CRIVELLI, Simone
Nacque, presumibilmente a Milano, attorno all'anno 1260 ed appartenne alla ricca e potente famiglia milanese. Le fonti documentarie non hanno tramandato il nome del padre; compì studi giuridici ed è ricordato per la prima volta il 5 maggio 1283, a San Miniato, come notaio e giudice ordinario, nonché scriba della Cancelleria del vicario generale dei re Rodolfo I d'Asburgo.
Dopo la morte di Rodolfo il C. ritornò a Milano e si pose al seguito di Matteo Visconti e dei suoi figli, ai quali era legato da vincoli di amicizia e di interesse. Occorre infatti ricordare che il successo dell'arcivescovo Ottone Visconti nel 1276 e nel 1277 fu dovuto, secondo la precisa testimonianza del FlosFlorum, ai fiorini anticipati dai Crivelli ("concorrentibus pluribus fiorenis quos solum illi de Crivellis solverunt"). Non sappiamo quale atteggiamento il C. tenne dopo la vittoria dei Della Torre agli inizi del Trecento, ma pensiamo che dovette seguire la sorte dei Visconti e che fu costretto ad allontanarsi dalla città. Ritornato a Milano agli inizi del 1311, partecipò forse alla cerimonia dell'incoronazione di Ennco VII e nell'aprile sovvenzionò con 33 fiorini d'oro l'attività politica dell'arcivescovo di Treviri, Baldovino, venuto al seguito dell'imperatore.
In questo periodo i rapporti con Matteo Visconti si intensificarono, soprattutto dopo la concessione a quest'ultimo del vicariato imperiale (luglio 1311): ai Crivelli è certamente da attribuirsi la vittoria dei ghibellini lombardi contro le forze guelfe dei Della Torre e dei Cavalcabò, nella battaglia avvenuta nel marzo del 1312 a Soncino. Agli inizi del 1313 Matteo si impadronì di Novara ed affidò la podestaria della città al C., che il 3 marzo dello stesso anno risulta come capo politico e militare. Nell'ottobre del 1314 il C. partecipò con Luchino Visconti e con Francesco da Garbagnate ad una spedizione armata contro i territori pavesi della Lomellina. Passato il Ticino a Vigevano occuparono, secondo il racconto di Giovanni da Cermenate, le località di Ottobiano ed Albonese, ove presero prigioniero il conte Guido di Langosco, il quale fu poi rinchiuso nelle carceri di Milano, in cui già si trovava suo padre Filippone, uno dei maggiori esponenti dello schieramento guelfo lombardo.
Qualche tempo dopo Matteo Visconti si valse dell'esperienza politica, militare e giuridica del C. per risolvere la crisi che si era aperta nella città di Parma. Tra il giugno ed il luglio 1317, infatti, Giberto da Correggio, che capeggiava la fazione guelfa della città, tentò di scacciare la parte aderente ai Visconti; a capo delle milizie armate milanesi, inviate dal vicario imperiale per soccorrere i ghibellini, si trovava il Crivelli. Dopo vivace lotta l'xi settembre dello stesso anno fu firmato un compromesso di pace tra Giberto ed i Milanesi: le clausole dell'accordo prevedevano che il C. fosse eletto capitano delle milizie parmensi per sei mesi. Il 30 settembre egli occupava ufficialmente la carica e poteva immediatamente intervenire per riformare le istituzioni politiche del Comune.
Il giorno successivo fece approvare dalla Credenza uno statuto con cui si dimezzava il numero dei cittadini che costituivano il Consiglio dei sapienti, organo esecutivo della struttura politica municipale. Nel novembre fu eletto podestà di Parma per sei mesi e dovette abbandonare la carica di capitano delle milizie, a cui fu destinato, il 5 novembre, Pietro Dei Verme, persona legata ai Dalla Scala e ai Bonacolsi. Su consiglio del C. il Comune emiliano varò nello stesso mese una riforma monetaria, la quale altro nonerache una evidente svalutazione del denaro a favore del gruppo politico dirigente. Furono infatti battuti dei soldi, denominati "parmenses parvi", per 1.000 lire imperiali, ma il valore della nuova moneta era ridotto di un quarto nei confronti di quella precedente. La differenza di 250 lire imperiali fu incamerata a vantaggio del Comune, controllato dai ghibellini. Sempre nello stesso mese di novembre fu decisa la costtuzione di una campana da porsi sul palazzo degli Anzianidellacittà: essa, poggiata su di un torello di pietra, avrebbe regolato i momenti più salienti della giornata. Il 23 dicembre campana e torello erano stati realizzati e furono messi in opera con una curiosa cerimonia, descritta dal Chronicon Parmense: i due oggetti, così significativi per la vita cittadina, furono benedetti nella piazza della cattedrale e poi furono portati a spalla dal C. e da altri funzionaridelComune sino alla piazza dei podestà. Con il nuovo anno(1318) il C. promulgò uno statuto sull'uso e sulla funzionecivicadelle campane: al mattino il rintocco della nuova campana avrebbe richiamato tutti gli operai della città sul luogo di lavoro, mentre l'avviso di pausa per il pranzo e per la merenda sarebbe stato dato dalla campana del Comune, che era anche utilizzata per segnalare le ore del giorno. Agli inizi di marzo il C. ordinò e fece realizzare alcune opere idrauliche sul letto del canale di Colorno, in modo da evitare che le piene dello stesso danneggiassero il territorio di Parma e la strada di accesso al forte castello parmense lungo il Po.
