simbiosi
Meglio alleati che nemici
La simbiosi è una forma di rapporto tra viventi di specie diversa – i simbionti – basato sulla collaborazione. Si parla di mutualismo quando i simbionti ricavano uguale vantaggio; di commensalismo se una specie è più favorita dell’altra; di inquilinismo se i simbionti si dividono lo spazio dove vivere. Endosimbiosi è il nome che si dà all’antichissimo processo di formazione delle cellule più evolute – le cellule eucarioti – partendo da cellule procarioti (batteri e alghe unicellulari) che sarebbero entrate in simbiosi tra loro. L’apoptosi, detta anche morte cellulare programmata, sarebbe una forma estrema di simbiosi in cui una cellula muore per far posto ad altre
Frasi come «la vita è tutta una lotta» oppure «vince sempre il più forte» si sentono e si ripetono spesso. Un po’ di vero c’è in questi luoghi comuni, ma in natura la competizione non è l’unico o il più importante scenario in cui collocare le relazioni tra i viventi. Esiste anzi un nuovo settore di studi, la biologia della simbiosi, che si occupa proprio di capire meglio quale sia il tipo di rapporto più comune tra i viventi, se la competizione o la collaborazione.
Leggiamo che cosa dicono nel libro Microcosmo (1987) la biologa americana Lynn Margulis e lo scrittore Dorion Sagan: «La visione dell’evoluzione come competizione cruenta cronica tra individui singoli e specie, distorsione della teoria darwiniana della sopravvivenza del più adatto, si dissolve dinanzi alla visione nuova di una cooperazione continua, di un’interazione forte e di una dipendenza reciproca tra forme di vita. La vita non prese il sopravvento sul globo con la lotta, ma istituendo interrelazioni».
Questo capovolgimento della visione di un mondo dominato dalla lotta per l’esistenza a vantaggio di una visione più pacifica e collaborativa – condivisa ormai da molti scienziati – è insito nel concetto di simbiosi (dal greco symbìosis «vivere insieme»), una forma di rapporto tra viventi in cui due individui di specie diversa (i simbionti) traggono entrambi vantaggio dalla vita in comune, oppure in cui questa riesce vantaggiosa a uno senza però danneggiare l’altro. La simbiosi può instaurarsi tra due animali, tra un animale e un vegetale, tra due vegetali, ma anche all’interno delle stesse cellule, come sarebbe avvenuto molti milioni di anni fa quando da cellule primitive si formarono cellule più evolute e funzionali – le cellule eucarioti – grazie a un processo chiamato endosimbiosi.
Un tipico esempio di simbiosi è quello tra il paguro e l’attinia (mutualismo). Il paguro – nel mediterraneo è frequente il genere Eupagurus – è un crostaceo decapode privo di guscio; sin dalla nascita, per proteggersi s’infila dentro le conchiglie vuote che sceglie sempre più grandi man mano che cresce. Alle volte colloca sulla conchiglia un’attinia – nel Mediterraneo di solito è Anemonia solcata –, antozoo marino detto comunemente anemone di mare, i cui tentacoli ricchi di cellule urticanti difendono anche il paguro da eventuali nemici. In cambio l’attinia si può muovere grazie al paguro e nutrirsi dei resti di cibo del crostaceo. Un altro esempio di mutualismo è quello degli Afidi (i pidocchi delle piante), che producono una sostanza zuccherina – la melata – molto attraente per certi insetti come le formiche. In cambio della melata le formiche trasportano in giro i loro minuscoli simbionti, un po’ come fa il pastore con le pecore.
Si parla di inquilinismo quando la simbiosi si riduce alla condivisione dello spazio. È il caso di alcuni animali acquatici che s’insediano sul corpo di altri. Tra questi, i vermi marini tubicoli (il cui corpo è chiuso dentro un tubo calcareo prodotto dall’animale stesso), che si fissano sullo scudo delle tartarughe marine o sulla pelle dei Cetacei. Esistono poi pesciolini (genere Fierasfer) che vivono all’interno del tubo digerente di alcuni echinodermi come l’oloturia – il comune cetriolo di mare (stelle, gigli e cetrioli di mare) –, da cui escono molto raramente, mentre esistono altri piccoli pesci (genere Trachurus) che si riparano sotto l’ombrello delle meduse.
