simiglianza
Il valore più comune del termine nell'opera di D. è quello di " rassomiglianza ": Rime CVI 63 ma questo vo' per merto, / per voi [donne], non per me certo, / ch'abbiate a vil ciascuno e a dispetto, / ché simiglianza fa nascer diletto, " il diletto fa nascere simiglianza ".
È questa l'interpretazione di Barbi-Pernicone, che chiariscono così il concetto: " se le donne dotate di bellezza, invece di disprezzare gli uomini, che ormai sono da considerare tutti senza virtù... gradiscono di averli vicini, daranno prova di essere affini ad essi, appunto per tale gradimento (diletto). Se si considera il v. 63 con valore autonomo di sentenza, è senz'altro preferibile il rapporto soggetto-oggetto fra simiglianza e diletto... se, invece, si considera con valore di ammonimento alle donne per un pericolo da evitare, è preferibile il rapporto inverso ". È il concetto espresso al v. 136 sol simile è in grado, e in Cv III I 5. Ancora in Vn XXIV 5 E chi volesse sottilmente considerare, quella Beatrice chiamerebbe Amore per molta simiglianza che ha meco; If XXVIII 72 O tu cui colpa non condanna / e cu' io vidi in su terra latina, / se troppa simiglianza non m'inganna, / rimembriti di Pier da Medicina.
Con la connotazione di " similitudine ", in Cv I VIII 3 dare a uno e giovare a uno è bene; ma dare a molti e giovare a molti è pronto bene, in quanto prende simiglianza da li benefici di Dio, che è universalissimo benefattore; e Pd XV 78 'l sol che t'allumò e arse, / col caldo e con la luce è sì iguali, / che tutte simiglianze sono scarse, " che nessuna comparazione può convenientemente rendere l'idea di tale equalità " (Scartazzini).