SIMONE di Filippo
SIMONE di Filippo. – Figlio del calzolaio Filippo di Benvenuto, ribattezzato Simone dei Crocifissi nella prima età moderna a causa dell’apprezzamento devozionale verso la produzione di croci dipinte di sua mano (Ferretti, 1978, p. 184), risulta ampiamente documentato a Bologna dal 1354 al 1399, anno della morte (Pini, 2005, pp. 57 s.).
Pittore tra i più prolifici del Trecento italiano, prodigo di firme e dalla sigla formale facilmente riconoscibile, fu in grado di assumere una posizione di primo piano nell’ambito locale della produzione di tavole d’altare, destinate sia ad arredo chiesastico sia a uso di devozione individuale, in particolare nell’ultimo trentennio del secolo, tempo nel quale si collocano le poche sue opere di accertata datazione (Pietà, angeli e il donatore Giovanni da Elthinl, 1368, Bologna, Museo Davia Bargellini, inv. n. 173; Croce dipinta, 1370, Bologna, S. Giacomo Maggiore; Madonna col Bambino, angeli e il donatore Giovanni da Piacenza, 1378, Bologna, Pinacoteca Nazionale, inv. n. 225; Incoronazione della Vergine, 1382, Bologna, S. Maria Incoronata).
Simone risulta figlio di un Filippo di Benvenuto calzolaio, il cui nome compare nell’estimo del Comune di Bologna del 1329 (Gibbs, 1979, p. 563 nota 10) e nelle venticinquine del medesimo Comune, ovvero gli elenchi degli atti alle armi, divisi per quartiere, dal 1328 al 1342 (Archivio di Stato di Bologna, Vigintiquinquene, bb. VII-VIII, Porta Procola, 1247-1334; 1336-1354). Lo stesso Simone è documentato per la prima volta nelle venticinquine della parrocchia di S. Domenico nel quartiere di Porta Procola per l’anno 1354 (Pini, 2005, p. 57). A questa data è già ricordato come «magister». Dal 1352 erano ammessi nell’elenco delle venticinquine tutti i cittadini che avessero compiuto i vent’anni d’età. Pertanto, dato che nel precedente elenco della medesima parrocchia che si sia conservato, datato 1349, Simone non compare, è probabile che egli avesse compiuto vent’anni all’inizio del sesto decennio e che a queste date vadano quindi probabilmente posti anche i suoi esordi di pittore.
Gli inizi del percorso artistico di Simone sono stati visti prevalentemente nel seguito di Vitale da Bologna (Van Marle, 1924; Sandberg-Vavalà, 1929, pp. 449 s., 452 s.; Ead., 1930, pp. 24-30, 33 s.; Longhi, 1934-1935, 1973, p. 63; Volpe, 1980, 1993, p. 22; Benati, 1999, p. 682). Tuttavia, Robert Gibbs (1978; Boggi - Gibbs, 2013, pp. 35 s.) e successivamente Alessandro Volpe (2004, pp. 11-13) hanno sottolineato l’individuazione di elementi filogiotteschi tali da richiamare il pittore della Crocifissione numero 215 della Pinacoteca nazionale di Bologna, identificato da Roberto Longhi (1950, 1973, pp. 160 s.) con Dalmasio degli Scannabecchi. Volpe ha ricordato un documento del 5 aprile 1350 in cui Dalmasio prende in moglie la sorella di Simone, Lucia, e che proverebbe ulteriormente il rapporto di discepolato tra Simone e Dalmasio. Tuttavia, il richiamo del documento del 1350 in tal senso implicherebbe di continuare a sostenere l’identità tra il pittore della Crocifissione numero 215 e la figura storica di Dalmasio, identità già convincentemente posta in dubbio da Luciano Bellosi (Buffalmacco e il Trionfo della morte, Torino 1974, pp. 87-92).
