ZAVATTI, Silvio
– Nacque a Forlì il 10 novembre 1917, in una famiglia di tradizione repubblicana, da Giordano e da Adalgisa Fabbri, che ebbero altri due figli, Elsa e Giuseppe.
Durante il periodo fascista ricostituì a Forlì il gruppo boy-scout, che era stato soppresso dal regime per conglobare i giovani nella nuova Opera nazionale Balilla. Frequentò l’istituto nautico Elia di Ancona; dopo aver conseguito nel 1937 il brevetto di capitano di lungo corso, si imbarcò su un veliero inglese. Venne poi richiamato in Italia per prestare il servizio militare ed essere successivamente trattenuto in Marina per lo scoppio della guerra. Venne impiegato, dal febbraio del 1941 all’agosto del 1942, nell’ascolto di trasmissioni di lingua inglese e nel controllo del traffico marittimo a Porto Potenza Picena. Dopo l’8 settembre 1943 entrò nelle formazioni partigiane romagnole. Nel 1944 diede vita al bisettimanale Libera voce di Forlì e fondò l’Istituto geografico polare, che doterà di una biblioteca specializzata e di un museo. Dopo la Liberazione venne designato dal Comitato di liberazione nazionale, per il Partito repubblicano, vicesindaco di Forlì, carica che ricoprì fino al 1945, quando sposò Anna Maria Riccobelli (avrebbero avuto due figli: Franco, docente di astronomia all’Università di Bologna, e Renato) e si trasferì a Civitanova Marche, dove venne traslocato anche l’Istituto e dove all’inizio del 1946 diede vita alla rivista Il Polo, nella quale sono reperibili molti suoi contributi (vedi S. Zavatti, Indici trentennali della rivista ‘Il Polo’, 1945-1974, Civitanova Marche 1975). Fra il 1947 e il 1952 fu docente e preside dell’istituto magistrale privato Stella Maris di Civitanova Marche e fra il 1955 e il 1958 insegnò meteorologia al Centro nazionale di addestramento per addetti alla pesca d’altura a San Benedetto del Tronto; in seguito insegnò anche inglese presso il liceo scientifico. Fra il 1964 e il 1970 collaborò come assistente volontario all’attività didattica dell’istituto di geografia dell’Università di Urbino.
Nel 1959 iniziò le sue spedizioni nei territori polari recandosi, fra il 23 gennaio e il 1° maggio, assieme al maggiore Giorgio Costanzo incaricato delle riprese cinematografiche, all’isola di Bouvet, nell’Antartide; mentre tra il 2 e il 20 luglio 1962 si recò per pochi giorni, insieme a Walter Minestrini e al cognato Vladimiro Riccobelli, nelle terre dei Sami oltre il Circolo polare artico per studiare la vita degli ultimi lapponi ancora nomadi. Tra il 1961 e il 1969 realizzò quattro spedizioni scientifiche tra gli eschimesi. Di queste, due ebbero come meta Rankin Inlet, un villaggio situato nel distretto di Keewatin (Artide canadese) nell’omonima insenatura della Baia di Hudson; le altre riguardarono Repulse Bay (uno dei più antichi insediamenti eschimesi, situato nell’omonima baia nella parte meridionale dell’istmo di Rae, tra il golfo di Boothia e l’isola di Southampton, che unisce la penisola di Melville alla terraferma canadese), e l’isola di Angmassalik, capoluogo della costa orientale della Groenlandia, oltre che dell’omonimo distretto compreso fra Lindenows Fyord (60° 30′ Nord) e la costa di Bosseville (68° 45′ Nord).
La prima delle due spedizioni a Rankin Inlet, preparata nel 1960 e rimandata all’anno successivo per le difficoltà insorte nel reperire i necessari finanziamenti, si sviluppò tra il 26 luglio e il 6 ottobre 1961 con l’obiettivo di svolgere delle indagini su alcuni aspetti della cultura degli eschimesi del Caribù stanziati nel retroterra della costa occidentale della baia di Hudson, così chiamati perché, unici fra quelle popolazioni, erano soliti trarre il loro sostentamento non dalla caccia alla foca, ma alla renna artica o caribù. Notevole fu anche l’attenzione da lui dedicata alle abitazioni, cedute agli indigeni dal governo canadese in cambio di piccole quote mensili. Compì pure delle accurate e sistematiche rilevazioni metereologiche, e apprezzabili si possono considerare alcune ricerche condotte in campo geologico e malacologico. Per quel che concerne le tradizioni culturali indigene, si rese conto che molte di esse avevano perso il loro vero significato, a cominciare dalle danze, e a proposito del sistema educativo dovette constatare che nelle due scuole federali l’insegnamento veniva impartito esclusivamente in lingua inglese da maestri che non conoscevano assolutamente l’eschimese.
