CACCETTA (Caczeta, Caczecta, Cazecta), Simone
Nacque forse nel 1397, probabilmente a Trani, dove esercitò il notariato. Alcune testimonianze accennano a un'origine calabrese, ma nei documenti è costantemente indicato come tranese. Nella città pugliese è del resto attestata la presenza di altri due membri della famiglia: Damiano e Bartolomeo, un mercante quest'ultimo che appare nel 1408 in rapporti commerciali con Messina, del quale si è supposto che Simone potesse essere figlio.
La prima notizia certa è del 13 sett. 1423, quando a Trani, come giudice ai contratti, appose la sua sottoscrizione in sostituzione di un collega, defunto dopo la stipulazione dell'atto. Si legò poi alla potente famiglia locale dei Palagano, figurandone procuratore in una concessione d'enfiteusi nel 1431. Pietro Palagano, del quale sarebbe stato cancelliere, lo avrebbe anche nominato governatore di Corato e vicecastellano di Trani. Il 27 dic. 1437 ottenne da Alfonso il Magnanimo in concessione ereditaria la gabella della terziaria del ferro e dell'acciaio nella città di Trani. Era probabilmente la ricompensa per la parte avuta nella ribellione del 5 dicembre, organizzata dai Palagano in favore di Alfonso. Nel 1449 venne nominato maestro portolano e secreto per la Puglia e Capitanata, dopo esserne stato il sostituto, già nell'aprile 1446, sotto il predecessore Barnaba della Marra. Dell'attività da lui svolta nell'importante carica, al vertice del servizio doganale marittimo, rimangono vari documenti. La nomina è stata collegata con altri mutamenti di funzionari disposti da Alfonso durante la guerra con Venezia, per sospetto di infedeltà. Si era intanto acquistato il titolo di miles e di regio consigliere, coi quali figura già nel 1450. Segno tangibile della potenza e ricchezza raggiunta fu la costruzione di uno splendido palazzo, che si aggiungeva alle case possedute a Trani e a Molfetta, e il matrimonio delle tre figlie con alcuni nobili napoletani: Restituta con Palamede Pignatelli, Pascarella con Ettore Zurlo (e poi con Giovannello Caracciolo), Angelella, nel 1453, con Giacomuccio Barrile. Nel 1456 tentò l'acquisto del feudo di Vieste, restando coinvolto nel fallimento del banchiere napoletano Pietro Lomaro, presso il quale aveva depositato diecimila ducati. L'accusa di peculato, rivoltagli a corte dagli avversari, pare non fosse infondata, se già nel 1452 la Regia Camera aveva preso provvedimenti e disposto un'ispezione in Puglia e particolarmente sulle rendite fiscali della dogana di Trani, retta allora dal fratello Baldassarre, che fu pure capitano di Molfetta e doganiere a Giovinazzo. Alcune irregolarità amministrative gli verranno inoltre personalmente ed esplicitamente addebitate, con la insistita, ma vana, richiesta di presentazione dei conti. Si dedicava intanto ai traffici, armando un galeone e forse finanziando la guerra da corsa. Catturata la nave dai Genovesi, pagò un'ingente somma per il riscatto dell'equipaggio, mentre veniva truffato del denaro versato per l'armamento a Rodi di un secondo galeone.