L’indagine sulla formazione di Simone va condotta a partire dall’analisi stilistica di quel gruppo di opere che gli studi hanno ormai stabilmente restituito agli inizi del pittore, come ad esempio le due tavole triangolari con l’Annunciazione della Pinacoteca di Bologna (inv. nn. 223-224), l’Incoronazione della Pinacoteca di Budrio, il trittico reliquiario già Salavin del Louvre (inv. n. D.L. 1973-15) o il Sogno della Vergine della Pinacoteca nazionale di Ferrara (inv. n. 57). La maggioranza degli studiosi ha ritenuto Simone attivo sempre nel corso del sesto decennio nella campagna delle Storie del Nuovo Testamento sulle pareti della chiesa pedecollinare di S. Maria di Mezzaratta, trasportate nella Pinacoteca di Bologna.
Nel complesso, la fase tarda di Vitale rimase per Simone un modello fondamentale di bellezza aristocratica goticamente idealizzata. Il pittore adottò però una concezione figurativa più disciplinata e plastica, che riprese la lezione giottesca anche tramite il linguaggio dello Pseudo Dalmasio, partecipando a una ‘normalizzazione’ delle oltranze espressive del primo gotico bolognese in termini più direttamente comunicativi, diffusa invero anche in altri pittori e miniatori locali alla metà del secolo, tra i quali lo stesso Vitale. Sempre entro la medesima operazione figurativa, Simone optò per un naturalismo più piano e appoggiato al dato naturale, che si giovò della briosa espressività dei miniatori e di un pittore come il Maestro dei Polittici di Bologna, stemperandola degli aspetti più aspri e pungenti.
In opere come il polittico firmato, numero 254, della Pinacoteca di Bologna, collocabile ormai negli anni Sessanta, le diverse componenti iniziano a fondersi in un linguaggio unitario e riconoscibile, preludendo alla formula tipica della produzione di Simone.
Nel frattempo, Simone aveva contratto matrimonio con Donella di Gerardino di Giovanni, di cui aveva ricevuto la dote il 4 febbraio 1359 (Filippini - Zucchini, 1947, p. 209). Segno di una raggiunta stabilità economica sono gli acquisti di case e terreni da parte del pittore attestati a partire da questi anni, in particolare una casa nella cappella di S. Domenico nel 1357 (Pini, 2005, p. 133 e nota 23), parrocchia presso cui Simone risiedette per tutta la vita. Il 23 marzo 1365 Simone fu inoltre nominato procuratore dal cognato e collega Dalmasio durante il soggiorno di costui a Pistoia (Filippini - Zucchini, 1947, p. 210). Il 14 giugno 1366 ricevette la commissione di cinque Storie dell’Antico Testamento da dipingere sulla parete destra della chiesa di Mezzaratta dietro corresponsione di 25 lire bolognesi, dipinti purtroppo non pervenutici (ibid.). Sempre nel 1366, nonché l’anno successivo, fu pagato insieme a uno «Jacobus» per lavori di tinteggiatura nel cortile dell’erigendo Collegio di Spagna (ibid.). Il 22 dicembre 1367 fu pagato 62 lire per una tavola d’altare da porsi in S. Maria dei Servi. Tra i garanti dell’atto era il miniatore Nicolò di Giacomo (p. 211). Il 26 luglio 1368 moriva Giovanni da Elthinl, come recita l’iscrizione sulla Pietà firmata del Museo Davia Bargellini, da lui donata per la salvezza della propria anima, mentre il 29 febbraio 1370 veniva collocata la croce anch’essa firmata di S. Giacomo Maggiore, probabile crux de medio ecclesiae dell’edificio eremitano. La terza opera sicuramente datata di Simone in ordine di tempo è la Madonna col Bambino in trono e angeli della Pinacoteca di Bologna, destinata da Biagia del fu ser Bondo alla chiesa collinare della Madonna del Monte in ossequio alle ultime volontà, datate 9 maggio 1378, di Giovanni del fu Iacopo Tolana da Piacenza, per la somma di 10 fiorini d’oro (pp. 249 s.). Questi tre dipinti segnano il passaggio del pittore alla sua produzione più tipica, in bilico tra ricerca di espressività e rischio di appannamento formulare.