Il 31 marzo, scaduto il mandato, il C. lasciò la carica di podestà a Pietro Del Verme, che fu subito sostituito dal milanese Pagano da Mandello. Prima di lasciare Parma però il C. inviò, su richiesta del figlio di Matteo Visconti) Marco, 100 cavalieri parmensi in aiuto dei ghibellini genovesi.
L'alleanza tra il C. e la potente farniglia del vicario imperiale era ancora solida e tale rimase sino al novembre del 1322. In questo ultimo anno il legato papale in Lombardia, cardinal Bertrando del Poggetto, aveva accentuato la lotta contro i Visconti e contro tutto il movimento ghibellino, sino ad organizzare contro di loro una vera e propria crociata. Questo sforzo, sorretto anche da una ingente massa di capitali, permise alle truppe papali di impadronirsi, il 9 ott. 1322, della città di Piacenza, tenuta da Galeazzo Visconti. La ritirata delle truppe ghibelline dalla città fu organizzata dal C., che seppe porre in salvo, attraverso Fiorenzuola e Cremona, la moglie del Visconti, Beatrice d'Este, e suo figlio Azzone.
Ritornato a Milano alla metà del mese di ottobre aderì alla congiura contro Galeazzo, guidata da Lodrisio Viscontieda Francesco da Garbagnate. L'8 novembre Galeazzo fu cacciato dalla città ed i congiurati invitarono il legato a prendere possesso di Milano, dopo aver offerto il governo cittadino a Giovanni di Chátillon, vicario di Federico d'Austria. Il cardinal Bertrando non seppe sfruttare la situazione e nel contempo i congiurati erano divisi tra loro: ciò permise ai mercenari tedeschi al servizio del Visconti di rovesciare la situazione. Un accordo tra Lodrisio e Marco Visconti riportò la città in potere di Galeazzo: al C. e a Francesco da Garbagnate non rimase che la fuga, attraverso Caravaggio, sino al campo del legato a Piacenza. Qui rinforzarono con le loro truppe l'esercito papale, formato da mercenari francesi e dai guelfi lombardi e toscani. Il 25 febbr. 1323 il legato ordinò un attacco contro Milano e risalì con l'esercito il corso dell'Adda, lungo la riva sinistra. Giunti all'altezza di Trezzo i guelfi scoprirono un guado non presidiato dagli uomini di Marco Visconti e riuscirono ad attraversare il fiume. Sul calar della sera si accese la battaglia tra i due eserciti e Marco fu sconfitto: ma prima di abbandonare il campo il Visconti riuscì ad accerchiare il gruppo dei milanesi traditori, guidati dal C. e da Francesco da Garbagnate. Il cronista di Monza, Bonincontro Morigia, afferma che lo stesso Marco uccise i due vecchi compagni d'arme urlando: "così muoiano i ribelli alla patria".
Il C. fu sepolto nella chiesa pievana di Nerviano. Suo figlio, agli inizi di aprile, accordatosi con Galeazzo Visconti, abbandonò l'esercito papale e ritornò a Milano. Alcuni anni dopo il corpo del C. fu trasportato a Milano e deposto, secondo la testimonianza di fra' Galvano della Fiamma, nella chiesa domenicana di S. Eustorgio.
Fonti e Bibl.: Galvanei Flammae Manipulus Florum sive Historia Mediolanensis, in L. A. Muratori, Rer. Italic. Script., XI, Mediolani 1727, coll. 728 ss.; Bonincontri Morigiae Chronicon Modoetiense, ibid., XII, ibid. 1728, coll. 1125, 1129 s.; G. Villani, Historia universalis, ibid., XIII, ibid. 1728, col., 531; Chronicon Parmense ab a. MXXXVIII usque ad a. MCCCXXXVIII, in Rerum Ital. Script., 2 ed., IX, 9, a cura di G. Bonazzi, pp. 146, 153 ss.; Corpus Chron. Bonon., ibid., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, 2, pp. 351, 354; Petri Azarii Liber gestorum in Lombardia, ibid., XVI, 4, a cura di F. Cognasso, pp. 18 s.; C. Vignati, Mainfredo della Croce e il borgo di Rosate. Memoria ined. di alcuni fatti della crociata di Papa Giovanni XXII contro i Visconti, in Arch. stor. lomb., II(1875), pp. 148-154; Iohannis de Cermenate Historia. De situ Ambrosianae urbis et cultoribus ipsius, Roma 1889, p. 146; Monumenta Germaniae Historica. Constitutiones et acta publica imperat. et regum, a cura di I. Schwalm, III, Hannoverae et Lipsiae 1904-1906, p. 575; IV, 2, ibid. 1909-1911, p. 1150; Alberti de Bezanis Abbatis Sancti Laurentii Cremonensis Cronica pontificum et imperatorum, a cura di O. Holder Egger, in Mon. Germ. Hist., Scriprores ad usum scholarum, III, Hannoverae et Lipsiae 1908, pp. 90 s.; Tristani Chalci Residua, a cura di I. P. Puricelli, Mediolani 1644, p. 55; A. F. Frisi, Memorie storiche di Monza e sua corte, I, Milano 1749, p. 139; B. Corio, Storia di Milano. II, Milano 1856, pp. 48 s., 54; G. Garone, Ireggitori di Novara, Novara 1865, p. 160; F. Cognasso, L'unificazione della Lombardia sotto Milano, in Storia di Milano, V, Milano 1955, pp. 98, 103, 170; F. Cognasso, Storia di Novara, Novara 1971, p. 332; G. L. Barni, Dall'età comunale all'età sforzesca, in Storia di Monza e della Brianza, I, Milano 1973, p. 264.