SIMONE da Genova
SIMONE da Genova. – Le notizie circa il luogo e la famiglia d’origine di Simone, gli anni della formazione, il suo percorso prima di diventare archiatra di Niccolò IV (1288-92) sono scarse. Le poche e spesso vaghe informazioni biografiche in nostro possesso provengono nella loro quasi totalità dalla Clavis sanationis, la più importante tra le opere di Simone, in particolare dal prologo e dalle lettere dedicatorie a essa premesse (uno scambio epistolare tra l’autore e Campano da Novara).
La Clavis sanationis, intitolata alla memoria di Niccolò IV, venne alla luce nell’arco di tempo compreso tra la morte del pontefice (4 aprile 1292) e quella del matematico e astronomo Campano da Novara (settembre del 1296). Se si considera che lo stesso Simone nel prologo afferma di aver lavorato per trent’anni a raccogliere il materiale poi confluito nel testo (Clavis sanationis, Venetiis 1486, c. 1r°), si può ragionevolmente ipotizzare che la nascita dell’autore vada collocata nel secondo quarto del XIII secolo.
L’origine familiare non è attestata da alcun documento, mentre il nome dell’archiatra sembra indicare con tutta evidenza Genova come luogo di origine. Tutte le edizioni a stampa e tutti i manoscritti della Clavis sanationis finora individuati riportano come nome dell’autore Simon Ianuensis o Simon de Ianua, con grafie oscillanti, e tale è il nome che viene riportato anche da altre opere che utilizzano la Clavis sanationis come auctoritas.
Ciò nonostante, può capitare di incorrere in testi di studiosi di età moderna e contemporanea in cui l’archiatra viene chiamato Simon(e) (da) Cordo, Simon(e) à Cordo o Simon(e) Cordo da Genova, senza però che si specifichi la fonte di questo diverso appellativo: non si è ancora individuato il momento in cui è stato associato al nome di Simone, né quale possa esserne il motivo. Questa incertezza sul nome ha fatto sì che talvolta nei repertori biografici si trovino distinte due figure di medici (Simone da Genova e Simone da Cordo), ma non vi è motivo di sostenere questa tesi, tramandata senza motivazioni né prove da un testo all’altro. Raffaele Soprani (1667, pp. 257 s.) e Agostino Oldoini (1680, pp. 499 s.) distinguono addirittura un terzo Simone, che sarebbe vissuto nel XIV secolo e avrebbe scritto un’opera sull’Opus pandectarum medicinae di Matteo Silvatico: ciò pare quanto mai improbabile e frutto di confusione (l’Opus venne pubblicato nel 1332 e utilizza come fonte principale proprio la Clavis sanationis; Bottiglieri 2009).
Siamo in possesso di qualche informazione più certa sulla carriera ecclesiastica e curiale del genovese. La lettera di Campano da Novara premessa alla Clavis sanationis è al momento l’unico documento che attesti la titolarità di un canonicato a Rouen (Clavis sanationis, cit., c. 1r°); due lettere attestano inoltre che Niccolò IV, nei primi mesi del suo pontificato, conferì a Simone un canonicato a Padova (Die Formularsammlung..., 1929, nn. 3133-3134): da un altro documento sappiamo che l’archiatra ne era ancora in possesso il 28 settembre 1292, quando assistette alle deliberazioni del capitolo (Dondi dall’Orologio, 1805, p. 92). Dopo la morte di Niccolò IV, Simone dovette comunque rimanere presso la Curia pontificia in qualità di subdyaconus e capellanus di Bonifacio VIII, come testimoniato dalla lettera di Campano.
Nel 1279 papa Niccolò III (1277-80) aveva dato avvio alla sistemazione del colle Vaticano e avrebbe fatto costruire anche un viridarium, un orto-giardino in cui, secondo alcuni studiosi, i medici pontifici avrebbero coltivato piante medicinali; c’è chi ipotizza che anche Simone si sarebbe servito di questo viridarium per lo studio di alcuni semplici descritti nella Clavis sanationis (Milano, 1995, p. 83). Queste ipotesi, per quanto suggestive, non sono in realtà suffragate dai documenti dell’Archivio Vaticano (Ubrizsy Savoia, 2014, pp. 342 s.) e occorre rilevare come nemmeno all’interno della Clavis sanationis vi siano riferimenti puntuali a tale pratica.