Le opere scalabili nel giro di anni tra la Pietà Davia Bargellini e la Madonna di Giovanni da Piacenza, tra le quali meritano di essere menzionate almeno la piccola Natività degli Uffizi (inv. n. 3475) e la S. Elena su tela della Pinacoteca di Bologna (inv. n. 220), testimoniano la ricerca di una maggiore essenzialità compositiva e di una più ampia monumentalità delle figure principali, pur nella continuità con l’eleganza ornata e la verità espressiva della tradizione vitalesca. Simone non fu inoltre insensibile alle novità della pittura del suo tempo, come il neogiottismo di Iacopo Avanzi, calandole però entro un atteggiamento conservatore, sempre sul punto d’irrigidirsi in una semplificazione formale abbreviata e astratta. Giustamente Massimo Ferretti (1978, p. 198) ha parlato di un «instabile punto di equilibrio fra passione e sigla».
Nel corso degli anni Ottanta, Simone partecipò direttamente al nuovo ordinamento dello Stato popolare di libertà, affermatosi tra il 1376 e il 1377, attraverso il ricoprimento di cariche istituzionali in città e soprattutto nel contado: fu infatti eletto tra gli «anziani» del quartiere di Porta Procola per i mesi di settembre e ottobre del 1380, fu podestà «di sacco» (ovvero inviato dal Comune di Bologna a governare le terre del contado e pagato dagli abitanti stessi delle terre governate mediante «sacchi» di frumento) a Crevalcore per gli anni 1381 e 1382, podestà «di sacco» a Funo, supervisore dei mulini del contado e membro della magistratura dei collegi nel 1383, castellano e podestà «di sacco» a Zola e castellano di Tossignano nel 1386, e, infine, custode della rocca di Tossignano nel 1387 (Filippini - Zucchini, 1947, pp. 214 s.; Pini, 2005, p. 141 note 101-104, 106-107). Del successo economico di Simone quale «primo fornitore delle clientele locali» (Longhi, 1950, 1973, p. 163) informa la denuncia d’estimo immobiliare di 1360 lire, la più alta registrata tra i pittori e i miniatori bolognesi nell’anno 1385 (Pini, 2005, pp. 131-133), così come l’alto numero di opere conservate databili agli ultimi due decenni del secolo, a partire dall’Incoronazione di S. Maria Incoronata (Istituto Zoni), completata nell’ottobre 1382, indice di un ampliamento esponenziale della domanda di tavole dipinte.
La produzione degli ultimi due decenni del Trecento rivela l’assestamento di un repertorio di modelli, soggetto a leggere varianti. La direzione intrapresa dal pittore puntò a un’ulteriore concentrazione monumentale, tesa a isolare i volumi delle figure e degli elementi architettonici, come mostrano l’Incoronazione della Vergine della collezione Alana di Newark o il polittico numero 298 della Pinacoteca di Bologna. Nelle Storie della Vergine di questa collezione (inv. nn. 274-275), probabile predella del disperso polittico di Simone per la cappella acquisita in patronato dalla famiglia Cospi nella nuova basilica di S. Petronio il 10 aprile 1396, l’artista sembrò tuttavia ritrovare il ritmo vivace che ne aveva contraddistinto gli esordi, probabilmente anche grazie ai contatti con la miniatura aperta a sollecitazioni ‘internazionali’ di Nicolò di Giacomo e del più giovane Giovanni di fra Silvestro. Alla predella Massimo Medica (1992, p. 73) ha convincentemente avvicinato i quattro Santi della Compagnia dei Lombardi in S. Stefano e l’Incoronazione firmata della Pinacoteca di Ferrara (inv. n. 361), che esprimono ugualmente il tentativo di sciogliere il sussiego delle opere di poco precedenti riscontrabile in questa estrema e più felice fase del percorso dell’artista. Tuttavia, in virtù di nuovi documenti rinvenuti da chi scrive nel fondo Aldrovandi-Marescotti dell’Archivio di Stato di Bologna (del Monaco, 2018, pp. 82-85 e nota 52), queste ultime tavole non sono facilmente riconducibili al medesimo polittico Cospi, come invece ipotizzato dallo studioso.