Esistono esempi di associazione simbiotica in cui uno dei due simbionti trae un vantaggio maggiore rispetto all’altro. Il genere Lomechusa (un coleottero stafilinide) vive nei formicai di alcune specie di formiche (per esempio quelle del genere Lasius) e secerne dalle ghiandole addominali un liquido zuccherino che inebria le formiche (un po’ come se fosse alcol). Le formiche che succhiano questo liquido ne diventano dipendenti e, spesso, finiscono perfino col trascurare le loro larve. In tal caso si può dire che il simbionte formica trae un vantaggio immediato ma né vero né duraturo, mentre gli Stafilinidi sono i più favoriti perché vivono protetti nel formicaio, ne mangiano le provviste e, talvolta, anche le larve. In questi casi si parla di commensalismo, che per alcuni biologi non si può nemmeno definire una forma di simbiosi, ma piuttosto un tipo di rapporto più sbilanciato verso il parassitismo (parassiti).
Micorrize. Nelle simbiosi tra vegetali i vantaggi non si ripartiscono solo tra i simbionti stessi, ma spesso interessano anche gli altri abitanti dell’ecosistema. Prendiamo il caso delle micorrize: si tratta di tipi di convivenza simbiotica tra le radici di molte piante terrestri con le ife di alcuni piccoli funghi. Nel caso della micorriza VA (vescicolo-arbuscolare), le ife a forma di vescicola del fungo penetrano dentro le cellule della radice ramificata come un cespuglio (arbusco). Il fungo rifornisce la pianta verde di elementi minerali che assorbe dal terreno; la pianta – a sua volta – produce con la fotosintesi sostanze organiche utili al fungo, tra cui i carboidrati. La presenza di micorrize VA nel terreno risulta essere anche una garanzia di fertilità del terreno e di buona crescita per le piante circostanti.
Leguminose e batteri fissatori d’azoto. I batteri del genere Rhizobium e Bradyrhizobium sono in grado di utilizzare l’azoto atmosferico trasformandolo in sostanze organiche. Questi microrganismi infettano le radici di alcune leguminose aderendo alle lectine, proteine della membrana plasmatica, che ne permettono l’ingresso nelle cellule della radice. Intorno ai batteri, che si sono così insediati, la pianta forma capsule (tubercoli radicali) che rendono stabile questa simbiosi, utilissima alla pianta, al batterio e al terreno stesso, che si arricchisce di preziosi sali azotati.
Licheni. Si sa che i licheni sono un gruppo vegetale in cui un fungo, insieme a un’alga verde o a un’alga azzurra, costituisce un organismo simbiotico che vive come nuova entità rispetto ai suoi componenti. Anche qui entrano in gioco le lectine, che servono per il riconoscimento dei simbionti tra loro permettendo che si mettano in contatto mutualistico con reciproco vantaggio.
È stata Lynn Margulis insieme allo scienziato inglese James Lovelock (biosfera) a ipotizzare (1970, ipotesi Gaia) che le prime cellule eucarioti siano comparse molti milioni di anni fa dall’integrazione tra organismi procarioti.
Sembra infatti che alcuni procarioti, quali certi batteri e alghe azzurre unicellulari, si siano insediati in cellule primitive più grandi, instaurando con esse una simbiosi all’interno del citoplasma, detta endosimbiosi. Dai batteri simbionti si sarebbero evoluti i mitocondri, organelli citoplasmatici in cui avviene la respirazione ossidativa cellulare, mentre dalle alghe azzurre sarebbero derivati i cloroplasti, gli organelli delle cellule vegetali necessari per la fotosintesi. La cellula eucariote sarebbe quindi il risultato di una simbiosi che ha coinvolto diverse cellule procarioti (teoria dell’endosimbiosi seriale o SET). L’ipotesi endosimbiotica è non solo un modo per spiegare come si sarebbero formate sulla Terra le cellule più evolute, ma consente anche d’introdurre una prospettiva nuova, più collaborativa, nel considerare le interazioni tra i viventi.
L’apoptosi, o morte cellulare programmata (morte), è da alcuni autori considerata come un esempio limite della simbiosi mutualistica. Si tratta del fenomeno per cui le cellule, a un certo momento della loro vita, possono ‘decidere’ di morire per fare posto ad altre. Il fenomeno è stato a lungo studiato in un piccolo verme nematode, Caenorhabditis elegans, in cui si è visto che – a un certo stadio dello sviluppo – alcune cellule si suicidano per lasciare spazio ad altre e permettere quindi che l’animale diventi adulto. Il meccanismo dell’apoptosi, accuratamente studiato, consiste nella frammentazione della cellula ‘suicida’, i cui frammenti sono poi fagocitati dai macrofagi e da altre cellule circostanti. Altri esempi di apoptosi noti sono la scomparsa della coda nei girini durante la metamorfosi, il processo di formazione delle mani nel feto umano, la distruzione dell’endometrio nel corso del ciclo mestruale delle donne. Molte prove confermerebbero che il fenomeno è diffuso in tutti i viventi, dai protozoi all’uomo, e che avrebbe un’origine simbiotica.