Presso la Curia pontificia, anche prima del pontificato di Niccolò IV, Simone fece parte con ogni verosimiglianza del cosiddetto circolo di Viterbo, un’importante cerchia di studiosi, tra cui figurano Pietro Ispano, Witelo e Guglielmo da Moerbeke, riuniti intorno a Campano da Novara (Paravicini Bagliani, 1984, p. 110). In questi stessi anni verosimilmente Simone compì anche alcuni viaggi di ricerca, i cui risultati confluirono nella Clavis sanationis. Egli stesso nel prologo afferma di aver viaggiato molto e di essersi affidato a informatori locali (Clavis sanationis..., cit., cc. 1v°-2r°), tuttavia nel corso del testo fa menzione esplicita solo delle visite di Roma e Perugia (nei lemmi Burdi, Kirtas, Mala apia, Papirus, Saxifragia, Urtica); per dare informazioni su particolari usi linguistici fa inoltre riferimento ad altri luoghi, ma senza esplicitamente affermare di averli visitati.
Vi è chi dice che Simone soggiornò a lungo a Cordova (Bottiglieri, 2009, p. 124), ma di questa notizia non si hanno fonti certe.
La Clavis sanationis è sicuramente l’opera più importante di Simone da Genova. Molteplici caratteristiche la rendono un unicum nel panorama scientifico e letterario del Duecento; non senza motivo è stata definita «il primo e più importante glossario bassomedievale di termini medici» (Paravicini Bagliani, 1991, p. 191). Godette di ampio successo e fu prontamente recepita dagli studiosi contemporanei e delle generazioni successive: essa è una delle fonti principali dell’Opus pandectarum medicinae di Matteo Silvatico. Mondino da Cividale, professore di medicina all’Università di Padova nella prima metà del XIV secolo, fece ampio uso dell’opera di Simone nella sua attività didattica e, per facilitare l’apprendimento dei suoi studenti, ne realizzò una versione abbreviata, le Abbreviationes Synonima (Cavalli, 2004).
L’opera, di cui non è ancora stata realizzata un’edizione critica, ebbe sei edizioni a stampa nell’arco di un quarantennio: Milano 1473, Padova 1474, Venezia 1486, Venezia 1507, Venezia 1510, Venezia 1514 (alla Bodleian Library è inoltre conservato un frammento di 21 pagine di quella che sarebbe un’ulteriore edizione, datata al 1472 e stampata a Ferrara da Andreas Belfortis); quanto ai testimoni manoscritti al momento ne sono stati individuati 17. L’opera non porta sempre il medesimo titolo: l’edizione del 1486 è intitolata Clavis sanationis, le altre edizioni e i manoscritti optano invece per il titolo Synonyma (magistri) Simonis Ianuensis (l’edizione del 1514 fonde le due denominazioni in un più ampio e articolato titolo). Il titolo Clavis sanationis è da ritenere il più autentico, poiché è quello proposto dallo stesso Campano da Novara (che Simone riconosce come ispiratore dell’opera) nella lettera con cui risponde a quella che Simone gli aveva inviato unitamente a una copia del testo finalmente completato (Clavis sanationis, cit., c. 1r°).
Constatando l’estrema confusione del vocabolario medico dei suoi tempi, dovuta al diffondersi di parole di lingue diverse (latine, greche, arabe, a volte di origine dubbia o ignota), Simone dichiara che il suo obiettivo è ristabilire ordine nel lessico, correggendo gli errori consolidati e mettendo in guardia da quelli che potrebbero nascere, o perlomeno inaugurare la corretta via che i suoi successori dovranno seguire. Le modalità di lavoro sono definite con estrema chiarezza: bisogna innanzitutto rifarsi alle fonti, alle auctoritates, che devono essere poi confermate o smentite dalla ricerca sul campo e dall’indagine personale; a ciò si devono unire una maggiore accuratezza nell’utilizzo dei semplici e una maggiore attenzione ai fatti linguistici, in particolare alle modificazioni che le parole subiscono nel passaggio da una lingua all’altra, dal punto di vista sia fonetico sia della traslitterazione. Nel prologo vengono elencate 36 auctoritates, suddivise in greche, arabe e latine (ulteriori fonti sono poi citate di volta in volta nel testo); proprio in questo elenco, che rappresenta «praticamente l’intero corpus medico disponibile nell’Occidente bassomedievale» (Cavalli, 2004, p. 299), risiede una delle straordinarietà di quest’opera: vengono fornite accurate informazioni codicologiche sui manoscritti consultati, sulla qualità delle traduzioni e dei contenuti, sull’autenticità stessa di alcune opere; alcune di queste precisazioni permettono di riconoscere i singoli manoscritti utilizzati da Simone o i rami di tradizione cui appartengono. Tra queste auctoritates figurano alcuni testi difficili da trovare all’epoca e anche la traduzione latina dell’opera oftalmologica del medico ellenistico Demostene Filalete, di cui la Clavis sanationis costituisce l’unico testimone (Giacone, 2018).