Sarebbe tornato a Rankin Inlet nell’agosto del 1967 quando, assieme ad altri giochi, ebbe la possibilità di osservarne alcuni con cordicelle chiamati ajarartu, che aveva peraltro già visto eseguire da due bambini di otto e undici anni in occasione della spedizione precedente, e di documentarsi sui canti e sulle ninnenanne. Oggetto di particolare attenzione furono pure la caccia alla balena e tutti i procedimenti per la lavorazione delle varie parti di questo animale; in seguito a una violenta tempesta che il 7 settembre distrusse le tende dell’accampamento, Zavatti, afflitto anche dallo scorbuto, dovette rientrare in Italia, giungendo a Civitanova Marche il 12 ottobre.
Fra le due spedizioni a Rankin Inlet si colloca quella del 1963 ad Angmassalik, alla quale prese parte pure un tenente colonnello medico dell’esercito, il dottore Massimo Cirone, incaricato di studiare il comportamento psicofisico dei componenti della spedizione a contatto con il clima artico, nonché di svolgere delle indagini psicometriche sugli eschimesi.
Entrati in un ampio canale che si stende tra le isole Orcadi e le isole Shetland, il 20 agosto giunsero in una piccola baia situata nella parte più meridionale dell’isolotto di Kudtlek (61° 30′ Nord, 42° 30′ Ovest), sede allora di una piccola stazione navale, Loran, abitata da appena diciotto persone. Nel corso di un’escursione all’interno, Zavatti ebbe l’opportunità di raccogliere piante, campioni geologici e conchiglie, ma soprattutto di scoprire, in una piccola penisola che si allunga nella parte sudorientale dell’isola – dove un paio di anni prima erano state individuate e studiate alcune tombe eschimesi fatte risalire all’800 d.C. – un meraviglioso graffito della lunghezza di 45 cm, raffigurante un cane in corsa, rinvenuto su un grande massiccio granitico lungo circa 6 m, alto 3 m e largo altrettanto. La ricognizione dell’isola proseguì con la visita alla necropoli costituita da solo quattro tombe a tumulo.
L’ultima delle spedizioni di Zavatti nei territori polari si svolse nell’estate del 1969 (dal 19 luglio al 19 settembre) con meta Repulse Bay, popolata allora da centonovantasei abitanti, appartenenti a vari gruppi eschimesi che avevano avuto pochi contatti con i bianchi e vivevano con i proventi della caccia, della pesca e con i guadagni che procurava loro la vendita di sculture in steatite, serpentino nero e verde, osso e avorio: espressioni di un’arte semplice ma suggestiva. Pur fermandosi solo poche settimane, Zavatti fu in grado di rettificare e correggere alcune carte geografiche della regione redatte da importanti istituti canadesi. La scoperta più singolare fu quella di un eschimese, di circa sessant’anni, dai capelli bianchi, il primo di cui si fosse mai avuta notizia.
Nel corso di questo decennio di viaggi nei territori polari ricevette per due volte il premio della Cultura della presidenza del Consiglio dei ministri e, dopo averla fondata e organizzata, venne nominato direttore della Biblioteca comunale di Civitanova Marche, alla quale, nel 1968, annesse l’Istituto geografico polare, la Biblioteca polare e il Museo polare. Tra il 18 e il 21 novembre 1970 riuscì a organizzare a Civitanova Marche il primo Congresso internazionale polare, al quale presero parte studiosi provenienti dal Regno Unito, Canada, dagli Stati Uniti d’America, dalla Danimarca, dalla Repubblica federale tedesca, dalla Francia e dall’Alaska.
