelli incontrò il viceré agli inizi di febbraio del 1584 e riferì delle ragioni della S. Sede. Ognuna delle parti restò sulla propria posizione e altri motivi di attrito si aggiunsero di lì a poco: un bando del viceré ostacolava le donazioni a luoghi pii, la materia relativa agli ‘spogli’ restava controversa, il vescovo di Gravina Antonio Maria Manzoli e i locali canonici erano stati convenuti di fronte al tribunale laico della Sommaria, nel quadro di un contenzioso tributario.
L’accomodamento (o, più propriamente, la sospensione) di queste vicende fu diretto da Roma e Savelli ne fu solo mero esecutore. Egli avvisò di ulteriori contrasti, seguiti alla morte dell’arcivescovo di Matera, Sigismondo Saraceno, ma non riuscì a stare al passo con gli episodi di presunta violazione dell’immunità ecclesiastica: all’inizio di marzo 1585 dovette, così, essere sollecitato a vigilare maggiormente.
Dopo la morte di Gregorio XIII e l’elezione di Sisto V (24 aprile 1585), Savelli fu sostituito da Giulio Rossini, arcivescovo di Amalfi. Il 17 giugno ebbe istruzioni di effettuare un completo passaggio di consegne, di recarsi a Rossano per compiere una nuova visita apostolica della sua arcidiocesi e infine di rientrare a Roma. Trascorse gli anni del pontificato Peretti lontano dagli affari politico-ecclesiastici di maggiore spessore, dimorando ad Ariccia, ancora governata dal padre (il quale testò il 27 marzo 1589). Lo preoccupava in particolare la prospettiva dell’estinzione del ramo familiare: tra i fratelli, infatti, Fabrizio non aveva figli e a Mario erano rimaste in vita solo due giovani (Caterina e Virginia). Silvio si spese così in favore di un loro matrimonio con Paolo e Federico di Bernardino Savelli.
Sotto Clemente VIII (eletto il 30 gennaio 1592) la sua carriera riprese rapidamente quota, anche per i suoi stretti legami con la famiglia Aldobrandini. Secondo il cardinale Arnaud d’Ossat, addirittura, egli aveva acquistato – spendendo 25.000 scudi – due terre, ovvero due piccoli borghi (non identificati) sottoposti a signoria feudale, prestando il nome al cardinal nipote Pietro, che non voleva esporre la sua immagine nell’affare.
Il 25 agosto 1592 fu nominato vicelegato di Avignone, dove fece il suo ingresso il 30 gennaio 1593. Presto entrò in urto con i consoli della città, ai quali presentò la bolla Pro commissa Nobis del 15 agosto 1592, istitutiva del nuovo controllo, centralizzato, sulle finanze delle comunità. Vi rimase fino al febbraio dell’anno successivo, quando giunse nel Contado Venassino il cardinale legato Ottavio Acquaviva. Fra i suoi provvedimenti, è degna di nota l’ordinanza del 31 maggio 1593 che imponeva agli ebrei di lasciare Avignone entro tre mesi. Savelli fece altresì battere moneta a suo nome, fatto insolito per un vicelegato.
Rientrato a Roma, il 28 marzo fu promosso patriarca di Costantinopoli. Si pensò di inviarlo nunzio a Venezia alla fine di novembre del 1594, ma l’ipotesi cadde per l’opposizione del Senato veneziano. Era comunque il preludio della creazione cardinalizia che giunse nel giugno del 1596, insieme al titolo di S. Maria in Via. Savelli entrò dapprima nella congregazione De Bono Regimine, che sovrintendeva all’amministrazione delle comunità della provincia pontificia, poi in quella d’Ungheria, preposta allo studio delle soluzioni per fermare l’avanzata turca nell’Est Europa. Il 20 novembre 1597 fu nominato legato di Perugia e dell’Umbria. Fece pubblicare a suo nome a metà di febbraio 1598 una riedizione dei Bandi generali della Legazione, esposizione corposa delle principali norme penali vigenti nella provincia umbra.
Resse l’incarico fino al 21 gennaio 1599, quando – trovandosi ad Albano – fu colto da morte improvvisa. Indicò come esecutore testamentario il cardinale Pietro Aldobrandini. Venne seppellito nella cappella di famiglia di S. Maria in Aracoeli.
Fonti e Bibl.: Lettres du cardinal d’Ossat avec des notes historiques et politiques de M. Amelot de la Houssaye, I-V, Amsterdam 1732, I, p. 155, II, p. 129; Nunziature di Napoli, II, a cura di P. Villani - D. Veneruso, Roma 1969, pp. VII, XII s., 19-31, 242-352; Die Hauptinstruktionen Clemens’ VIII…, a cura di K. Jaitner, Tübingen 1984, ad indicem.
E. Lucidi, Memorie storiche dell’antichissimo municipio, ora terra, dell’Ariccia…, Roma 1796, pp. 265-271; D. Iancu - C. Iancu, Les Juifs du Midi, une histoire millénaire, Avignon 1995, p. 145; M.T. Fattori, Clemente VIII e il Sacro Collegio 1592-1605…, Stuttgart 2004, ad ind.; G. Giannuzzi Savelli, Aspetti storici della Calabria Citra dal feudalesimo al Risorgimento…, Napoli 2004, ad ind.; O. Rouchon, Administration pontificale, finances citadines et luttes politiques. Les tabelles d’Avignon au XVIIe siècle, in Offices, écrit et papauté (XIIIe-XVIIe siècle), a cura di A. Jamme - O. Poncet, Rome 2007, pp. 601-639 (in partic. pp. 603 s.).