Accumulata una notevole fortuna economica e costituito, con i fratelli Angelo e Baldassarre, un proprio partito, si separò dai Palagano, forse già a partire dal 1443, appoggiandosi alla famiglia rivale dei Sifola, e ne divenne anzi il più fiero avversario. I Palagano, infatti, furono da lui sconfitti, nel novembre 1454, in uno scontro armato, nel quale, con altre nove vittime, restò ucciso anche Palamede, figlio di Pietro Palagano. I sanguinosi tumulti, che contrapposero alla nobiltà il popolo, o meglio la borghesia mercantile, e che negli stessi anni scoppiavano anche nelle vicine città di Molfetta e di Barletta e in altre parti del Regno, ebbero il perdono del re con l'imposizione, forse su suggerimento dello stesso C., di un tributo speciale di quarantamila ducati, gravante indistintamente su tutti gli abitanti di Trani. Mantenuto ancora per breve tempo il favore della corte, che a richiesta della municipalità riconfermò dapprima i suoi privilegi, il C. venne infine rimosso nel 1456 dalla carica di maestro portolano, dopo rinnovate, inutili richieste perché presentasse il rendiconto della sua amministrazione, e fu forse anche incarcerato per qualche tempo. Intanto i Palagano, che erano stati privati del tradizionale ufficio di protontino, tornavano dall'esilio e, col perdono regio, riottenevano l'importante carica. Nella primavera del 1458 scoppiò allora un nuovo tumulto e il partito popolare del C. sconfisse nuovamente la nobiltà, saccheggiandone le case, uccidendo il luogotenente del re e scacciando i Palagano, nelle cui mani rimase però il castello di Trani. Moriva intanto Alfonso il Magnanimo e il successore Ferdinando I incaricava Giovanni Antonio de Foxa di recuperare il controllo della città. Nel settembre del 1458 il partito popolare veniva sbaragliato da un assalto armato, benché fossero state intavolate trattative. Il C. si rifugiò con il figlio Nardo a Bisceglie, presso Giovanni Antonio Orsini, principe di Taranto e avversario dei Palagano. Ferdinando intanto ne ordinava la cattura e l'impiccagione e, considerandolo ribelle, gli toglieva anche la concessione della terziaria del ferro. Il 2 luglio 1459, con l'appoggio dell'Orsini, ostile al sovrano, il C. rientrava a Trani con gli altri fuorusciti, mentre i suoi partigiani vi provocavano una sollevazione popolare. Il Foxa riusciva però a riprendere il controllo della situazione e, nonostante la pace conclusa tra i due partiti cittadini, sterminava i ribelli, i quali impensierivano Ferdinando soprattutto per il collegamento stabilito con il principe di Taranto.
Il 9 luglio 1459 il C. era già morto, pare colpito alla testa, nel tentativo di fuga, da un sasso che lo aveva fatto cadere in acqua e annegare. Fu sepolto nella chiesa di S. Marco, attigua al suo palazzo, confiscato dal re con tutti gli altri beni.
Fonti e Bibl.: Una biografia settecentesca del C., redatta a Trani forse nel 1742, intitolata Tragico successo avvenuto nella persona di S. C. di Trani l'anno 1460, èstata pubblicata da A. Prologo, Gli antichi ordinamenti intorno al governo municipale della città di Trani, Trani 1879, pp. 115-135, e da G. Beltrani, Cesare Lambertini e la società famigliare in Puglia durante i secc. XV e XVI, Napoli-Milano-Pisa 1884, pp. 545-567. L'autore anonimo ha utilizzato documenti relativi a una controversia giudiziaria sorta, attorno al 1478, tra l'ospedale napoletano della S. Annunziata, cui era andata parte dei beni confiscati al C., e il genero del C., Giacomuccio Barrile, e i suoi eredi, che li rivendicavano, sostenendo il mancato versamento della dote. Ne trasse una biografia romanzata O. Palumbo, Bozzetti storici, Trani 1899, pp. 20 3-229. Documenti e notizie biografiche sono stati pubblicati da G. Beltrani, Un paragrafo dell'opera di Enrico Guglielmo Schulz sui monumenti del medio-evo nell'Italia meridionale, in Arch. storico art. archeol. e lett. della città e provincia di Roma, III, Spoleto 1878-79, pp. 17, 19-25, 65 s., 67 ss.; Id., Cesare Lambertini…, cit., pp. 203 ss., 307 ss., 519 ss., 568-571; E. Nunziante, I primi anni di Ferdinando d'Aragona e l'invasione di Giovanni d'Angiò, in Arch. stor. per le prov. napol., XVIII (1893), pp. 437 s. n. 2; V. Vitale, Trani dagli Angioini agli Spagnoli, Bari 1912, pp. 109, 152, 175, 202 s., 207 ss., 601, 666, 671, 679 ss., 692; Codice diplomatico barese, XI, a cura di E. Rogadeo, Bari 1931, pp. 60-62, 176 ss., 217 s., 219 ss., 230 s., 232 s., 264 s., 282 s., 310 ss., 316 ss., 350 s., 458, 466 ss.; P. Gentile, LoStato napoletano sotto Alfonso I d'Aragona, in Arch. stor. per le prov. napol., n.s., XXIV (1938), pp. 9 n. 3, 56; J. Mazzoleni, Il "Codice Chigi". Un registro della Cancelleria di Alfonso I d'Aragona re di Napoli per gli anni 1451-1453, Napoli 1965, pp. 111 ss., 238 s., 302 ss., 311 s., 330 s., 336 ss.