Le fortune di Simone ancora in tarda età sono comprovate dalla tassazione patrimoniale di 269 lire indicata dall’estimo immobiliare del 1397 (Pini, 2005, p. 131) e dalle numerose proprietà dichiarate nei due testamenti del 7 dicembre 1397 e del 10 giugno 1399 (Filippini - Zucchini, 1947, pp. 216-219). Una nota in calce al testamento del 1399 attesta che l’atto fu pubblicato il 7 luglio di quell’anno (Pini, 2005, pp. 57 s.), implicando pertanto l’avvenuta morte del pittore.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori (1568), a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, pp. 140 s.; C.C. Malvasia, Felsina pittrice. Lives of the Bolognese painters (1678), a cura di E. Cropper - L. Pericolo, I, Early Bolognese Painting, London 2012, pp. 222-232; R. van Marle, The Development of the Italian schools of painting, IV, The local schools of North Italy of the fourteenth century, The Hague 1924, pp. 438-452; E. Sandberg-Vavalà, Vitale delle Madonne e Simone dei Crocifissi (I), in Rivista d’arte, XI (1929), pp. 449-480; Ead., Vitale delle Madonne e Simone dei Crocifissi (II), ibid., XII (1930), pp. 1-36; R. Longhi, La pittura del Trecento nell’Italia settentrionale (1934-1935), poi in R. Longhi, Edizione delle opere complete, VI, Lavori in Valpadana. Dal Trecento al primo Cinquecento, 1934-1964, Firenze 1973, pp. 3-90; F. Filippini - G. Zucchini, Miniatori e pittori a Bologna. Documenti dei secoli XIII e XIV, Firenze 1947, pp. 208-219; R. Longhi, Mostra della pittura bolognese del Trecento (1950), poi in R. Longhi, Edizione delle opere complete, VI, Lavori in Valpadana. Dal Trecento al primo Cinquecento, 1934-1964, Firenze 1973, pp. 155-169; F. Arcangeli, Pittura del Trecento in S. Giacomo Maggiore (1967), poi in Pittura bolognese del ’300. Scritti di Francesco Arcangeli, Bologna 1978, pp. 37-54; M. Ferretti, Simone dei Crocifissi, ibid., pp. 184-209; R. Gibbs, Bolognese trecento painting, in The Burlington Magazine, 1978, vol. 120, pp. 237 s.; Id., Two families of painters at Bologna in the later fourteenth century, ibid., 1979, vol. 121, pp. 560-568; C. Volpe, La pittura del Trecento in Emilia e in Romagna (1980) (poi in C. Volpe, La pittura nell’Emilia e nella Romagna. Raccolta di scritti sul Trecento e Quattrocento, a cura di D. Benati - L. Peruzzi, Modena 1993, pp. 11-27; M. Medica, Quattro tavole di Simone dei Crocifissi alla Compagnia dei Lombardi: un’ipotesi per la loro provenienza, in La Compagnia dei Lombardi. Contributi per una storia di otto secoli, Bologna 1992, pp. 71-76; D. Benati, S. di F., detto dei Crocifissi, in Enciclopedia dell’arte medievale, X, Roma 1999, pp. 681-684; F. Lollini, in Pinacoteca Nazionale di Bologna, a cura di J. Bentini - G.P. Cammarota - D. Scaglietti Kelescian, I, Dal Duecento a Francesco Francia, Venezia 2004, pp. 128-152 nn. 32-43; A. Volpe, Frammenti di un’allegoria agostiniana. Quattro filosofi di “Dalmasio”, in Paragone, LV (2004), 53, pp. 3-19; R. Pini, Il mondo dei pittori a Bologna 1348-1430, Bologna 2005, pp. 9, 55-58, 104 s., 131-133, 141; A. Volpe, Mezzaratta: Vitale e altri pittori per una confraternita bolognese, Bologna 2005, pp. 58-72; F. Massaccesi, Un’aggiunta a S. di F.: motivi giotteschi nel seguito di Vitale, in Giotto e Bologna, a cura di M. Medica, Cinisello Balsamo 2010, pp. 103-109; Simone e Jacopo: due pittori bolognesi al tramonto del Medioevo (catal., Bologna), a cura di D. Benati - M. Medica, Ferrara 2012; F. Boggi - R. Gibbs, Lippo di Dalmasio assai valente pittore, Bologna 2013, pp. 9, 36-41, 43 s., 164 s., n. A; G. del Monaco, S. di F. detto “dei Crocifissi”. Pittura e devozione nel secondo Trecento bolognese, Padova 2018.