Oltre ad avere ricoperto, dal 1971 al 1974, la carica di presidente del Comitato pro-natura di Civitanova Marche, ad aver presieduto l’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nelle Marche e ad aver fatto parte come indipendente, fra il 1967 e il 1975, del Consiglio comunale di Civitanova Marche e del Consiglio provinciale di Macerata, continuò a dedicarsi, sempre con molta passione, alla diffusione delle problematiche legate ai territori e alle popolazioni polari. Non mancarono contrasti con l’amministrazione comunale di Civitanova Marche che nel 1983 portarono alla chiusura della Biblioteca e del Museo polare, col conseguente ritorno di tutto il materiale nella sua abitazione. Sofferente da tempo di cuore, poche settimane prima della sua morte riuscì a ottenere una nuova sede per questo materiale presso villa Vitali a Fermo.
Morì in una clinica di Ancona il 13 maggio 1985.
Opere. Sterminata è la sua bibliografia, sparpagliata in larga parte in numerose riviste italiane e straniere e in importanti testate giornalistiche (per un elenco aggiornato solo fino al 1975, da integrare con L. Martellini, Riferimenti bibliografici, in Terre lontane, 2010, pp. 497-505, S. Zavatti, Bibliografia, 1933-1975, Civitanova Marche 1975), per cui ci limitiamo a ricordare solo alcuni dei suoi lavori più significativi: Le terre polari. Esplorazione e conoscenza (Milano 1949); L’esplorazione dell’Antartide (Torino 1958); Atlante geografico polare (Bergamo 1958; opera che ottenne il premio cartografico della fondazione Nicola Vacchelli del Consiglio nazionale delle ricerche); Al Polo in dirigibile. Le imprese di Umberto Nobile (Bologna 1961); Dove il vento è tiranno (Firenze 1963); I Poli (Milano 1963); Alla scoperta del mondo. Storia delle esplorazioni (Milano 1968-1969); I grandi fatti della terra e del cielo (racconti eschimesi). Miti e leggende dei popoli iperborei (Napoli 1974); Il misterioso popolo dei ghiacci. Vita e cultura degli ultimi Eschimesi (Milano 1977); Guida del Museo polare di Civitanova Marche (Cava de’ Tirreni 1977); Gli esploratori e la letteratura italiana (1900-1973) (Bologna 1976); Uomini verso l’ignoto. Gli esploratori del mondo (Ancona 1979); L’Italia e le regioni polari (Ancona 1981); Uomini polari (Ancona 1983).
Fonti e Bibl.: L’attività di Zavatti e i suoi rapporti con le istituzioni e gli studiosi sono largamente documentati nel ricco Archivio storico dell’Istituto geografico polare, costituito da oltre quaranta volumi (S. Zavatti, L’archivio storico dell’Istituto geografico polare, 1944-1980, in Miscellanea di Storia delle esplorazioni, VII (1982), pp. 311-322). Nello stesso istituto si conservano anche i manoscritti, poi editi (Terre lontane. I diari inediti di S. Z., a cura di L. Martellini, Viterbo 2010), dei diari dei sei viaggi nei territori polari compiuti da Zavatti fra il 1959 e il 1969.
Congresso internazionale polare... 1970, a cura di S. Zavatti, Civitanova Marche 1971; S. Ballo Alagna, Necrologio di S. Z., in Bollettino della Società geografica italiana, s. 11, II (1985), pp. 124-126; F. Surdich, Le spedizioni di S. Z. in Groenlandia e nell’Artide canadese (1961-1969), in Miscellanea di storia delle esplorazioni, XI (1986), pp. 301-326 (pubblicato anche su Il Polo, LXI (2006), 3, pp. 36-52); C. Cerreti, Italiani verso il Nord-Ovest. Con un breve ricordo di S. Z., in Giovanni Caboto e le vie dell’Atlantico settentrionale. Atti del Convegno internazionale..., Roma... 1997, a cura di M. Arca Petrucci - S. Conti, Genova 1999, pp. 237-248; S. Z.: l’uomo e l’esploratore. Atti del Convegno..., Fermo... 2005, a cura di C. Censi, Civitanova Marche 2006; L. Martellini, Notizia, in Terre lontane, 2010, pp. 481-505; M. P. Casarini, Venti anni dell’Istituto geografico polare a Fermo, in Il Polo, LXIX (2014), 1, pp. 14-32.