Simone è da sempre ricordato anche per la sua attività di traduttore di testi arabi. Sono gli stessi manoscritti, nonché alcune edizioni a stampa, a dichiarare la paternità della traduzione del testo che recano; sulla base di queste testimonianze viene attribuita al medico genovese la traduzione di tre opere: il Liber servitoris de preparatione medicinarum simplicium di Albucasis, il Liber aggregatus in medicinis simplicibus dello pseudo Serapione (Villaverde Amieva, 2002), il sesto libro del trattato De epidemia di Ippocrate (Kibre, 1985, pp. 138-142). Non è possibile identificare luogo e data in cui tali traduzioni sono state realizzate; si sa però che per esse Simone si avvalse della collaborazione (i manoscritti parlano di interpretatio) di un ebreo, Abraham ben Schem Tob di Tortosa. È da rilevare come Simone, all’interno della Clavis sanationis, non faccia riferimento alla sua attività di traduttore e stupisce che nel prologo non dichiari di aver tradotto egli stesso le opere di Serapione e Albucasis. Risulta difficile stabilire l’effettivo grado di conoscenza del greco e dell’arabo che ebbe Simone, anche se sono stati avviati importanti studi in questa direzione (Jacquart, 1997; Bhayro, 2013).
Non constano informazioni precise sulla data di morte di Simone, e neppure sul luogo o sulle circostanze. Il terminus post quem, come già visto per la pubblicazione della Clavis sanationis, è il 28 settembre 1292.
Fonti e Bibl.: Simon Ianuensis, Clavis sanationis, per Guielmum de Tridino ex Monteferato, Venetiis 1486.
R. Soprani, Li scrittori della Liguria e particolarmente della maritima, Genova 1667; A. Oldoini, Athenaeum Ligusticum seu syllabus scriptorum Ligurum nec non Sarzanensium ac Cyrenensium Reipublicae Genuensis subditorum, Perugia 1680; F. S. Dondi dall’Orologio, Serie cronologico-istorica dei canonici di Padova. Opera del marchese Orologio canonico e vicario capitolare, Padova 1805, p. 92; Die Formularsammlung des Marinus von Eboli, a cura di F. Schillmann, Roma 1929, nn. 3133-3134; A. Paravicini Bagliani, Campano da Novara e il mondo scientifico romano duecentesco, in Novarien, XIV (1984), pp. 99-111; P. Kibre, Hippocrates Latinus - Repertorium of Hippocratic writings in the Latin Middle Ages, New York 1985, pp. 138-142; A. Paravicini Bagliani, Medicina e scienze della natura alla corte dei papi nel Duecento, Spoleto 1991, p. 191; E. Milano, In foliis folia, II, Giardini e orti botanici, a cura di A. Battini - M. Bini, Modena 1995; D. Jacquart, La coexistence du grec et de l’arabe dans le vocabulaire médical du latin médiéval: l’effort linguistique de Simon de Gênes, in La science médicale occidentale entre deux renaissances (XIIe s. – XVe s.), a cura di D. Jacquart, Aldershot 1997, pp. 277-290; J.C. Villaverde Amieva, El “libro de medicamentos simples” del toledano Ibn Wafid y su versiones arabe, hebrea, latina y romances: hacia una edición plurilingüe, in Tulaytula: Revista de la Asociación de Amigos del Toledo Islámico, X (2002), pp. 87-91; F. Cavalli, Simone, la anula e Mondino: osservazioni su due lessici medici del basso Medioevo, in Testi medici latini antichi. Le parole della medicina: lessico e storia. Atti del VII Convegno internazionale, Trieste... 2001, a cura di S. Sconocchia - F. Cavalli, Bologna 2004, pp. 295-309; C. Bottiglieri, Il testo e le fonti del Liber pandectarum medicinae di Matteo Silvatico. Osservazioni e rilevamenti da una ricerca in corso, in Kentron, XXIX (2009), pp. 109-134; S. Bhayro, Simon of Genoa as an Arabist, in Simon of Genoa’s medical dictionary, a cura di B. Zipser, London 2013, pp. 49-66, https://www.degruyter. com/viewbooktoc/product/247622 (26 marzo 2018); A. Ubrizsy Savoia, 500 anni fa iniziava l’insegnamento della botanica s. l. all’Università ‘La Sapienza’ di Roma, in Annali di storia delle università italiane, XVIII (2014), pp. 341-354; M. Giacone, Nella biblioteca di S. da G.: alcune riflessioni sulla Clavis sanationis e sul liber antiquissimus di Demostene Filalete, in Fay ce que vouldras, a cura di M. Del Savio et. al., Paris 2018, pp. 277-296.